La Rivista

considerata giusta, emancipatrice e accogliente debba assicurare eguaglianza di opportunità e pieno rispetto a tutti i suoi membri siano essi “banalmente” maschi o femmine oppure persone dall’identità di genere variamente fluida. Né sto negando che ci siano voluti decenni e decenni di giuste e coraggiose lotte per ottenere più parità tra uomini e donne. È così che nelle democrazie occidentali molti traguardi sono stati raggiunti. Al punto che mi chiedo: è veramente prioritario investire oggi enormi energie, come avviene ad esempio in alcune università, per proporre nonché imporre il linguaggio del femminile sovraesteso al posto delle usuali forme maschili usate finora generalmente senza retropensiero discriminatorio cioè con valenza neutra, comprendente maschile e femminile? Dico ciò avendo in mente realtà non molto lontane dagli italici confini, dove il fanatismo religioso e le dittature al potere condannano al patibolo le ragazze che partecipano a proteste contro il velo integrale. Di cosa vogliamo occuparci prioritariamente? Le diversità biologiche donneuomini: un nuovo elefante invisibile? Da semplice osservatrice constato dunque che si sta diffondendo la tendenza ideologica a trasformare le differenze biologiche donne-uomini in elefanti invisibili, come se non contasse più niente la nostra natura di mammiferi dotati di corpi maschili o femminili tuttora ben differenziati sul piano anatomico, delle funzioni celebrali, degli organi riproduttivi e di tanto altro ancora. Nel dibattito socio-politico-ideologico senza fine del rapporto tra i sessi rischiamo di buttare il bambino con l’acqua sporca. Ovvero di negare la validità della categorizzazione biologica donna-uomo solo perché in taluni casi non rispetta certi criteri. Va ricordato che tutte le categorie siano esse sociali, fisiche o umane sono quasi sempre caratterizzate da confini permeabili. In una recente opera, il celebre neuropsichiatra Boris Cyrunik (1) illustra, anche attraverso sapienti confronti con il mondo animale, i complessi e affascinanti meccanismi del percorso di differenziazione tra maschi e femmine. È interessante rilevare come tale impegnativo cammino per divenire fisicamente donna o uomo inizi ben presto. In effetti, una prima differenziazione si manifesta nella vita intrauterina attraverso l’azione di due ormoni sessuali per eccellenza: il testosterone nei maschi, e l’estradiolo nelle femmine. In realtà tali ormoni sono presenti in entrambi i sessi, ma a livelli significativamente diversi. Una più marcata produzione di testosterone nel feto maschile spinge i testicoli a fuoriuscire d’addome, mentre nel caso delle future femmine un altro ormone, l’estradiolo, favorisce la comparsa e, in seguito, il mantenimento dei caratteri sessuali femminili. Man mano poi che gli esseri umani si sviluppano e crescono l’influsso di tali ormoni continua ad esprimersi in svariate forme e modalità. L’autore mette bene in luce l’intreccio tra influenze ormonali, cambiamenti fisici, determinismi socioculturali e aspetti psichici che incidono sia sulla diversità morfologica e funzionale fra i due sessi, sia sulla maggiore o minore precocità in taluni campi dello sviluppo. Egli afferma tra l’altro2: “Il pensiero corrente porta a credere che lo sviluppo dei maschi umani sia più facile di quello delle femmine. Si dovrebbe invece dire che, se è vero che una larga parte dei maschi ha avuto nel corso della storia dell’umanità maggiori possibilità di affermazione, il loro sviluppo psico-neurologico non è affatto più facile. La maggiore In una recente opera, il celebre neuropsichiatra Boris Cyrunik illustra, anche attraverso sapienti confronti con il mondo animale, i complessi e affascinanti meccanismi del percorso di differenziazione tra maschi e femmine. La Rivista · Giugno 2024 37

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