La Rivista

Luglio-Settembre 2024 n. 03 - Anno 115 Vigneto Italia Alla salute (?) Pag 89-96 Il Mondo in Camera

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Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch La Rivista Editoriale della produzione (per certi versi, non necessariamente un danno). Si pensi, riferendoci all’anno in corso, agli effetti delle abbondanti piogge primaverili al nord, ma soprattutto della siccità al Sud, in Sicilia in particolare. D’altro canto, il fenomeno del riscaldamento climatico ha ormai un effetto dirompente sui vigneti. In 40 anni la vendemmia è stata anticipata di 2-3 settimane. Se il riscaldamento climatico arrivasse a 2 gradi (ora siamo a 1,4), il 90% delle regioni vinicole tradizionali situate nelle pianure e nelle regioni costiere di Italia, Spagna e Grecia rischierebbe di scomparire entro la fine del secolo, a tutto vantaggio delle latitudini settentrionali, con la Gran Bretagna già entrata tra le nazioni produttrici di discreto livello e, ormai senza sorpresa (?), della Svezia, che negli ultimi cinque anni ha raddoppiato il numero di ettari coltivabili a vite, puntando a sviluppare una vera e propria industria vitivinicola locale. Il rapporto 2023 dell’Oiv, Organizzazione internazionale della vite e del vino, ci offre un anticipo di questo scenario: se nel mondo la produzione è calata mediamente del 10%, in Paesi caldi come l’Italia e la Spagna si è scesi del 23% e del 21%, arrivando rispettivamente a 38 e 28 milioni di ettolitri (dati del 2023*). A ciò si aggiungono cambiamenti culturali. Nuovi stili di vita, attenzione alla salute e ad un consumo responsabile, in modo particolare fra le giovani generazioni, determinano un calo del consumo del vino a vantaggio di alternative a basso o nullo contenuto di alcol, che guadagnano popolarità e rappresentano una forte concorrenza. (resistono i boomers, che, loro malgrado, fisiologicamente, buona parte del futuro l’hanno dietro alle spalle). Colpa (merito?) anche della campagna dissuasiva alimentata dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, e cavalcata anche da alcuni paesi Ue, come l’Irlanda, che è giunta ad ipotizzare la necessità di accompagnare le etichette del vino con messaggi e immagini tipo quelli che appaiono sui pacchetti di sigarette: “nuoce gravemente alla salute”. Una sorta di memento mori. Un bollino nero - suggerito su proposta di Serge Hercberg, nutrizionista ed epidemiologo francese a cui si deve l’invenzione del Nutriscore, di cui abbiamo parlato sul numero scorso della Rivista – da apporre sulla bottiglia di vino, che, in nome di un salutismo armato, potrebbe cancellare una parte della gioia di vivere e del Pil italiano**. È vero. C’è stata una stagione nella quale gli appassionati, ma anche gli esperti, sbandieravano presunte proprietà antiossidanti del resveratrolo, sostanza contenuta nel vino, e prodigi per la salute psicofisica, sia pure limitati a un bicchiere di vino al giorno. Sembra che le cose non stiano così. Anche se, come sovente accade, tutti noi, che confidiamo nella competenza e nella scienza, un poco disorientati lo siamo di fronte a quegli studiosi che, sulla base delle stesse osservazioni, traggono conclusioni opposte. Comunque, senza indugiare sul paradosso, magari sostenendo che anche guidare la macchina, salire su un aereo, accendere il gas, mangiare pesce, portare un cercapersone, amare qualcuno, prendersela troppo può comportare dei rischi; oppure, che poltrire sul divano favorisce il diabete, che camminando si può inciampare; o addirittura che anche respirare può essere dannoso (non farlo di solito può essere letale), forse, ammettendo che eccedere è sempre pericoloso, si potrebbero individuare modalità meno apocalittiche per segnalare gli eventuali i rischi derivati da un bicchiere di vino (anche se accompagnato da culatello e gnocco fritto o da un velo di lardo di colonnata?). D’altronde, si fa notare: una delle (sane?) abitudini alla quale tendenzialmente non vorremo mai trovarci nelle condizioni di dover rinunciare, pur consapevoli che ha un sicuro tasso di mortalità, è vivere. Alla salute (?). *Per il 2024 le previsioni Istat (che differiscono per eccesso, difficile capire perché, da quelli del MAAF, Ministero delle politiche agricole alimentari e foreste) si prevede una produzione di 41 milioni di ettolitri, ampiamente sotto non solo annate come il 2018 (54 milioni) ma anche sotto la media decennale, che si colloca attorno ai 47 milioni di ettolitri. ** Il vino rappresenta per l’Italia (tra impatto diretto, indiretto e indotto) una produzione annua di 45,2 miliardi di euro, un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro e oltre 300'000 posti di lavoro. Ci stavamo convincendo: il futuro potrebbe essere rosé. La prospettiva si stava delineando avvolgente. Infatti, nello specifico, la sfida, confortata dai numeri, parrebbe vinta: il vino rosato (rosé), va da sé, grazie ad una massiccia ed efficace operazione di marketing ma anche a prodotti di apprezzabile qualità, si sta insinuando, gustosamente con successo, nelle nostre abitudini alimentari. Eppure, il futuro del vino (non solo quello, ahinoi) potrebbe non essere roseo. La preoccupazione è diffusa. Cause ed effetti si inseguono e si confondono, spesso concatenati: cambiamenti climatici, calo delle vendite, quindi dei consumi, ma anche della produzione, crescita delle giacenze, instabilità geopolitica, disaffezione dei giovani, mutamento di stili di vita, particolare attenzione alla salute, diminuzione del potere d’acquisto… È una costatazione, tanto vale prenderne atto: i consumi di vino sono in costante diminuzione. In Italia, nel 2010, era di 55,8 litri pro capite, quello complessivo: di 21 milioni di ettolitri. I dati previsti per il 2024 ci parlano di un consumo pro capite di 26,3 litri e di uno complessivo di 10,3 milioni di ettolitri. Numeri implacabili, di fronte ai quali è difficile sostenere – come si fa talvolta consolatoriamente parlando del clima – che nella storia del vino ci sono sempre stati alti e bassi e quindi (nel caso specifico, non per la questione climatica) i produttori dovrebbero avere una visione a lungo termine ed essere pazienti, passando dal puntare sulla quantità a credere nella qualità. Cambiamento di rotta, per altro, che in Italia è stato fatto. Quanto meno, a partire dallo scandalo del metanolo. Ho già sommariamente elencato le ragioni principali. L'instabilità economica che riduce il potere d'acquisto. Che, a sua volta, induce a cercare alternative più accessibili. Il maltempo, che influisce sulle vendemmie, provocando un crollo

