La Rivista

Aprile-Giugno 2024 n. 02 - Anno 115 È la dose che fa il veleno Non è (sempre) vero che le cose buone fanno male Pag 89-96 Il Mondo in Camera

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Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch La Rivista Editoriale In apparenza almeno, è l’elemento dirimente nella contesa che, a vari livelli, agita il dibattito attorno a quella che in molti Paesi d’Europa è diventata l’etichetta della discordia. È il Nutriscore, il famoso (ma per alcuni famigerato) semaforo, con i colori che vanno dal verde acceso al rosso intenso e con lettere dalla A, associata al verde brillante, attribuita ai prodotti più genuini, alla E di colore rosso acceso destinata a quegli alimenti con più sale, zuccheri o, semplicemente, più grassi. Di per sé, l’intento è nobile: preservare la salute dei consumatori e anche l’ambiente, poiché il Nutriscore premia tutti quei prodotti alimentari che sono più sani e più ecosostenibili, con meno coloranti e conservanti. All’apparenza, un modo semplice e intuitivo, che però, come spesso accade, non fa l’unanimità. Anzi. In molti pensano che dietro ci siano sempre gli interessi delle grandi aziende multinazionali e sottolineano come alcuni prodotti di eccellenza siano indicati con la lettera E su sfondo rosso, mentre prodotti industriali e molto lavorati siano contrassegnati con lettera A in campo verde. Per quanto sia comprensibile che nessuno voglia che i propri prodotti finiscano per essere considerati nemici della salute e dell’ambiente, restano alcune evidenze scientifiche che risultano insindacabili: • L’obesità e le malattie correlate sono un problema grave e comune a tutti i Paesi industrializzati • Le strategie per ridurla devono essere educative (dieta e stile di vita) • Diffondere la disinformazione è fuorviante e confonde • I sistemi coercitivi e fiscali non sono educativi e non sembrano essere efficaci A ciò si aggiunga, che le diete non salutari sono in Europa il principale fattore di rischio per malattie non trasmissibili come quelle cardiovascolari, l’obesità, il diabete e alcuni tumori. Stanti questi presupposti, tentare di porvi rimedio, mettendo i consumatori in condizione di mangiare sano, intendendo con ciò l'abitudine di alimentarsi in maniera equilibrata, pulita e salubre, sembra un obiettivo sensato e condivisibile. Ma mentre la Commissione continua a lavorare sulla proposta di un'etichetta nutrizionale semplificata da adottare in tutto il territorio dell'Unione e da esportare, governi nazionali, europarlamentari e associazioni varie cercano di influenzare la scelta. Ecco, pertanto, che, attorno al Nutriscore, sistema di etichettatura che, seppure non perfetta, meglio sembrava rispondere all’esigenza di chiarezza e semplicità, è in corso un braccio ferro fra favorevoli e contrari. A chi fa presente che il Nutriscore è “già stato adottato da sei Paesi dell’Unione Europea – Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna e Portogallo – più la Svizzera (dove però un grande distributore come Migros e un produttore come Emmy hanno deciso di rinunciarvi)”, quindi, se lo hanno scelto ritengono che potrebbe avere dei benefici sulla salute dei cittadini, si ribatte che il Nutriscore non prende in considerazione la qualità globale del prodotto, non valuta la presenza di additivi nella lista degli ingredienti, non considera la porzione di consumo di un alimento. Inoltre, e questa è una constatazione alla portata di tutti, non tiene conto degli abbinamenti fra diversi alimenti, dei tempi e delle modalità di cottura. Esemplificando: io posso comprare del pesce fresco, a cui presumibilmente il Nutriscore attribuisce una A su un bel color verde intenso, e poi lo cuocio a lungo in un olio che non regge le alte temperature. Posso ancora dire che il piatto che porto in tavola sia sano ed equilibrato? Ciò che contribuisce a creare ulteriore disorientamento è che ciascuna parte porta a supporto innumerevoli studi ed evidenze scientifiche fra di loro contrastanti. A questo punto come ci regoliamo? Quando si tratta della salute non è sempre bene affidarsi alla saggezza degli antichi, che basavano le loro conclusioni sulla filosofia o su osservazioni sommarie e non disponevano di dati estesi e dettagliati e di un metodo scientifico per analizzarli. Lo svizzero Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim – che amava farsi chiamare Paracelso – era medico, ma anche astrologo e alchimista, due discipline che oggi definiremmo “antiscientifiche”. Eppure, il suo più celebre aforisma è in molti casi valido anche oggi, soprattutto nella traduzione semplificata a noi più familiare, la citatissima espressione: “è la dose che fa il veleno”. Suona tranquillizzante, come a dire che solo gli eccessi possono causarci danni. È una cosa che capiamo benissimo e su cui possiamo concordare. Tranne poi prontamente dividerci al momento di definire cosa s’intenda per eccesso. Ma questa è un’altra storia. *** Ps: Sulla vicenda del Nutriscore è stato organizzato un convegno a Berna di cui riferiamo a pag 28. Se ne occupa, con la riconosciuta competenza, anche la nutrizionista Tatiana Gaudimonte nella sua rubrica La dieta rivista (pag 72) Peccato, o forse no, che sia un peccato. Come quasi tutto quello che dà piacere, del resto. Nel caso specifico il riferimento è al peccato di gola. Che in realtà, al pari delle lussuria - al quale, come testimoniano la condivisione lessicale e di metafore che abbondano sia nella grammatica alimentare sia in quella sessuale, è spesso associato – è, come abbiamo imparato noi figli del boom, che ancora abbiamo vissuto l’esperienza domenicale dell’ora di catechismo, uno dei sette vizi capitali. Tradotto in soldoni: è la risposta ad un impulso, una mancanza di moderazione nell’assunzione di cibo o una voglia d’appagamento del corpo per mezzo di qualcosa che produce soddisfazione. Non ultima, quella atavica di emancipazione sociale. Se fino a un certo momento della storia dell’uomo erano le classi meno abbienti a soffrire la fame, e dunque la sovrabbondanza era associabile solo a chi poteva disporre di quantità così ingenti di cibo da poterlo sprecare, oggi la situazione è diversa. Senza neppure essere sfiorati dal paradosso, temo inconsapevole, contenuto in una delle celebri affermazioni del ministro Lollobrigida secondo il quale “in Italia spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi”, il consumo costante e capillare delle merci, non solo alimentari, poco importa se prodotte a basso costo e con scarsa qualità, ha fatto sì che anche il cibo diventasse l’emblema del benessere occidentale diffuso. Quella che gli esperti chiamano la democratizzazione dell’abbondanza, non sembra avere come diretta conseguenza un sussulto di coscienza di classe o una rinnovata consapevolezza della propria salute. Punta smaccatamente alla diffusione di una cultura del consumo immediato e perenne. Se prima erano i borghesi annoiati ad avvelenarsi nell’eccesso – in questa ottica la Grande Bouffe di Marco Ferreri riemerge profetica - oggi il culto del cibo viene celebrato talvolta secondo un rito anestetico che non ha mai raggiunto vette simili tra programmi televisivi a tema, serie televisive, mito dell’alta cucina e ristorazione che si espande a macchia d’olio. Eppure, secondo quella che con un termine ormai abusato siamo soliti definire narrazione, la salute viene prima di tutto.

