La Rivista

Europe. Nel complesso, infatti, pur se ridotta di 20 parlamentari rispetto a prima, si tratterebbe ancora di una maggioranza assoluta (399 parlamentari su 720) e lo stesso presidente del Ppe, Manfred Weber ha confermato, subito dopo aver appreso l’esito delle elezioni, l’intenzione del suo partito di ricostituire tale alleanza di stampo moderato per garantirsi un largo consenso in Parlamento. Considerando però che il voto per la presidenza della Commissione è segreto e che la percentuale di franchi tiratori è stimata fisiologicamente al 10-15%, il Ppe ha avviato una serie di colloqui per cercare la convergenza di altri gruppi. Von der Leyen potrebbe cercare appoggio nel gruppo dei Conservatori e Riformisti, di cui fa parte la stessa Fratelli d’Italia, e Giorgia Meloni ad oggi non ha ancora dichiarato esplicitamente di essere contraria alla sua rielezione. Nei colloqui che si sono succeduti subito dopo il voto, i Verdi avrebbero invece escluso la possibilità di un loro appoggio “esterno”. Definite le nuove nomine dell’Unione in attesa del voto del Parlamento Anche se il presidente Macron avrebbe voluto attendere l’esito delle elezioni legislative e la prima sessione del nuovo Parlamento europeo è calendarizzata dal 16 al 19 luglio prossimi, il Consiglio europeo ha già definito le nuove nomine dell’Unione. Spetta infatti ai Capi di Stato e di governo designare, tenendo conto del risultato delle elezioni, i nuovi presidenti di Commissione, Parlamento, Consiglio e l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, cosa che è di fatto avvenuta a seguito di un incontro che si è svolto a Bruxelles a fine giugno. A comunicare ufficialmente i nomi è stato il presidente uscente del Consiglio europeo, Charles Michel: Ursula von der Leyen è stata riconfermata alla guida della Commissione europea; il socialista portoghese Antonio Costa, con una lunga esperienza in ambito europeo, è stato scelto per il Consiglio; e la liberale estone Kaja Kallas è stata designata invece come Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera. Toccherà ora al Parlamento ratificare o meno le nomine. Per quanto riguarda l’Italia, la premier Meloni si è dichiarata contraria alla proposta di Kallas e Costa, ma si è astenuta su Von der Leyen, anche se ha contestato nell’insieme la proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei come “sbagliata nel merito e nel metodo”. L’appoggio del governo italiano, tuttavia, sembrerebbe vincolato a quali deleghe verranno attribuite ai suoi possibili futuri Commissari europei. Meloni, infatti, dopo aver più volte rivendicato per l’Italia un peso maggiore in Europa, da riconoscersi “in termini di competenze dei commissari”, si aspetterebbe per questi ultimi una disponibilità diretta sui fondi economici e la capacità di regolare materie in cui le competenze Ue sono esclusive e superiori rispetto a quelle nazionali. I possibili approdi potrebbero essere il Bilancio, il Commercio, la Concorrenza, o la Difesa, se questa dovesse nascere come delega nuova e con fondi adeguati. Se il Parlamento europeo potrebbe votare il nuovo presidente della Commissione durante la sessione del 16-19 luglio prossimi, il voto per i nuovi commissari è previsto il 2528 novembre. Il 1° dicembre il nuovo presidente della Commissione dovrà entrare in carica e a quel punto sarà possibile capire meglio quali saranno state le reali conseguenze del voto di giugno sul nuovo governo dell’Unione. La Rivista Europee Considerando che il voto per la presidenza della Commissione non è palese (come nella foto) ma segreto determinante potrebbe rivelarsi la percentuale di franchi tiratori stimata fisiologicamente al 10-15%, La Rivista · Giugno 2024 17

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