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SOMMARIO 34 Italia e Svizzera rafforzano la collaborazione transfrontaliera nuovi progetti per la mobilità sostenibile sui laghi L’abbazia Fraumünster di Zurigo e l’istallazione artistica Katharinenturm 1 Editoriale 7 Italiche Impiegare capitali sugli investimenti, per spingere produttività e crescita del Paese 11 Elvetiche Per la Svizzera una conferma della sua capacità di tenuta 15 Europee Una nuova Commissione e la sfida per la competitività 18 Novità in Gazzetta Ufficiale 22 Angolo Legale Milionari alla prova del fisco Governi e cittadini ripensano la fiscalità per i soggetti facoltosi 26 Cultura d’Impresa Coaching e Intelligenza Artificiale 30 Con Alice Zantedeschi e Francesca Pievani Dal marmo al tessuto – innovazione rivoluzionaria del tessile italiano 38 Vigneto Italia In Copertina Il Vigneto Italia alle prese con gli scenari del cambio climatico e del calo di consumi 56 42 Il vino italiano all’estero Il dato Svizzera 43 Presentato il rapporto Io sono Cultura 2024 104,3 miliardi dal settore che occupa 1,5 milioni di addetti 47 Elefante Invisibile Sbagliando si impara? 50 Amadeo Peter Giannini «l’italiano che fondò la Bank of America» 50 Amadeo Peter Giannini «l’italiano che fondò la Bank of America» 58 Giuseppe De Nittis: un impressionista dimenticato 63 La lingua batte dove… Esperimento televisivo 66 Visioni del Tempo I volti enigmatici del tempo: esplorazione delle complicazioni delle ore vagabonde, saltanti e retrograde ccis.ch/la-rivista La Rivista · Settembre 2024 4

Assocamerestero in visita alle sedi della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera 94 Editore - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Art Director - Marco DE STEFANO Collaboratori C. BIANCHI PORRO, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, D. COSENTINO, L. D’ALESSANDRO, R. DE ROSA, N.FIGUNDIO, G.SORGE, M. FORMENTI, P. FUSO, T. GAUDIMONTE, T. GATANI, R. LETTIERI, F.MACRÌ, S. MIGNANO, V. PANSA, E.PERVERSI, N.TANZI, L.TERLIZZI La Rivista Redazione e Pubblicità Veronica SADDI Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. +41(0)44 289 23 26 Fax +41(0)44 201 53 57 www.larivista.ch vsaddi@ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. 0041(0)44 2892326 Fax 0041(0)44 2015357 E-mail: info@larivista.ch Abbonamento annuo Chf. 40.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 4 volte l’anno. Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 Fax +39 0332 510715 www.nastroenastro.it 70 Tele-visioni SRG SSR: dalla riorganizzazione all’Eurovision Song Contest 2025 72 La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri Nelle sale il nuovo lungometraggio di Samir 74 Il programma di Zurigo in Italiano 78 Note Italiane 80 Intervista Giulio Mariani in arte Jude & Frank "Amo gli elementi etnici" 82 La dieta rivista L'ascesa dei prodotti vegetali: tra polemiche e opportunità per una dieta equilibrata 84 Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia: la Campania 89 Il mondo in Camera • Industrial Forum Italo Svizzero A Lugano l’eccellenza dell’ecosistema industriale internazionale • Il 12 novembre a Ginevra la prima edizione Swiss Italian Start Up Award • Nuovi Gruppi camerali L’Italian Tech Hub… e … l’Esperia Art • Assocamerestero in visita alle sedi della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera La Rivista · Settembre 2024 5

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Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo intervento al meeting di Rimini, introdotto dal presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, ha parlato in gran parte di Europa che può assicurarci un domani migliore. Impiegare capitali sugli investimenti, per spingere produttività e crescita del Paese di Corrado Bianchi Porro importante è un episodio anomalo o diventerà un elemento caratteristico del nuovo modello di sviluppo? Le vostre domande, ha risposto Fabio Panetta, non rappresentano semplici curiosità; hanno a che fare con l’evoluzione attuale dell’economia e toccano punti importanti in elementi dibattuti e persino controversi. La politica fiscale avrà un ruolo maggiore in futuro? Probabilmente sì, ha detto, in funzione di una stabilizzazione civica rispetto al passato per due motivi principali. Il primo è che gli eventi inattesi, quelli che gli economisti chiamano gli shock economici, sono diventati più frequenti e – rispetto al passato – appaiono in misura maggiore “globali” e molto ampi. A volte, dunque, la sola politica monetaria è impossibilitata ad esaurire il suo compito. L’esempio è la pandemia: quando è scoppiata, siamo tutti rimasti in casa in lockdown. Vi era infatti una crisi di fiducia, depressione dei consumi e degli investimenti e la sola politica monetaria non riusciva a sostenere la domanda, perché lo shock era apparso troppo ampio ed importante. Inoltre, i tassi d’interesse della Banca Centrale Europea erano già negativi e non si poteva andare ulteriormente verso il basso. Vi è un evidente limite alla possibilità di farlo. In quel momento, serviva alla stabilizzazione monetaria il contributo della politica fiscale. Secondo motivo: Dopo la devastazione della seconda guerra mondiale – ha detto – il compito essenziale per l’Europa è divenuto finalmente chiaro: costruire una società prospera e soprattutto pacifica. Il Governatore ha richiamato all’urgenza di ridurre il debito pubblico, in quanto l’Italia spende oggi per interessi quanto per tutta l’istruzione. Meglio impiegare questi capitali sugli investimenti, per spingere produttività e crescita del Paese. Servono infine più immigrati regolari per sovvertire il trend demografico e l’invecchiamento della popolazione. Dopo la sua relazio- ne, Fabio Panetta ha pure voluto rispondere alle puntuali domande dei giovani che hanno affollato il meeting per discutere e illustrare in proposito il suo pensiero. Gli interrogativi dei giovani: la fiscalità Luca Farè, ricercatore in economia, ha posto una domanda sul ruolo delle politiche pubbliche e in particolare sulle politiche fiscali che hanno assunto crescente rilevanza in questa fase di profonda incertezza e di instabilità economiche. Negli ultimi anni, complici anche le emergenze abbiamo assistito a un incremento dell’intervento pubblico (anche se necessario) pervasivo, rispetto al passato. Questa presenza sempre più La Rivista Italiche La Rivista · Settembre 2024 7