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SOMMARIO 31La bellezza abita sul Lario Passeggiata fra l e vie di Como Oliviero Toscani: fotografia e provocazione Museum für Gestaltung Zürich - fino al 15.9.2024 1 Editoriale 7 Italiche Dal rapporto Istat emerge un Paese a macchia di leopardo 11 Elvetiche Svizzera ancora virtuosa sul versante del debito 15 Europee Il nuovo Parlamento europeo ai blocchi di partenza 18 Novità in Gazzetta Ufficiale 22 Angolo Legale Il contratto successorio, un utile strumento per la pianificazione ereditaria 25 Cultura d’Impresa I talenti del cervello e come utilizzarli per lo sviluppo personale 28 Basta demonizzare alimenti Si è svolto a Berna un convegno organizzato dall’Ambasciata italiana e dall’ufficio ICE di Berna evidenzia i limiti del Nutriscore In Copertina Una locandina promozionale del celebre film La grande abbuffata di Marco Ferreri (1973) 58 36 Elefante Invisibile Maschile… Femminile… L’impossibile separazione tra biologia, cultura e ideologia 40 La lingua batte dove… Bedda matri! 44 Un “Milione” di notizie che ha contribuito a far conoscere l’Asia estrema 1324-2024: 700° anniversario della morte di Marco Polo 50 Dal cuore alle mani: Dolce&Gabbana In mostra a Palazzo Reale, Milano fino al 31 luglio 2024 54 Visioni del Tempo L'eleganza senza tempo degli orologi Art Déco 60 Tele-visioni La SSR in dialogo con il pubblico ccis.ch/la-rivista La Rivista · Giugno 2024 4

Locarno 77 Aspettando il Festival 63 Editore - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Art Director - Marco DE STEFANO Collaboratori C. BIANCHI PORRO, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, D. COSENTINO, L. D’ALESSANDRO, R. DE ROSA, N.FIGUNDIO, G.SORGE, M. FORMENTI, P. FUSO, T. GAUDIMONTE, T. GATANI, R. LETTIERI, F.MACRÌ, S. MIGNANO, V. PANSA, E.PERVERSI, N.TANZI, L.TERLIZZI La Rivista Redazione e Pubblicità Veronica SADDI Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. +41(0)44 289 23 26 Fax +41(0)44 201 53 57 www.larivista.ch vsaddi@ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. 0041(0)44 2892326 Fax 0041(0)44 2015357 E-mail: info@larivista.ch Abbonamento annuo Chf. 40.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 4 volte l’anno. Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 Fax +39 0332 510715 www.nastroenastro.it 62 Oltre un milione di persone registrate su Play Suisse 68 "Il jazz è un continuo" Intervista con Roberta Gambarini 70 Note Italiane 72 La dieta rivista La nutrizione positiva 74 Il cappero e la cucina pantesca 78 L’universo intero in un bicchiere di vino 79 Anteprime Toscane 2024: • PRIMANTEPRIMA” • Chianti Classico Collection 2024 – Special edition • Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano • 200 etichette per Chianti lovers & Rosso Morellino 84 Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia: il Lazio 89 Il mondo in Camera • Industrial Forum Italo Svizzero • L’ecosistema meccanico internazionale protagonista a Lugano il prossimo ottobre • Prosecco DOC on Tour – Svizzera 2024 • A Lugano e Ginevra due event di successo "Costruire per il Futuro" in Collaborazione con la Rete Donna SIA

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È un’Italia a pelle di leopardo quella che esce dalla 32ma edizione del rapporto Istat (relativo al 2023) nelle province italiane che - nell’anno in esame - ha registrato un PIL superiore a quello di Francia e Germania. Dal rapporto Istat emerge un Paese a macchia di leopardo di Corrado Bianchi Porro aree localizzate nell’entroterra delle isole, lungo la dorsale appenninica e nelle zone di confine montuose, caratterizzate da invecchiamento e rischio di spopolamento. Nonostante ciò, nel complesso la struttura dell’economia italiana si è progressivamente adattata negli anni per rispondere ai cambiamenti del contesto. Tra il 2003 e il 2023 gli utenti regolari di internet sono passati in effetti dal 24,9% all’84,5% nella fascia di età tra 16 e 74 anni registrando un’accelerazione del 12% negli ultimi 4 anni. E parlando della diffusione velocissima delle tecnologie, un quarto degli italiani, già usa ChatGPT con l’Intelligenza Artificiale. Fr primati e criticità L’economia italiana resta incredibile, con punte di eccellenza e una creatività che molti invidiano e non bisogna Secondo le previsioni FMI di giugno, l’inflazione in Italia tornerà al target del 2% nel 2025 e il Pil crescerà quest’anno ad un ritmo dell’1 e dell’1,1% nel 2025. La vampata inflazionistica di alimentari ed energia ha spinto le famiglie a rivedere la composizione di spesa e consumi, riducendo la propensione al risparmio che nel 2020 era raddoppiata col Covid. In Italia che conta in totale 59 milioni di abitanti con una speranza di vita a 83,1 anni, abitano - agli estremi della scala - 12 milioni che risiedono in zone facilmente accessibili a infrastrutture di trasporto con adeguati servizi pubblici, elevata specializzazione produttiva e industriale mentre dall’altro lato c’è il 2,2% della popolazione (col 10% dei Comuni) vincolata a fattori di più elevata criticità per scuole, ospedali e servizi: La Rivista Italiche La Rivista · Giugno 2024 7

