La Rivista

popolo e di campagna. La città dal punto di vista gastronomico, non ha aggiunto molto, si è limitata ad accogliere le genti e a mescolare le diverse culture. La ricotta romana si distingue per la pasta più densa e granulosa. La ritroviamo in molte ricette tradizionali, nei ripieni delle paste fresche, mescolata alle verdure con lo scopo di ammorbidire gli impasti senza appesantirli, ma anche usata come base di dolci e crostate. Un’arte casearia vera e propria, dunque, anche se l’inizio del Medioevo ha visto nascere molti pregiudizi nei confronti del formaggio, soprattutto verso gli ignoti meccanismi di coagulazione e fermentazione, visti con sospetto tanto che i trattati di dietetica dell’epoca ne limitavano il consumo, ritenendo che solo piccole dosi di formaggio non nuocessero alla salute. Più tardi il formaggio, fino allora considerato il cibo dei poveri, è stato riabilitato tanto da sostituire la carne nei giorni di astinenza infrasettimanale di Vigilia e Quaresima. Più avanti, sono stati i monasteri a dare un importante impulso alla produzione casearia: gli allevamenti di bovini stanziali nelle abbazie e le attività economico-rurali svolte dai monaci hanno permesso la nascita di nuove varietà di formaggio. Gli antichi romani apprezzavano molto il pecorino romano: nei palazzi imperiali era considerato il giusto condimento durante i banchetti, mentre la sua capacità di lunga conservazione ne faceva un alimento base per le razioni delle legioni romane durante i loro viaggi. Storicamente parlando il pecorino sembra avere un antenato nel Caciofiore: un formaggio prodotto con il caglio vegetale ottenuto dal fiore del cardo selvatico (Cynara cardunculus). Ora, nella campagna romana, dove il cardo e il carciofo hanno il loro habitat naturale, è ripresa una nuova produzione: quattro produttori utilizzano il fiore di cardo, appositamente coltivato, come caglio e offrono pecorini a latte crudo dal sapore antico. Toscano, Romano, Sardo: tanti modi per dire “PECORINO”. Nella categoria dei formaggi pecorini ne abbiamo già parlato a partire dal Pecorino Toscano DOP, la cui area di produzione coincide con l’intero territorio regionale: fragrante e sapido, si caratterizza per la consistenza compatta e tenace della pasta. In Umbria spiccano invece il Pecorino di Norcia e quello della Valnerina prodotti da latte ovino intero che presentano un sapore piccante, che tende ad attenuarsi col progredire della stagionatura (che va dai 120 ai 180 giorni). Dall’Umbria al Lazio il passo è breve e ci porta a citare il Pecorino Romano DOP: pasta dura e compatta, dal sapore aromatico e leggermente piccante, è protagonista anche di piatti della tradizione romana, come la famosa pasta cacio e pepe. Nonostante il nome, tuttavia, il Pecorino Romano è un prodotto interregionale: l’area di produzione comprende, infatti, anche la provincia di Grosseto (in Toscana) e la Sardegna. I formaggi DOP… Si definiscono prodotti agro-alimentari tradizionali, le produzioni tipiche di un territorio che si distinguono per i metodi di lavorazione o conservazione o stagionatura secondo regole tradizionali che si protraggono nel tempo inalterati per un periodo minimo di 25 anni (è infatti così sancito dall’art. 8 del d. Lgsl. n. 173 del 30 aprile 1998 e successivo Decreto n. 350 del 8 settembre 1999). Nella Regione Lazio sono stati individuati 350 prodotti che rispondono alle caratteristiche di peculiarità tradizionale; tra questi vi sono indiscutibilmente i formaggi. Il prodotto di punta è sicuramente il pecorino romano DOP, ma da diversi anni stanno avanzando anche sulle tavole altre tradizioni pastorizie antiche e di gran gusto come il,Conciato di San Vittore DOP, il Pecorino del Picinisco DOP, per citare alcuni prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento DOP o DOC. Il Pecorino Romano DOP è un formaggio a pasta dura prodotto da latte proveniente da greggi allevate allo stato brado e alimentate su pascoli naturali. Un prodotto caseario simbolo storico della gastronomia italiana La Rivista · Giugno 2024 85

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