gli shock registrati negli anni passati sono stati di “offerta”. C’è infatti lo shock della domanda che colpisce consumi e investimenti, principali componenti della domanda stessa, ma ci sono anche quelli di “offerta”. Sono quelli che colpiscono la produzione. La politica monetaria ha effetti ed è efficace sul lato della domanda, perché sia i consumi che gli investimenti rispondono all’evoluzione dei tassi d’interesse. Quando ci sono invece traumi dell’offerta sull’incentivo a produrre, la politica monetaria ha minore capacità di impatto. Così deve intervenire la politica fiscale. Quando il prezzo del petrolio è aumentato gli anni scorsi per effetto dell’aggressione russa all’Ucraina, la politica monetaria poteva fare ben poco. Il petrolio è infatti un bene il cui prezzo si determina sui mercati internazionali e non risponde alla politica monetaria dell’Europa. È un prezzo del bene fissato da un cartello di produttori, l’Opec e da alcuni Paesi che - al suo interno - hanno notevole influenza. In quella fase sono intervenuti i Governi per sussidiare i consumi di energia, cercando così di dilazionare e spalmare nel tempo l’effetto di aumento nella speranza che ciò avesse effetti permanenti sulla capacità produttiva. Così la politica fiscale è intervenuta per incentivare il passaggio dall’utilizzo dell’energia fossile a quelle alternative come il solare, l’eolico e parte del programma PNRR italiano è incentrato su questo specifico punto. Questo non significa che la politica fiscale comporterà deficit maggiori perché si tratta di interventi anticiclici, più espansivi quando l’economia è in fase di rallentamento e meno generosi quando l’economia tende a crescere. Poca finanza per le imprese Andrea Viola, esperto del settore, ha sollecitato una questione del sistema bancario. Negli ultimi anni, grazie alla politica monetaria dell’UE, gli istituti hanno assistito ad una crescita del loro margine d’interesse e dei profitti, ma per il mondo delle imprese si è verificata una decrescita del credito, specie per le imprese di piccole dimensioni. Poiché esse hanno come fonte principale il credito bancario, come possono le banche esser chiamate ad agire in tale contesto per favorirne il supporto ed aiutarle a crescere dimensionalmente? Il sistema bancario – ha commentato Panetta - ha registrato profitti molto rilevanti per due motivi essenziali. Il primo è dovuto alla politica monetaria per risollevare la domanda in Europa. La BCE è in effetti intervenuta con una grande offerta di liquidità. Successivamente c’è stato l’emergere dell’inflazione e si sono alzati i tassi in modo molto rapido. Questa congiunzione tra tanta liquidità e tassi in crescita ha determinato un aumento dei tassi sui prestiti assieme ad una stabilità per quelli sui depositi, perché le banche non avevano bisogno di competere tra di loro per ottenere raccolta sul mercato dei depositi che sono rimasti a livelli molto bassi. Quindi il risultato è un effetto della politica monetaria. Il secondo motivo è che abbiamo avuto inizialmente una recessione e poi una ripresa con due fasi di profitti, perché i Governi sono intervenuti a sussidiare il lavoro ed a sostenere le aziende. In Italia abbiamo avuto gli interventi della Cassa integrazione e guadagni. Quindi insolvenze non ce ne sono state molte. È stato fatto questo per motivi di politica economica, ma l’effetto è che le banche hanno evidenziato molti profitti. Ora, il credito alle imprese si sta riducendo. Questo è soprattutto un effetto di domanda. Le imprese oggi hanno molti profitti, gli investimenti stanno crescendo meno rispetto al passato e comunque hanno meno bisogno di credito. Non c’è dubbio però che i Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta durante il suo intervento al Meeting di Rimini La Rivista · Settembre 2024 8