commettere l’errore statistico tipico del mezzo pollo a testa di Trilussa. La stessa uscita felice dalla vicenda Covid è stata resa possibile grazie al presidio della solidarietà e del volontariato di cui l’Italia è uno dei leader mondiali. L’economia ha così ripreso vigore dopo la crisi e il conseguente shock dei prezzi energetici col supporto e l’incentivo di attività di sviluppo sostenibile anche grazie agli incentivi europei legati al PNRR. Tra le criticità in questo campo si osservano la propensione ancora insufficiente delle PMI all’adozione delle tecnologie più complesse, la carenza di personale qualificato in tali professioni e la ridotta capacità del sistema economico di assorbire queste risorse per migliorare efficienza e produttività. Ma risaltano anche primati: nel 2021 in Italia vi erano 13,4 robot ogni 1.000 addetti, contro 12,6 in Germania e 9,2 in Francia. Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di 170.000 persone all’anno e questo è un incentivo ad una ragionevole automazione. Prospettive di crescita Le prospettive di crescita dell’economia italiana sono positive, pur se gli sviluppi del quadro macroeconomico restano incerti e condizionati dalle tensioni geopolitiche, ha rilevato il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli. Nell’ultimo triennio, dopo la caduta del 2020, il Paese è tornato a crescere a un ritmo superiore a quello medio UE. La dinamica del Pil è stata sostenuta soprattutto dalla domanda interna, con un ruolo importante degli investimenti e un contributo significativo degli incentivi al comparto edilizio. L’andamento delle maggiori economie europee resta però diseguale: il Pil è infatti aumentato del 2,5% in Spagna, dello 0,9 in Italia (dal +4,0 dell’anno precedente) e dello 0,7% in Francia, mentre in Germania si è contratto dello 0,3%. La bilancia commerciale, che nel 2022 era risultata in deficit per oltre 30 miliardi di euro per l’impennata dei prezzi dell’energia, è tornata nel 2023 ad un surplus per 34,5 miliardi, mentre il calo dei prezzi energetici ha placato le pressioni inflazionistiche. Occupazione in continuo aumento Il numero degli occupati è continuato ad aumentare a un ritmo leggermente inferiore a quello dell’anno precedente (+2,1%, dal +2,4%). Il mercato del lavoro anche ad aprile 2024 continua a registrare numeri positivi e l’Istat ha conteggiato 84mila occupati in più. Sull’anno (aprile 2024 su aprile 2023) i lavoratori son cresciuti di oltre mezzo milione. Un’altra buona notizia è che, dopo oltre 15 anni, il tasso di disoccupazione è sceso sotto la soglia del 7%. È aumentata in modo significativo l’occupazione femminile e, tra le diverse generazioni, quella delle persone di 65 anni e più, anche per effetto dell’allungamento della vita e del posticipo dell’età pensionabile. Si è invece ridotta l’occupazione tra le fasce più giovani, oggi meno numerose, a causa dell’allungamento dei percorsi di studio. Risalta pure l’ottimo livello di qualificazione delle nuove leve. Molti hanno infatti cercato lavoro all’estero: 525.000 giovani sono emigrati tra il 2008 e il 2022 e solo un terzo di essi è tornato a casa. Permane la vulnerabilità economica Nonostante i miglioramenti osservati, una parte ancora molto elevata di occupati versa in condizioni di vulnerabilità economica. Tra il 2013 e il 2023, le retribuzioni lorde annue per dipendente sono aumentate in Italia di circa il 16%, poco più della metà rispetto alla media Ue27. Tra il 2012 e il 2021, l’occupazione nelle imprese è aumentata di circa 860 mila unità, mentre è rimasta pressoché invariata per le amministrazioni pubbliche. Il saldo è stato positivo per quasi 1,2 milioni tra le persone con istruzione di livello universitario e negativo per 330 mila tra quelle con istruzione di livello inferiore. È cambiata pure la struttura delle famiglie. Nel 2022-2023, coppie non coniugate, famiglie ricostituite, single e monogenitori non vedovi rappresentavano il 39,7% del totale dei nuclei. Nel 2002-2003, erano il 21,9%. Si tratta, nel complesso, di oltre 18 milioni e mezzo di individui, quasi un terzo della popolazione. Sono soprattutto i bambini e i ragazzi fino ai 24 anni, che più spesso vivono con genitori non coniugati o madri single, a essere interessati dalle trasformazioni dei modelli familiari. Nello stesso periodo, tra gli adulti tra i 25 e i 64 anni è raddoppiata la quota di quanti vivono senza partner, dal 10,9 al 22,1% del totale. Nel 2023, nelle Città metropolitane risiedono circa cinque milioni di persone di 65 anni e più. La loro incidenza sulla popolazione residente negli insediamenti La Rivista Italiche La Rivista · Giugno 2024 8

