La Rivista

ne del rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL). Le cifre mostrano che la riduzione degli indebitamenti eccessivi fa fatica a procedere a livello complessivo. Ci sono anche esempi di Paesi, e tra questi la Svizzera appunto, che stanno limitando l’indebitamento, riducendolo dopo balzi precedenti o continuando a mantenerlo basso. Sono però ancora molti gli Stati che non cessano di aumentare l’indebitamento e tra questi ci sono anche alcuni Paesi di grande taglia. Guardando al debito pubblico/PIL a livello mondiale, si può vedere come nel 2019 il rapporto fosse 84,2%. Nel 2020 l’esplosione della pandemia ha portato ad interventi straordinari degli Stati e l’indebitamento è salito al 99,4%. Dopo questo balzo di più di 15 punti, sarebbe stato necessario tornare, nell’arco di alcuni anni, almeno ai livelli pre pandemia. Ma la discesa c’è stata solo nel 2021 (94,7%) e nel 2022 (91,3%). Poi, nel 2023, c’è stato un aumento al 93,2%. Per quest’anno l’fmi prevede un lieve incremento al 93,8% e per gli anni successivi indica altri aumenti, sino al 98,8% nel 2029. Occorre qui ricordare due fattori. Il primo è che una parte consistente degli esperti ha sempre affermato che l’indebitamento pubblico dovrebbe essere lontano dal 100% del PIL (i famosi parametri dell’eurozona indicano un tetto al 60%). Il secondo è che un rallentamento del Prodotto interno non può essere preso come ragione per giustificare un aumento costante dell’indebitamento. Compito degli Stati è anche quello di gestire i conti pubblici in maniera che si ristabilisca un equilibrio soddisfacente. Dall’analisi dell’fmi emerge che delle 37 economie avanzate, o molto sviluppate che dir si voglia, 20 sono in un percorso di riduzione del debito pubblico/PIL da qui al 2029, mentre altre 17 stanno ancora incrementando l’indebitamento. Iniziamo dai Paesi virtuosi o volonterosi, facendo alcuni esempi. La Svizzera è prevista quest’anno al 36% e dovrebbe scendere gradualmente sino al 31% nel 2029. Anche la Svezia è indicata al 36% ora, con il 31% tra cinque anni. La Norvegia viene vista rispettivamente al 38% e al 30%. L’Irlanda dovrebbe passare dal 41% attuale al 32% nel 2029. Nello stesso periodo di tempo la Nuova Zelanda dovrebbe scendere dal 47% al 45%, l’Australia dal 49% al 43%, la Germania dal 63% al 57%. I livelli eccessivi Bisogna dire che ci sono anche alcuni Paesi che stanno sì diminuendo l’indebitamento pubblico, ma al tempo stesso lo stanno mantenendo a livelli comunque ancora eccessivi. Anche qui facciamo esempi. Il Giappone, Paese super indebitato, è quest’anno al 254% e dovrebbe scendere solo sino al 251% nel 2029; sta facendo meglio la Grecia, che è ora al 158% e dovrebbe essere al 138% tra cinque anni; la Spagna dal canto suo è al 106% e dovrebbe registrare una discesa sino al 104% nel 2029; guardando all’area nordamericana, il Canada è attualmente al 104% ed è previsto al 95% tra cinque anni. Occorre poi fare alcuni esempi di Paesi non virtuosi e non volonterosi, Paesi cioè che stanno ulteriormente aumentando l’indebitamento pubblico. L’Italia viene vista dall’fmi al 139% quest’anno e al 144% nel 2029; gli Stati Uniti sono ora al 123% e sono previsti al 133% nel 2029; la Francia è al 111% ed è prevista al 115% tra cinque anni; il Belgio è al 105% e dovrebbe essere al 115% nel 2029; il Regno Unito ha un indebitamento pubblico che è ora del 104% e che dovrebbe salire sino al 110% del 2029. Come si vede, tra i Paesi che non stanno comprimendo l’indebitamento ci sono anche attori con economie di grande taglia, che fanno così pendere la bilancia mondiale del debito pubblico /PIL dalla parte del peggioramento. Questo per quel che riguarda, come detto, le economie avanzate. Le dinamiche dei Paesi emergenti o in via di sviluppo sono diverse, anche sui conti pubblici. Ma il problema dell’indebitamento non è completamente In genere la via migliore per lottare contro deficit e indebitamenti eccessivi non è l’aumento continuato dell’imposizione fiscale, che può essere ingiusto e frenare la crescita, bensì il taglio delle spese pubbliche improduttive La Rivista · Giugno 2024 12

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