profitti non dureranno per sempre: l’economia sta rallentando e vi sarà bisogno che le banche sostengano con gli investimenti le imprese, l’attività produttiva e la domanda. Come le banche possono dunque aiutare le imprese a crescere di dimensione? Certamente dando assistenza finanziaria che favorisca una diversificazione delle fonti di finanziamento, offrendo servizi, consulenza e trasferendo conoscenze non solo finanziarie. Ma le banche non possono interferire in tutte le fasi della vita di un’azienda. Le imprese italiane sono piccole, per motivi che non hanno a che fare col credito. In alcuni casi vi è una carenza di capitale umano; non è spesso facile per il manager di una piccola impresa diventare manager di una grande azienda e quindi magari trovano ottimale conservare dimensioni ridotte. Vi può poi essere una riluttanza ad aprirsi a soci esterni. Quando un’azienda cresce dimensionalmente, deve attrarre capitali dall’esterno; può rappresentare una riluttanza anche culturale da parte del capitalismo familiare italiano ad aprirsi all’esterno. Oppure, vi può essere anche qualche motivo deteriore; più si cresce e più si è soggetti a visibilità, a norme amministrative che possono essere costose, vi può essere in alcuni la tentazione di non rispettare tutte le regole e si preferisce lo “status quo”. Quindi, le banche possono aiutare le imprese a crescere, ma vi sono altri fattori che vanno al di là del loro impegno. Un mercato europeo ancora frammentato Anna Calvi ha posto infine la questione del mercato dei capitali, posto che le piazze europee sono assai frammentate nel confronto internazionale e del mondo anglosassone. Quali dunque i cambiamenti necessari per attrarre maggiori risorse e quale ruolo può svolgere il mercato dei capitali per facilitare la crescita e accelerare la produttività delle imprese? Il mercato dei capitali unico: sicuramente è un obiettivo essenziale dell’Unione europea. Nell’Unione monetaria vi sarebbe la condivisione del rischio nel bilancio pubblico globale e questo ovviamente non ce l’abbiamo. Il secondo modo in cui si condividono i rischi tra le varie regioni dell’Unione monetaria è il mercato dei capitali. Io, italiano, compro titoli di una società localizzata in Germania e quei titoli seguiranno le sorti dell’economia tedesca così diversifico i miei rischi. Noi non abbiamo nessuno di questi due canali e sarebbe certo importante avere un mercato dei capitali unico per favorire la condivisione dei rischi. Perché dunque non si sviluppa? Io credo che il motivo principale sia il fatto che manca un titolo pubblico europeo privo di rischio. Se considerate la storia dei mercati finanziari più importanti del mondo, tutti sono nati intorno a queste precise indicazioni. Prendiamo il caso degli Stati Uniti; la costruzione del sistema ferroviario dopo la guerra civile è sorta emettendo titoli pubblici. Tale emissione ha comportato l’esigenza di una serie di altri servizi finanziari, di custodia, di gestione. Sono attività che sono sorte nel tempo attorno al nucleo principale. E questo è vero anche per il Regno Unito e altri principali mercati. Gran parte delle attività finanziarie si sono sviluppate partendo da un titolo privo di rischio per promuovere la diversificazione di portafoglio oppure la definizione dei prezzi dei prodotti derivati. Tutto parte da una base sicura che è il titolo privo di rischio. Non abbiamo questo, non abbiamo ad oggi innovato la Governance europea per arrivare a una emissione di titoli comuni privi di rischio e sarà dunque difficile avere il mercato unico dei capitali europeo. La Rivista Italiche Molte le domande puntuali che i giovani che hanno affollato il meeting hanno rivolto a Panetta. La Rivista · Settembre 2024 9

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L’incremento del PIL nella fase è contenuto, è opportuno però non sottovalutare il fatto che l’economia va meglio di molte altre Per la Svizzera una conferma della sua capacità di tenuta di Lino Terlizzi mondo. Tuttavia, le cifre, sia quelle già registrate sia quelle previste, indicano che sulla base degli elementi esistenti la Svizzera esprime ancora un buon grado di resilienza. Il Prodotto interno lordo Dopo aver ottenuto nel 2023 una crescita economica dell’1,2%, la Svizzera nel 2024 ha archiviato un primo trimestre in lieve aumento e un secondo trimestre invece in crescita più pronunciata. Nel suo aggiornamento di settembre, la SECO prevede per quest’anno una crescita del Prodotto interno lordo (PIL) elvetico pari all’1,2%, invariato rispetto alle sue stime del giugno scorso; per il 2025 la nuova previsione è 1,6%, 0,1 punti in meno rispetto a quanto stimato a giugno e comunque ancora in progresso in rapporto a quest’anno. La Svizzera ha evitato la recessione e continua a rimanere in area crescita. Il contesto internazionale, complicato soprattutto sul versante geopolitico ed in parte anche su quello direttamente economico, non consente un grande ritmo di crescita. Ma la tenuta dell’economia elvetica c’è. Al di là del rallentamento degli ultimi due anni, inevitabile proprio considerando il contesto mondiale, la Svizzera sta mostrando ancora una volta una resilienza non secondaria. L’analisi e le previsioni della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), rese note il 19 settembre, hanno confermato in buona sostanza la tenuta rossocrociata. La stessa SECO ha ricordato tutti i rischi presenti, a cominciare da quelli relativi ai riflessi dei conflitti armati nel La Rivista Elvetiche I dati indicati sono al netto degli eventi sportivi, occorre infatti precisare che la Svizzera è sede di grandi organizzazioni dello sport (tra le quali FIFA ed UEFA), che con le loro manifestazioni internazionali creano un indotto economico La Rivista · Settembre 2024 11