urbani è aumentata dal 2003 ad oggi dal 15,3 al 23,3%. Finanza pubblica e debito pubblico Nell’ultimo anno è proseguito il miglioramento del quadro di finanza pubblica, con una riduzione dell’incidenza sul Pil dell’indebitamento netto (dall’8,6 al 7,4%) e del debito (dal 140,5 al 137,3%). Negli ultimi quattro anni – ha rilevato il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, la politica monetaria ha operato in un difficile contesto. La discesa dei tassi, diversamente dal passato, determinerà un deciso calo della liquidità in circolazione e un conseguente impulso restrittivo nel mercato creditizio dopo l’espansione degli ultimi anni. Una tale zavorra dei debiti costringe l’Italia ogni anno a impegnare considerevoli risorse pubbliche per onorare interessi. Affrontare il problema del debito richiede un piano credibile volto a stimolare crescita e produttività, realizzando un miglioramento dei conti pubblici. Sono necessarie scelte attente specie dal lato della spesa, al fine di riorientarne la composizione in favore dello sviluppo. In Italia il “premio di rischio” (lo spread di credito sul debito sovrano) è oggi storicamente basso conferma Kevin Thozet – membro del Comitato d’investimento di Carmignac. Il motivo? Il governo rappresenta una garanzia di continuità. Non si è dimostrato così contro corrente come era stato dipinto. Altro fattore di salvaguardia è il fatto che il debito italiano benefici del sostegno dei risparmiatori italiani e questo è un fattore importante. Sono elementi favorevoli che spiegano perché il premio di rischio del debito resti relativamente debole. In tale contesto lo scenario è positivo per Italia, Spagna, Francia e altri Paesi europei. Vero è che ci sono fondamentali dell’economia che si degradano e dal 2020 si assiste ad un transfert di imprese e famiglie verso lo Stato a motivo dell’aumento massiccio del debito pubblico negli Usa e in Europa. Quando un Governo emette titoli di debito, ciò non depone a favore dell’economia ma della crescita. Gli operatori economici, che operano con lo Stato, sono oggi meno indebitati e ciò gioca a favore, con tassi di remunerazione interessanti. In Italia vi sono le grandi imprese nel ramo delle materie prime o le banche. Così si investe in strumenti più complessi: non con debiti ibridi ma con strumenti obbligazionari che offrono remunerazioni interessanti. C’è un rischio legato al Paese con remunerazioni attrattive. Le azioni italiane sono generalmente cicliche e vi è un modo interessante di diversificare il portafoglio a tenaglia. Da una parte con investimenti prudenti e dall’altra con quelli più ciclici. Nella quota prudente si investe nel settore della salute, AI, tecnologia, in imprese poco indebitate e margini elevati, relativamente stabili. In compenso, la parte più ciclica può assumere maggior rischio, ad esempio con banche italiane con valorizzazioni basse. La Rivista Italiche

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La Confederazione rimane nel gruppo dei Paesi che riescono ad avere un basso indebitamento e conti pubblici in ordine Svizzera ancora virtuosa sul versante del debito di Lino Terlizzi di crescita economica. Avere conti pubblici in ordine è importante anche da questo punto di vista. Non casualmente, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI) la Svizzera tra il 2006 e il 2015 ha avuto una media di crescita annuale del 2%, contro una media complessiva delle economie avanzate pari all’1,5%. E negli anni successivi la crescita elvetica è stata per quattro volte su otto superiore alla media delle economie avanzate. Non è tutto dovuto al rigore nel bilancio pubblico, ma una parte sì. Il quadro internazionale Ma vediamo qual è lo scenario internazionale dei conti pubblici. I dati e le previsioni dell’fmi pubblicati nell’aprile di quest’anno forniscono un quadro ampio dell’indebitamento pubblico nel mondo, con l’indicazioLa Svizzera è tra i Paesi che meglio dimostrano quanto mantenere ad un basso livello il debito pubblico possa favorire la solidità della crescita economica. Un marcato aumento dell’indebitamento pubblico può essere necessario in circostanze straordinarie, anche per sostenere l’economia. Lo abbiamo visto, guardando a questi ultimi anni, in occasione dell’esplosione della pandemia. Ma ciò vale solo per periodi circoscritti. Nel lungo periodo bisognerebbe sempre contenere l’indebitamento, perché avere un debito alto comporta il pagare enormi somme per gli interessi e ciò significa di fatto sottrarre risorse alla crescita economica. Al di là delle oscillazioni temporanee, quello che più conta è mantenere nel corso degli anni una buona media La Rivista Elvetiche Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI) in Svizzera il rapporto debito pubblico/PIL è previsto quest’anno al 36% e dovrebbe scendere gradualmente sino al 31% nel 2029. La Rivista · Giugno 2024 11