I dati sin qui indicati sono al netto degli eventi sportivi, occorre infatti precisare che la Svizzera è sede di grandi organizzazioni dello sport (tra le quali FIFA ed UEFA), che con le loro manifestazioni internazionali creano un indotto economico. E il PIL elvetico al lordo degli eventi sportivi è visto dalla SECO in aumento dell’1,6% nel 2024 (stima invariata) e dell’1,2% nel 2025 (-0,1 punti rispetto alle previsioni di giugno). La SECO ha reso note anche le sue previsioni per le maggiori aree economiche mondiali. Per gli Stati Uniti prevede una crescita del 2,6% quest’anno e dell’1,8% il prossimo, per l’Eurozona rispettivamente 0,7% e 1,5% (con la Germania a 0,1%% e 1,1%, dunque in uscita dalla recessione), per il Regno Unito 1,1% e 1,4%, per il Giappone -0,2% e 0,9%, per la Cina 4,8% e 4,4%. Il quadro che ne esce è per il 2024 di miglioramento rispetto al 2023 per Stati Uniti, Eurozona, Germania, Regno Unito. Per il Giappone c’è invece una previsione di non crescita quest’anno, con una ripresa il prossimo. Per la Cina la previsione è di un rallentamento sia quest’anno sia il prossimo, dopo il rimbalzo del 2023. Guardando all’insieme di queste cifre, si può vedere come la Svizzera nel complesso si stia ancora una volta difendendo bene. Il calo dell’inflazione È sempre utile osservare anche ciò che accade sul versante del rincaro. Nell’agosto di quest’anno il tasso elvetico di inflazione su base annua si è fermato all’1,1%, una percentuale che è molto inferiore al picco del 3,5% dell’agosto 2022 e che è ben dentro la fascia 0%-2%, che rappresenta l’obiettivo della Banca nazionale svizzera (BNS) in media annua (l’obiettivo è dunque per l’anno intero e non solo per una parte di questo). In parallelo all’allentarsi dell’inflazione, la BNS ha attuato tagli al tasso di interesse guida sul franco. Sul fronte dell’inflazione la SECO nel suo aggiornamento di settembre prevede nel 2024 una media annua dell’1,2% (la previsione precedente era 1,4%) e nel 2025 dello 0,7% (stima precedente 1,1%). Il rincaro potrebbe quindi scendere più di quanto prima previsto. Occorre ricordare che a limitare l’inflazione elvetica contribuisce anche la forza del franco - qui c’è la faccia positiva della valuta forte - che rende di fatto meno care le importazioni. Nelle principali aree economiche l’inflazione anche è calata nel corso del 2024, ma il livello resta in molti casi più alto di quello elvetico. Prendendo i dati disponibili sino a settembre, si può vedere come negli Stati Uniti l’inflazione su base annua in agosto fosse del 2,5% (indice CPI). Nell’Eurozona nello stesso mese era del 2,2%. Nel Regno Unito l’inflazione in agosto è stata pure del 2,2% (indice CPI). In Giappone in luglio è stata del 2,8%. In Cina il rincaro in agosto è stato dello 0,6%. Se si toglie appunto l’economia cinese, che ha equilibri diversi rispetto a quelli delle economie che sono pienamente di mercato, tutte le altre aree maggiori hanno un’inflazione superiore a quella elvetica, nonostante i progressi registrati ovunque nella battaglia contro il rincaro alto. La classica linea anti inflazione, applicata con rigore dalla Svizzera in questa come in altre fasi, ha permesso di contenere i danni alle latitudini elvetiche durante l’ondata di rincari che si è verificata nel 2022 ed in parte nel 2023. I posti di lavoro Per la SECO a frenare il ritmo dell’economia svizzera, che peraltro appunto sta tenendo meglio di altre, sono il passo non veloce dell’economia mondiale, l’andamento non ideale degli investimenti, alcuni ostacoli per le esportazioni, dovuti sia al quadro globale sia all’apprezzamento del franco (anche se poi nel complesso è previsto comunque un aumento dell’export elvetico nel 2024 e nel 2025). Quest’ultimo fattore è in un certo senso l’altra faccia, quella non positiva, della forza della valuta. D’altro canto, la tenuta dell’economia elvetica e dunque l’assenza di recessione sono determinate soprattutto dal buon livello dei consumi e da una situazione nel complesso ancora soddisfacente per il mercato del lavoro. Questi ultimi due elementi hanno un legame, infatti è anche la disoccupazione non elevata a contribuire alla tenuta dei consumi. Con una crescita economica buona ma moderata, è inevitabile che la disoccupazione non sia più ai minimi, tuttavia, il quadro elvetico degli impieghi rimane apprezzabile. In agosto il tasso svizzero di senza lavoro si è attestato al 2,4%. La media annua della disoccupazione elvetica secondo la SECO è stata nel 2023 del 2% e dovrebbe essere del 2,4% quest’anno e del 2,6% il prossimo. Nonostante questo aumento in corso, i livelli restano contenuti rispetto a quelli della gran parte degli altri Paesi sviluppati. Anche qui facciamo alcuni esempi. Nell’agosto di quest’anno il tasso di disoccupazione era del 4,2% negli Stati Uniti e del 5,3% in Cina. In luglio era del 6,4% nell’Eurozona, del 4,1% nel Regno Unito, del 2,7% in Giappone. Da un lato occorre La Rivista · Settembre 2024 12

dire che nonostante il rallentamento economico c’è stata una tenuta complessiva superiore alle attese per molti mercati del lavoro, dall’altro si può ribadire che la Svizzera va meglio di tanti altri e rimane nel plotone di testa dei Paesi a basso tasso di disoccupazione. La BNS e i tassi La BNS è stata tra le prime banche centrali ad iniziare nei mesi scorsi i tagli al tasso di interesse di riferimento, invertendo la rotta dopo la fase di rialzi dello stesso tasso, attuati in funzione anti inflazione. La Banca nazionale svizzera ha potuto cambiare la linea prima di altri perché il rincaro nella Confederazione dapprima non ha raggiunto i picchi registrati in altre aree economiche ed in seguito è sceso in modo relativamente veloce (verso la citata fascia-obiettivo dello 0%-2%). Il rialzo del tasso guida in Svizzera ha dunque funzionato come e più che altrove. La forza del franco d’altronde ha contribuito, come visto, alla lotta contro il rincaro. Le altre maggiori banche centrali hanno come obiettivo un’inflazione media annua del 2%, dunque sul rincaro sono per così dire meno ambiziose della BNS. La Banca centrale europea (BCE) ha pure iniziato ad attuare tagli al tasso di riferimento sull’euro nei mesi scorsi, dopo la BNS. La Banca d’Inghilterra (BoE) è arrivata ancora dopo. L’ultima tra le principali banche centrali a muoversi, in ordine di tempo, è stata poi l’americana Federal Reserve (Fed), che ha aperto la sua via al taglio dei tassi di riferimento sul dollaro in settembre. Controcorrente, ancora una volta, la Banca del Giappone (BoJ), che al contrario della Fed in settembre rimaneva con il tasso di riferimento ritoccato all’insù (ma occorre tener presente che i tassi nipponici nonostante i rialzi restano comunque bassi nel raffronto internazionale). Anche sul versante dei tassi di interesse, cioè del costo del denaro, la Svizzera rimane quindi ben posizionata, lontana da un Giappone ancora segnato dai molti anni di tassi negativi (sotto lo zero), e però al tempo stesso con un tasso guida inferiore a quelli delle maggiori aree economiche. Bisogna tener presente che tassi di interesse più bassi (se possibile senza tornare appunto ai tassi negativi, sperimentati anche in Svizzera) sono positivi perché favoriscono gli investimenti ed i consumi. Quando l’inflazione esce dagli argini è giusto e necessario alzare i tassi, quando l’inflazione rientra è opportuno ridurre i tassi, per aiutare la crescita economica. I livelli del franco Se da un lato la Banca nazionale svizzera può contare su un terreno elvetico storicamente ben arato in senso anti inflazione, dall’altro l’istituto centrale rossocrociato deve più di altri tener presente il livello della moneta. Il franco tende ad essere molto forte, sia perché riflette la solidità di fondo dell’economia svizzera e del sistema Paese, sia perché è richiesto da investitori elvetici ed esteri alla ricerca di approdi sicuri. Quando i tassi di interesse relativi ad una valuta vengono alzati, è più facile che questa valuta assuma maggior valore; viceversa, in genere accade quando i tassi vengono tagliati. L’obiettivo di sempre della BNS è avere un equilibrio che consenta da una parte di avere una moneta forte che aiuti contro l’inflazione e dall’altra di far sì che questa moneta non sia troppo forte, per poter evitare ostacoli eccessivi all’export. Se non ci saranno forti rimbalzi dell’inflazione, visti da molti come improbabili, la BNS potrà continuare nella riduzione del tasso guida e ciò contribuirà almeno a contenere la forza del franco, che in questa fase è ampia anche per via delle tensioni geopolitiche internazionali. La Rivista Elvetiche Con una crescita economica buona ma moderata, è inevitabile che la disoccupazione non sia più ai minimi, tuttavia, il quadro elvetico degli impieghi rimane apprezzabile La Rivista · Settembre 2024 13