ne del rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL). Le cifre mostrano che la riduzione degli indebitamenti eccessivi fa fatica a procedere a livello complessivo. Ci sono anche esempi di Paesi, e tra questi la Svizzera appunto, che stanno limitando l’indebitamento, riducendolo dopo balzi precedenti o continuando a mantenerlo basso. Sono però ancora molti gli Stati che non cessano di aumentare l’indebitamento e tra questi ci sono anche alcuni Paesi di grande taglia. Guardando al debito pubblico/PIL a livello mondiale, si può vedere come nel 2019 il rapporto fosse 84,2%. Nel 2020 l’esplosione della pandemia ha portato ad interventi straordinari degli Stati e l’indebitamento è salito al 99,4%. Dopo questo balzo di più di 15 punti, sarebbe stato necessario tornare, nell’arco di alcuni anni, almeno ai livelli pre pandemia. Ma la discesa c’è stata solo nel 2021 (94,7%) e nel 2022 (91,3%). Poi, nel 2023, c’è stato un aumento al 93,2%. Per quest’anno l’fmi prevede un lieve incremento al 93,8% e per gli anni successivi indica altri aumenti, sino al 98,8% nel 2029. Occorre qui ricordare due fattori. Il primo è che una parte consistente degli esperti ha sempre affermato che l’indebitamento pubblico dovrebbe essere lontano dal 100% del PIL (i famosi parametri dell’eurozona indicano un tetto al 60%). Il secondo è che un rallentamento del Prodotto interno non può essere preso come ragione per giustificare un aumento costante dell’indebitamento. Compito degli Stati è anche quello di gestire i conti pubblici in maniera che si ristabilisca un equilibrio soddisfacente. Dall’analisi dell’fmi emerge che delle 37 economie avanzate, o molto sviluppate che dir si voglia, 20 sono in un percorso di riduzione del debito pubblico/PIL da qui al 2029, mentre altre 17 stanno ancora incrementando l’indebitamento. Iniziamo dai Paesi virtuosi o volonterosi, facendo alcuni esempi. La Svizzera è prevista quest’anno al 36% e dovrebbe scendere gradualmente sino al 31% nel 2029. Anche la Svezia è indicata al 36% ora, con il 31% tra cinque anni. La Norvegia viene vista rispettivamente al 38% e al 30%. L’Irlanda dovrebbe passare dal 41% attuale al 32% nel 2029. Nello stesso periodo di tempo la Nuova Zelanda dovrebbe scendere dal 47% al 45%, l’Australia dal 49% al 43%, la Germania dal 63% al 57%. I livelli eccessivi Bisogna dire che ci sono anche alcuni Paesi che stanno sì diminuendo l’indebitamento pubblico, ma al tempo stesso lo stanno mantenendo a livelli comunque ancora eccessivi. Anche qui facciamo esempi. Il Giappone, Paese super indebitato, è quest’anno al 254% e dovrebbe scendere solo sino al 251% nel 2029; sta facendo meglio la Grecia, che è ora al 158% e dovrebbe essere al 138% tra cinque anni; la Spagna dal canto suo è al 106% e dovrebbe registrare una discesa sino al 104% nel 2029; guardando all’area nordamericana, il Canada è attualmente al 104% ed è previsto al 95% tra cinque anni. Occorre poi fare alcuni esempi di Paesi non virtuosi e non volonterosi, Paesi cioè che stanno ulteriormente aumentando l’indebitamento pubblico. L’Italia viene vista dall’fmi al 139% quest’anno e al 144% nel 2029; gli Stati Uniti sono ora al 123% e sono previsti al 133% nel 2029; la Francia è al 111% ed è prevista al 115% tra cinque anni; il Belgio è al 105% e dovrebbe essere al 115% nel 2029; il Regno Unito ha un indebitamento pubblico che è ora del 104% e che dovrebbe salire sino al 110% del 2029. Come si vede, tra i Paesi che non stanno comprimendo l’indebitamento ci sono anche attori con economie di grande taglia, che fanno così pendere la bilancia mondiale del debito pubblico /PIL dalla parte del peggioramento. Questo per quel che riguarda, come detto, le economie avanzate. Le dinamiche dei Paesi emergenti o in via di sviluppo sono diverse, anche sui conti pubblici. Ma il problema dell’indebitamento non è completamente In genere la via migliore per lottare contro deficit e indebitamenti eccessivi non è l’aumento continuato dell’imposizione fiscale, che può essere ingiusto e frenare la crescita, bensì il taglio delle spese pubbliche improduttive La Rivista · Giugno 2024 12

assente neppure su questo versante. Se si prendono due giganti tra gli Emergenti, Cina e India, si possono vedere due differenti situazioni. Per la Cina l’fmi prevede un forte aumento dell’indebitamento, con un rapporto debito pubblico/PIL che è ora all’88% e che dovrebbe essere al 110% nel 2029. Per l’India invece le stime indicano un indebitamento attuale all’82% e una discesa sino al 77% tra cinque anni. Secondo l’fmi i due colossi asiatici hanno quindi direzioni di marcia differenti per il debito pubblico, con Pechino che potrebbe andare verso un peggioramento e New Delhi che potrebbe al contrario avere miglioramenti. Avanzi e disavanzi Sin qui abbiamo parlato di debito pubblico, ma c’è anche da considerare il capitolo del deficit o disavanzo pubblico. In sintesi, il deficit pubblico segnala che i conti dello Stato hanno un disequilibrio. Se così non fosse, ci sarebbe un pareggio o, nell’ipotesi migliore, un attivo o avanzo. Se è vero che lo Stato deve essere in grado di affrontare le fasi più difficili anche andando temporaneamente in deficit, è altrettanto vero che il deficit non dovrebbe aumentare a dismisura e non dovrebbe essere una costante. In sostanza, se l’indebitamento pubblico segnala quanto lo Stato deve prendere a prestito sui mercati per poter funzionare (pagando interessi), il deficit pubblico ci dice quanto le uscite pubbliche continuano a superare le entrate pubbliche. In genere la via migliore per lottare contro deficit e indebitamenti eccessivi non è l’aumento continuato dell’imposizione fiscale, che può essere ingiusto e frenare la crescita, bensì il taglio delle spese pubbliche improduttive. Una parte consistente degli esperti ritiene che il deficit o disavanzo pubblico debba essere ridotto ai minimi e, quando e dove possibile, eliminato. I parametri dell’eurozona, ad esempio, indicano un massimo di deficit al -3% in rapporto al PIL. Secondo l’fmi nel 2024 l’Eurozona riuscirà in effetti a limitare al -2,9% il deficit, con una discesa positiva che però non riporta al -0,6% del 2019, anno pre pandemia. D’altronde, la media delle economie avanzate è quest’anno -4,4%, in miglioramento ma comunque ancora sopra la soglia del -3%, che fu registrata nel 2019. Ci sono peraltro anche in questo capitolo Paesi virtuosi o volonterosi, che hanno conti pubblici in attivo. Guardando alle economie avanzate, ebbene 8 su 37 registreranno un avanzo pubblico quest’anno. Si tratta dunque di non molto più che eccezioni, che a maggior ragione vale la pena di ricordare. Le previsioni indicano che la Svizzera avrà quest’anno un attivo in rapporto al PIL pari allo 0,5%, la Danimarca ne dovrebbe avere uno all’1,5%, l’Irlanda dovrebbe essere all’1,4%, il Portogallo allo 0,2%, Cipro al 2,5%, Andorra al 2,3%, la Norvegia al 14,9%, Singapore al 5,1%. Tutte le altre 29 economie avanzate nell’analisi dell’fmi avranno un deficit pubblico anche quest’anno. Se si prendono i dati delle maggiori economie, in particolare di quelle che fanno parte del G7, questa è la situazione per il 2024: Stati Uniti -6,5%, Giappone -4,6%, Germania -1,5%, Regno Unito -4,6%, Francia -4,9%, Italia -4,6%, Canada -1,1%. Gli Stati Uniti dovrebbero riuscire quindi a scendere dal -8,8% del 2023, ma rimangono a livelli elevati di deficit pubblico. Pur in presenza di una buona crescita del PIL, gli USA fanno fatica a riportare dentro gli argini il deficit. Giappone e Canada vedono peggiorare i loro deficit quest’anno. Germania, Regno Unito, Francia e Italia vedono invece una diminuzione della percentuale del passivo. Delle quattro maggiori economie europee, però, solo la Germania è sotto la soglia del -3%. Per quel che riguarda i Paesi emergenti e in via di sviluppo, pure prevale il segno negativo e dunque il deficit, con poche eccezioni in gran parte concentrate in Medio Oriente. Ecco come vanno le cose per alcune delle maggiori economie Emergenti: la Cina quest’anno dovrebbe registrare un deficit pubblico/PIL pari a -7,4%; l’India dovrebbe essere a -7,8%, il Brasile a -6,3% e il Sudafrica a -6,1%. Per Cina e Sudafrica la percentuale del passivo è in aumento rispetto al 2023, mentre per India e Brasile c’è una diminuzione. In tutti questi casi comunque si è ben sopra la soglia del -3%. Tra spese e incassi Come visto il deficit pubblico segnala, in buona sostanza, il prevalere delle uscite o spese sulle entrate o incassi per lo Stato. L’analisi del Fondo monetario internazionale prende quindi in considerazione anche la consistenza di questi due versanti in rapporto al PIL. Per le economie avanzate, la media prevista per le spese pubbliche nel 2024 è 40,3%, mentre la media prevista per le entrate pubbliche è 35,9%. La Svizzera dal canto suo è al 32% per le spese e al 32,5% per le entrate. Per i Paesi emergenti e in via di sviluppo la media delle spese pubbliche è 32,5%, mentre la media delle entrate pubbliche è 26,9%. La Rivista Elvetiche La Rivista · Giugno 2024 13

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È stata del 51,08% la partecipazione al voto alle elezioni per il Parlamento europeo che si sono svolte dal 6 al 9 giugno scorso, poco più della metà degli aventi diritto, un dato leggermente superiore a quello registrato alle consultazioni precedenti, nel 2019, quando l’affluenza era stata del 50,66%. Il nuovo Parlamento europeo ai blocchi di partenza di Viviana Pansa burgo, Belgio, Austria e Ungheria. Qui, anche se con il peggior risultato da molti anni, Fidesz, il partito politico di Viktor Orbán, si conferma come il più votato, mentre in Austria, il Partito popolare è stato superato, anche se di poco, dal partito di estrema destra FPÖ. L’Unione Cristiano-Democratica ha tenuto in Germania, dove è risultata la più votata con il 30% dei consensi, ma il successo di Alternative für Deutschland (AfD), secondo partito con il 15,9 % dei voti, ha messo in luce tutta la debolezza del cancelliere social-democratico Olaf Scholz – l’Spd ha ottenuto solo il 13,9% dei voti. È andata molto peggio al presidente francese Emmanuel Macron, la cui formazione politica è stata doppiata dall’estrema destra del Rassemblement National guidato da Marine Le Pen e Jordan Bardella, che ha raggiunto il 32% circa dei consensi. In seguito a questo risultato, Macron ha sciolto il Parlamento e convocato nuove elezioni legislative, il 30 giugno e 7 luglio. Timori e interrogativi su una possibile vittoria delle destre anche alle prossime elezioni legislative sono ulteriormente cresciuti poi con la mossa del leader del partito gollista Eric Ciotti che ha annunciato – di fatto in disaccordo con gran parte del suo partito – la sua intenzione di allearsi con il Rassemblement Il timore di un crollo della partecipazione ha trovato solo una parziale conferma in Italia, dove la percentuale dei votanti si è mantenuta al 48,31% – nel 2019 era stata del 54%, - ma è testimoniato comunque dalle percentuali minime registrate in Croazia, per esempio, dove ha votato il 21% degli aventi diritto, o in Lituania – qui ha votato solo il 28% degli aventi diritto, - Lettonia, Estonia, Bulgaria, Slovacchia, Portogallo – tutti Paesi in cui la percentuale non ha superato il 40%. Più motivati i cittadini austriaci, con il 56% di partecipazione, i danesi, gli ungheresi (59%) e i tedeschi, con il 64% di partecipazione al voto. Tengono i popolari, avanza la destra Timori confermati anche per l’ascesa dei partiti di estrema destra, che in alcuni casi - in Francia in particolare, - hanno causato un vero e proprio terremoto del quadro politico interno. Il Partito popolare europeo (Ppe) però ha retto l’urto e ottenuto 12 parlamentari in più rispetto alla legislatura uscente, confermandosi come forza maggioritaria anche nel nuovo Parlamento dell’Unione. Partiti di destra legati al gruppo parlamentare europeo di “Identità e Democrazia” hanno avuto la maggioranza dei voti in Francia, in LussemLa Rivista Europee La Rivista · Giugno 2024 15