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La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato in una conferenza stampa a Bruxelles, il 17 settembre scorso, la sua proposta di nuovo esecutivo europeo, una squadra composta da 26 nuovi commissari, 11 donne su 27 membri –compresa la presidente– con la maggioranza di 14 incarichi assegnati a esponenti del Partito popolare europeo. Una nuova Commissione e la sfida per la competitività di Viviana Pansa Una Commissione a guida popolare La scelta dei vicepresidenti mostra anche il nuovo equilibrio raggiunto dopo il voto per il Parlamento europeo di giugno: due sono i socialisti, la spagnola Teresa Ribera Rodríguez incaricata della “Transizione pulita e giusta”, e la romena Roxana Mînzatu per le “Competenze e preparazione”; due i liberali – gruppo europeo Renew Europe, - il francese Stéphane Séjourné all’Industria e l’estone Kaja Kallas – che è anche alto rappresentante della diplomazia del’Unione, - agli Affari esteri; l’italiano Raffaele Fitto, dei conservatori e riformisti, a “Coesione e riforme”; e infine, la popolare finlandese Henna Virkkunen alla “Sovranità tecnologica”. Alla numero due dell’esecutivo, Ribeira Rodríguez spetterà di controbilanciaUUn risultato raggiunto dopo “intense settimane di negoziato”, per stessa ammissione di Von der Leyen, che ha incardinato 6 vice-presi- denti esecutivi alle priorità politiche che si è data la nuova Commissione, pur garantendosi un maggior accentramento decisionale. A lei riferiranno infatti direttamente, senza passare dai vicepresidenti, il nuovo commissario al Budget, Piotr Serafin (Ppe, Polonia), che dovrà definire il bilancio 2028-2034 e gestire parte di quello in corso, e Valdis Dombrovskis (Ppe, Lettonia) che passa dalla vice-presidenza alla delega per l’Economia e la produttività, e quindi supervisionerà l’applicazione del nuovo patto di stabilità e valuterà l’opportunità di eventuali nuovi strumenti di finanziamento. La Rivista Europee Ursula von der Leyen ha presentato in una conferenza stampa a Bruxelles, il 17 settembre scorso, la nuova squadra composta da 26 nuovi commissari La Rivista · Settembre 2024 15