National proprio in vista di questa tornata elettorale. Il centrosinistra regge in Spagna e in Italia Ha tenuto in Spagna il centro-sinistra di Pedro Sanchez, che ha ottenuto il 30% dei voti, mentre il Partito popolare è arrivato primo con il 34% dei voti. Infine, in Italia, la premier Giorgia Meloni ha incassato la vittoria di Fratelli d’Italia come voto di gradimento per il suo governo (la percentuale di preferenze ottenuta, il 28%, è in effetti superiore a quella registrata nelle elezioni del 2022), ma non è andata male al Partito democratico, che ha ottenuto il 24% dei consensi – erano il 19% alle ultime elezioni politiche. In netto calo i voti del Movimento 5 Stelle (il 10%) rispetto al risultato delle politiche del 2022 (16%) – il suo peggior risultato di sempre, - mentre il partito di Forza Italia (con Noi Moderati), con il 9,5%, supera quello della Lega, all’8,9% - partito, quest’ultimo, che ha subito un crollo di voti rispetto al 34% raggiunto alle politiche del 2019. Cresce l’Alleanza Verdi e Sinistra, che raccoglie il 6,7% dei consensi, mentre non superano la soglia di sbarramento del 4%, e quindi non avranno parlamentari a Bruxelles, i partiti di Matteo Renzi, alleato con Più Europa, e Carlo Calenda. Il voto degli italiani all’estero In controtendenza rispetto al dato nazionale i risultati espressi dagli elettori italiani residenti all’estero: il più votato è il Partito democratico, che raggiunge il 30% dei consensi, seguito da Fratelli d’Italia, con il 18%, Alleanza Verdi e Sinistra con il 17%, il Movimento 5 Stelle con il 7%, Stati Uniti d’Europa con il 6%, Forza Italia con il 5%, così come Azione, e infine la Lega con il 3,7%. Osservando i risultati disaggregati per Paesi, Fratelli d’Italia risulta essere il partito più votato dai connazionali che si sono recati ai seggi allestiti nelle rappresentanza diplomatico-consolari in Spagna, Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Lituania e Lettonia, mentre il Pd si conferma il primo partito in tutti gli altri Paesi dell’Unione, tranne che per Austria e Finlandia. In entrambi questi Paesi il partito che ha ottenuto più consensi è stato Alleanza Verdi e Sinistra. Hanno partecipato al voto in questo caso 118.731 persone su 1.661.949 aventi diritto, il 7,14% del totale, dato che non si discosta di molto all’affluenza del 2019, che era stata del 7,8%. Novità di questa consultazione elettorale è stata la possibilità data agli studenti italiani fuori sede di poter votare, in caso di richiesta, nel luogo di studio – in Italia. I dati così raccolti mostrano la preferenza accordata ad Alleanza Verdi e Sinistra, primo partito con il 40% dei voti, seguito dal Partito democratico con il 25%, Azione con il 10%, Movimento 5 Stelle e Stati Uniti d’Europa con il 7%, Fratelli d’Italia solo al 3%. Hanno votato con questa modalità 17.561 studenti. La maggioranza ‘Ursula’ alla prova dei franchi tiratori Nel complesso, dunque, nonostante la crescita di consensi delle destre più radicali, la formazione di centro destra dell’Unione, il Ppe, si conferma come la maggioritaria con 188 seggi sui 720 complessivi. Segue il Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici con 136 seggi – 3 in meno rispetto al Parlamento uscente; il Gruppo dei liberali Renew Europe, con 75 seggi – 27 parlamentari in meno rispetto alla scorsa legislatura; il Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei con 83 seggi – 14 in più di prima; il Gruppo Identità e Democrazia con 58 seggi – cresciuto di 9 seggi; il Gruppo dei Verdi con 54 parlamentari – diminuito di 17 seggi; il Gruppo della Sinistra con 39 seggi – rimasto all’incirca invariato. La proiezione, aggiornata al 27 giugno e disponibile sul sito ufficiale del Parlamento europeo, si basa sulla struttura del Parlamento uscente. Alla luce di questi numeri, la riconferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea è affidata alla stessa maggioranza creatasi a suo favore nel Parlamento uscente, la cosiddetta maggioranza “Ursula”, composta da Ppe, Socialisti e Democratici e Renew Ursula von der Leyen e Kaja Kallas La Rivista · Giugno 2024 16

Europe. Nel complesso, infatti, pur se ridotta di 20 parlamentari rispetto a prima, si tratterebbe ancora di una maggioranza assoluta (399 parlamentari su 720) e lo stesso presidente del Ppe, Manfred Weber ha confermato, subito dopo aver appreso l’esito delle elezioni, l’intenzione del suo partito di ricostituire tale alleanza di stampo moderato per garantirsi un largo consenso in Parlamento. Considerando però che il voto per la presidenza della Commissione è segreto e che la percentuale di franchi tiratori è stimata fisiologicamente al 10-15%, il Ppe ha avviato una serie di colloqui per cercare la convergenza di altri gruppi. Von der Leyen potrebbe cercare appoggio nel gruppo dei Conservatori e Riformisti, di cui fa parte la stessa Fratelli d’Italia, e Giorgia Meloni ad oggi non ha ancora dichiarato esplicitamente di essere contraria alla sua rielezione. Nei colloqui che si sono succeduti subito dopo il voto, i Verdi avrebbero invece escluso la possibilità di un loro appoggio “esterno”. Definite le nuove nomine dell’Unione in attesa del voto del Parlamento Anche se il presidente Macron avrebbe voluto attendere l’esito delle elezioni legislative e la prima sessione del nuovo Parlamento europeo è calendarizzata dal 16 al 19 luglio prossimi, il Consiglio europeo ha già definito le nuove nomine dell’Unione. Spetta infatti ai Capi di Stato e di governo designare, tenendo conto del risultato delle elezioni, i nuovi presidenti di Commissione, Parlamento, Consiglio e l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, cosa che è di fatto avvenuta a seguito di un incontro che si è svolto a Bruxelles a fine giugno. A comunicare ufficialmente i nomi è stato il presidente uscente del Consiglio europeo, Charles Michel: Ursula von der Leyen è stata riconfermata alla guida della Commissione europea; il socialista portoghese Antonio Costa, con una lunga esperienza in ambito europeo, è stato scelto per il Consiglio; e la liberale estone Kaja Kallas è stata designata invece come Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera. Toccherà ora al Parlamento ratificare o meno le nomine. Per quanto riguarda l’Italia, la premier Meloni si è dichiarata contraria alla proposta di Kallas e Costa, ma si è astenuta su Von der Leyen, anche se ha contestato nell’insieme la proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei come “sbagliata nel merito e nel metodo”. L’appoggio del governo italiano, tuttavia, sembrerebbe vincolato a quali deleghe verranno attribuite ai suoi possibili futuri Commissari europei. Meloni, infatti, dopo aver più volte rivendicato per l’Italia un peso maggiore in Europa, da riconoscersi “in termini di competenze dei commissari”, si aspetterebbe per questi ultimi una disponibilità diretta sui fondi economici e la capacità di regolare materie in cui le competenze Ue sono esclusive e superiori rispetto a quelle nazionali. I possibili approdi potrebbero essere il Bilancio, il Commercio, la Concorrenza, o la Difesa, se questa dovesse nascere come delega nuova e con fondi adeguati. Se il Parlamento europeo potrebbe votare il nuovo presidente della Commissione durante la sessione del 16-19 luglio prossimi, il voto per i nuovi commissari è previsto il 2528 novembre. Il 1° dicembre il nuovo presidente della Commissione dovrà entrare in carica e a quel punto sarà possibile capire meglio quali saranno state le reali conseguenze del voto di giugno sul nuovo governo dell’Unione. La Rivista Europee Considerando che il voto per la presidenza della Commissione non è palese (come nella foto) ma segreto determinante potrebbe rivelarsi la percentuale di franchi tiratori stimata fisiologicamente al 10-15%, La Rivista · Giugno 2024 17

Novità in Gazzetta Ufficiale Sono solo alcuni dei provvedimenti licenziati dal Governo negli ultimi mesi. Ad aprile il via libera del Consiglio dei Ministri al Documento di economia e finanza che, per la quinta volta nella storia, conteneva solo le stime tendenziali, senza la parte programmatica. Questo, in atteIl Documento di economia e finanza e le nuove norme in materia di dogane, il lancio della nuova piattaforma "Invest in Italy" e la firma di un nuovo accordo sul telelavoro dei frontalieri italiani in Svizzera. di Manuela Cipollone sa della nuova governance europea: vi è la necessità, spiegava il Governo, di “attendere la conclusione dell’iter di approvazione delle nuove regole di programmazione economica dell’Unione Europea, che introducono il Piano fiscale-strutturale di medio termine quale strumento per l’indicazione degli obiettivi di legislatura”. La tempistica stabilita nelle norme transitorie prevede che il Piano sia approvato entro il 20 settembre prossimo. A legislazione vigente, gli andamenti sono sostanzialmente in linea con il profilo programmatico della NADEF 2023. Il DEF contiene inoltre il valore delle politiche invariate. "Il debito pubblico in risalita previsto dal Def", ha spiegato il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti nel corso di una conferenza stampa, "è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del superbonus nei prossimi anni" ma dopo il 2026 "comincerebbe a scendere". Il ministro ha anche sottolineato, tra l'altro, che l'obiettivo politico del governo in vista della prossima legge di bilancio è "replicare il taglio del cuneo anche nel 2025". "Nel Def" ha aggiunto "continua ad andare bene anche l'occupazione, prevediamo un tasso di disoccupazione in costante diminuzione". Il Def 2024 è l’ultimo in questo formato: la riforma della governance economica europea si baserà, infatti, su un nuovo documento, il Piano fiscale strutturale di medio periodo che indicherà gli obiettivi programmatici di legislatura. Imposizione fiscale per le imprese multinazionali Via libera anche al recepimento di una direttiva Ue sulla comunicazione delle informazioni sull’imposta sul La Rivista Burocratiche Via libera al recepimento di una direttiva Ue all’imposizione fiscale per le imprese multinazionali La Rivista · Giugno 2024 18

del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi. Telematizzazione delle procedure doganali Per armonizzare la normativa italiana con quella dell'Unione Europea, si abroga il Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43) e si aggiornano e riducono le disposizioni da esso previste. In particolare, si implementa la telematizzazione delle procedure doganali e si potenziano l'attività di controllo e verifica, anche mediante il coordinamento con le dogane dell'UE e quelle estere, e lo sportello unico doganale (SUDOCO); si ridefiniscono le procedure di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi doganali e si revisiona l'istituto della controversia doganale e viene riorganizzato l'assetto degli uffici e dei servizi; si rivede la disciplina sanzionatoria, con particolare riguardo al contrabbando. Il decreto interviene anche sul sistema sanzionatorio penale e amministrativo posto a tutela dell'accertamento e del pagamento delle imposte sulla produzione e sui consumi. In questo caso, si prevede l'introduzione di un nuovo delitto di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati e di un nuovo illecito amministrativo di vendita di tabacchi lavorati senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita; l'applicazione della confisca allargata anche in relazione ai più gravi reati in materia di accise; e la depenalizzazione di alcune ipotesi di minore gravità. reddito da parte di talune imprese e succursali. Lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo intende realizzare l’attuazione, l’adeguamento, il coordinamento e il raccordo della normativa nazionale alle disposizioni di cui alla direttiva 2021/2101/UE (c.d. direttiva CBCR - Country-by-Country reporting) che obbliga le grandi multinazionali a comunicare, con una specifica informativa, pubblicamente le imposte sul reddito versate in ciascun Paese UE in cui hanno sede. La direttiva si propone di aumentare la trasparenza delle imprese e il controllo pubblico sulle strategie e sulle dinamiche fiscali delle multinazionali a beneficio del pubblico e di tutti i portatori di interesse. In particolare, lo schema introduce l’obbligo per le imprese multinazionali che abbiano, con riferimento ai due ultimi esercizi consecutivi, ricavi superiori a 75 milioni di euro, di rendere pubbliche, insieme alle informazioni relative alla società e al bilancio, le imposte sul reddito maturate e versate; l’obbligo per le medesime multinazionali di depositare, presso il registro delle imprese, e pubblicare, sul proprio sito web, una specifica relazione informativa. La comunicazione deve essere redatta entro dodici mesi dalla data di chiusura del bilancio d’esercizio; la disciplina sanzionatoria per la violazione dei nuovi obblighi: si prevede che agli amministratori della società che omettono di depositare le comunicazioni presso il registro delle imprese si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. In materia di dogane, invece, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111), introduce la revisione della disciplina e Si implementa la telematizzazione delle procedure doganali e si potenziano l'attività di controllo e verifica La Rivista · Giugno 2024 19

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