re una Commissione che, come ha sottolineato il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, appare nettamente a guida popolare. Dovrà inoltre garantire il proseguimento del Green Deal, su cui la stessa Von der Leyen sembra essere ora meno propositiva. Alla socialista spagnola è stato anche assegnato l’importante portafoglio della Competitività, prima gestito dalla liberale danese Margrethe Vestager. Una novità è l’assegnazione di una vice-presidenza esecutiva alla Romania, probabilmente premiata per aver contribuito a garantire una più equa parità di genere in seno alla Commissione. Il liberale Séjourné è stato proposto da Emmanuel Macron dopo l’addio di Thierry Breton, commissario al mercato interno che ha rassegnato le dimissioni un paio di giorni prima della presentazione della nuova squadra per dissidi con la stessa Presidente – Von der Leyen avrebbe chiesto a Macron di proporre un altro nome in cambio di deleghe più consistenti. Henna Virkkunen, deputata di lungo corso, ha già avuto un ruolo importante nell’elaborazione di regole del settore tecnologico. Infine, l’affidamento della vicepresidente esecutiva a Raffaele Fitto, che condividerà con Dombrovskis la responsabilità sul Pnrr, è stata motivata dal ruolo importante che occupa l’Italia in Europa, ma ha generato qualche perplessità e reazioni contrapposte anche tra le forze politiche italiane. In ambito europeo, la capogruppo del gruppo socialista al Parlamento Iratxe García Pérez, ha detto che il ruolo affidato a Fitto potrebbe essere un problema, mentre i liberali di Renew Europe hanno anticipato che chiederanno al commissario italiano chiarimenti sul suo impegno pro-Europa. Per la premier Giorgia Meloni, che ha proposto il nome del Ministro degli Affari europei del suo esecutivo, la vicepresidenza europea è una smentita del rischio isolamento che si era temuto dopo la sua astensione alla riconferma di Von der Leyen alla guida della Commissione, subito dopo il voto di giugno. Si attende però il parere del Parlamento europeo che seguirà le audizioni dei commissari proposti previste a ottobre e novembre. I nuovi Commissari e le priorità della Commissione Tra le novità, un commissario alla Difesa, Andrius Kubilius (Ppe, Lituania), che dovrà rafforzare la risposta comune di fronte all’aggressione russa in Ucraina, e un commissario al Commercio, Maroš Šefčovič (Smer, Slovacchia), che si occuperà anche di Relazioni istituzionali e trasparenza. Gli altri commissari sono: Glenn Micallef (S&D, Malta), incaricato per l’Equità intergenerazionale e lo sport; Olivér Várhelyi (Indipendenti, Ungheria) per la Salute; Wopke Hoekstra (Ppe, Paesi Bassi) per il Clima; Dubravka Šuica (Ppe, Croazia) per il Mediterraneo; Christophe Hansen (Ppe, Lussemburgo) per l’Agricoltura; Marta Kos (Renew Europe, Slovenia) per l’Allargamento; Apostolos Tzitzikostas (Ppe, Grecia) per la Sostenibilità e i trasporti; Jozef Síkela (Ppe, Repubblica Ceca) per le Partnership internazionali; Costas Kadis (Ppe, Cipro) per la Pesca e gli oceani; Maria Luís Albuquerque (Ppe, Portogallo) per i Servizi finanziari; Hadja Lahbib (Renew Europe, Belgio) per la Gestione delle crisi; Magnus Brunner (Ppe, Austria) per gli Affari interni e le migrazioni; Jessika Roswall (Ppe, Svezia) per l’Ambiente; Dan Jørgensen (S&D, Danimarca) per l’Energia; Ekaterina Zaharieva (Ppe, Bulgaria) per la Ricerca e l’innovazione; Michael McGrath (Renew Europe, Irlanda) per la Giustizia. Oltre alla presentazione dei singoli commissari, Von der Leyen ha precisato in conferenza stampa che le priorità fondamentali della nuova Commissione saranno la prosperità, la sicurezza e la democrazia. L’obiettivo – ha spiegato – è “rafforzare la nostra sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia; costruire un’economia competitiva, decarbonizzata e circolare, con una transizione equa per tutti; elaborare una strategia industriale coraggiosa con al centro l’innovazione e gli investimenti. Rafforzare la coesione europea e le regioni. Sostenere le persone, le competenze e il nostro modello sociale. Garantire che l’Europa possa far valere i propri interessi e assumere un ruolo guida nel mondo”. Il Rapporto ‘Draghi’ La Presidente ha dichiarato anche di voler lavorare sulla competitività richiamando il Rapporto da lei stessa commissionato a Mario Draghi e presentato in quegli stessi giorni alla Commissione e al Parlamento europeo riunito a Strasburgo. Un Rapporto che lega l’assetto economico dell’Europa con la sua tenuta democratica, e delinea una nuova strategia industriale che ha come obiettivo la crescita della produttività e, di pari passo, il sostengo del “modello sociale” Raffaele Fitto sarà uno dei 6 vice-presidenti esecutivi con la responsabilità per “Coesione e riforme” La Rivista · Settembre 2024 16

europeo. Le aree di intervento individuate sono: l’innovazione, per mettersi al passo con Stati Uniti e Cina, in primo luogo nelle tecnologie avanzate; la decarbonizzazione, percorso legato al Green Deal e quanto mai necessario visti gli effetti del cambiamento climatico in corso; la sicurezza, intesa come difesa ma anche riduzione della dipendenza da Paesi terzi per le materie prime strategiche. Dieci sono i settori industriali strategici approfonditi: energia, materiali critici, digitalizzazione, tecnologia pulite, difesa, industrie energivore, automotive, spazio, farmaceutica e trasporti. Draghi individua anche alcuni ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di competitività sopracitati, che sono la difficoltà da parte degli Stati membri di mettere in campo azioni politiche congiunte per perseguire scopi comuni, lo spreco di risorse, che si disperdono in molteplici strumenti nazionali e comunitari, e l’assenza di coordinamento tra le politiche ambientali e industriali. “L’Europa – si legge nel Rapporto - sta entrando un periodo senza precedenti nella sua storia, in cui il rapido cambiamento tecnologico e le transizioni settoriali si combineranno con la diminuzione della popolazione in età lavorativa. In questo contesto, l’Europa dovrà garantire il miglior utilizzo delle competenze disponibili, mantenendo intatto il tessuto sociale. I cambiamenti tecnologici possono comportare notevoli disagi per i lavoratori di industrie precedentemente dominanti che non lo sono più, oltre ad aumentare le disuguaglianze”. Disuguaglianza sociale e rischi per la democrazia L’obiettivo è quindi quello di “avvicinarsi all’esempio statunitense in termini di crescita della produttività e dell’innovazione”, ma senza replicare gli effetti nefasti di una disuguaglianza sociale sempre più marcata, che rischia di avere conseguenze importanti sul piano della democrazia. Il Rapporto sottolinea infatti come “lo stato sociale europeo sarà fondamentale per fornire servizi pubblici solidi, protezione sociale, alloggi, trasporti e assistenza all’infanzia durante questa fase di transizione”, e garantire a tutti i lavoratori il diritto all’istruzione e alla riqualificazione, alla luce di un approccio fondamentalmente nuovo alle competenze. Nel suo intervento davanti alla Commissione, Draghi ha ribadito che se fallisce questa impresa, “non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, un leader delle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale”. Il costo stimato per raggiungere gli obiettivi identificati nel Rapporto è un investimento aggiuntivo annuo di 800 miliardi di euro, che corrisponde al 4,5% del Pil dell’Unione e che Draghi lega al completamento del mercato dei capitali e alla creazione di un debito comune. Molta parte dell’investimento, tuttavia, spetterà anche al settore privato. Nel suo intervento a Strasburgo, Draghi ha sottolineato come “siamo tutti in ansia per il futuro dell’Europa” e come non vi sia tempo da perdere perché l’Unione si trova già in una situazione di crisi. È quindi necessario abbandonare l’illusione che “solo procrastinare possa preservare il consenso” “Anzi – ricorda Draghi, - la procrastinazione non ha prodotto altro che una crescita più lenta, e di certo non ha generato più consenso”. A chi si oppone al debito comune, ha poi ricordato che ciò significa opporsi agli stessi obiettivi che l’Ue si è data, a “raggiungere traguardi su cui tutti ci siamo già detti d’accordo”. “Se non agiamo subito – ha concluso Draghi - saremo inesorabilmente un luogo meno prospero, meno equo e saremo meno liberi di scegliere il nostro destino”. La Rivista Europee A Mario Draghi è stato commissionato un rapporto per la nuova competitività europea La Rivista · Settembre 2024 17

Novità in Gazzetta Ufficiale È entrato in vigore all’inizio di agosto il cosiddetto Decreto omnibus - Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico – che contiene, tra l’altro, nuove soglie per la flat tax sui redditi prodotti all’estero e novità in materia di investimenti nei paesi esteri. Come evidenziato dalla scheda di sintesi preparata da Palazzo Il nuovo decreto Omnibus e nuova fiscalità per le successioni, i frontalieri e i nuovi incentivi per le imprese innovative e le start up. Questi alcuni dei provvedimenti varati negli ultimi mesi dal Governo che ora si prepara a redigere la manovra finanziaria 2025. di Manuela Cipollone Chigi, il testo prevede una ulteriore autorizzazione di spesa di 1,6 miliardi di euro, per l’anno 2024, da aggiungere agli 1,8 miliardi di euro già stanziati, per il finanziamento del credito d’imposta previsto dall’articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124 per le imprese e gli altri operatori economici che effettuino investimenti nella zona economica speciale (ZES) unica. Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero Passando alla cosiddetta flat tax, il decreto innalza da 100.000 a 200.000 euro annui l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, ai fini dell’articolo 43 del codice civile, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, dunque dopo il 10 agosto scorso. Commendando la misura, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha sostenuto che, pur passando da 100 mila a 200 mila euro la soglia per poter godere di queste agevolazioni, la “misura rimane interessante”. Dal 2017 ad oggi, ha ricordato il Ministro, ad usufruirne sono state 1.186 persone. Sul fronte degli investimenti nei paesi esteri, il Decreto Omnibus rende esenti da garanzia, a domanda del richiedente, le domande di finanziamento agevolato delle imprese che stabilmente sono presenti, esportano o si approvvigionano in Africa presentate fino al 31 dicembre 2025. Il decreto interviene anche in materia di agevolazioni Iva per le associazioni sportive, di assicurazioni scolastiche e di La Rivista Burocratiche Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ritiene che, pur passando da 100 mila a 200 mila euro la soglia per poter godere di queste agevolazioni, la “misura rimane interessante”. La Rivista · Settembre 2024 18

da lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri, il testo riconosce la qualifica di lavoratore frontaliero anche a colui che effettua, nella misura massima del 25 per cento, la prestazione lavorativa in modalità di telelavoro nello Stato di residenza; riconosce ai Comuni frontalieri elencati nell’allegato al provvedimento il contributo statale a titolo di compensazione finanziaria (ristoro) per il minor gettito fiscale IRPEF non esigibile dai lavoratori frontalieri; e introduce un regime fiscale opzionale per i cosiddetti “vecchi frontalieri” residenti in una specifica lista di comuni. Definire al meglio il perimetro delle startup innovative italiane A fine luglio, invece, il Governo ha approvato il Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023. Il provvedimento si inserisce a pieno titolo nel quadro delle misure e degli interventi di attuazione del PNRR e si compone di tre parti: misure in materia di concessioni autostradali; misure in materia di rilevazione dei prezzi e usi commerciali, settore assicurativo, trasporto e commercio e misure in materia di start up. Bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato a inizio agosto, in materia di start up il DDL modifica la definizione di “startup innovativa” con il riferimento alle micro e PMI; prevede che, per definire al meglio il perimetro delle startup innovative italiane e che necessitano di supporto, entro il secondo anno di iscrizione al registro la startup innovativa dovrà disporre di un capitale sociale di fondi per la ricerca – mettendo a disposizione delle attività di ricerca 50 milioni di euro del fondo per il finanziamento ordinario delle Università statali – e prevede un rifinanziamento del Fondo per le emergenze nazionali – la cui dotazione è incrementata di 150 milioni di euro per l’anno 2024 per le finalità generali – e un contributo al Comitato nazionale “Neapolis 2500”, nato per “celebrare la storia, la cultura e l’arte della città di Napoli e il suo contributo allo sviluppo del patrimonio storico e artistico italiano nella ricorrenza del venticinquesimo centenario della fondazione dell’antica Neapolis”. Imposte di successione e fiscalità dei lavoratori frontalieri Sempre ad agosto, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale, l’Esecutivo ha approvato il decreto legislativo che semplifica le procedure di calcolo e liquidazione delle imposte di successione e introduce modifiche sostanziali nella gestione dei trasferimenti d'azienda in ambito familiare e nella tassazione dei trust. Il provvedimento, da un lato, mira a razionalizzare i tributi indiretti diversi dall’IVA, come l’imposta di registro, l’imposta sulle successioni e donazioni e l’imposta di bollo; e, dall’altro, a semplificare la dichiarazione di successione. Il decreto, inoltre, introduce lo svincolo delle somme per eredi fino a 26 anni di età e ridefinisce i coefficienti delle rendite vitalizie soggette all’imposta di registro. Via libera anche ad un disegno di legge che introduce misure relative ai lavoratori frontalieri. In merito all’Accordo internazionale Italia-Svizzera del 23 dicembre 2020 relativo all’imposizione sul reddito Con l’obiettivo di rendere più efficace lo Startup Act italiano, la normativa sulle nuove imprese emergenti, è stato istituito nei mesi scorsi presso il Mimit un gruppo di lavoro coordinato dal Gabinetto del ministro Adolfo Urso La Rivista · Settembre 2024 19

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