dire che nonostante il rallentamento economico c’è stata una tenuta complessiva superiore alle attese per molti mercati del lavoro, dall’altro si può ribadire che la Svizzera va meglio di tanti altri e rimane nel plotone di testa dei Paesi a basso tasso di disoccupazione. La BNS e i tassi La BNS è stata tra le prime banche centrali ad iniziare nei mesi scorsi i tagli al tasso di interesse di riferimento, invertendo la rotta dopo la fase di rialzi dello stesso tasso, attuati in funzione anti inflazione. La Banca nazionale svizzera ha potuto cambiare la linea prima di altri perché il rincaro nella Confederazione dapprima non ha raggiunto i picchi registrati in altre aree economiche ed in seguito è sceso in modo relativamente veloce (verso la citata fascia-obiettivo dello 0%-2%). Il rialzo del tasso guida in Svizzera ha dunque funzionato come e più che altrove. La forza del franco d’altronde ha contribuito, come visto, alla lotta contro il rincaro. Le altre maggiori banche centrali hanno come obiettivo un’inflazione media annua del 2%, dunque sul rincaro sono per così dire meno ambiziose della BNS. La Banca centrale europea (BCE) ha pure iniziato ad attuare tagli al tasso di riferimento sull’euro nei mesi scorsi, dopo la BNS. La Banca d’Inghilterra (BoE) è arrivata ancora dopo. L’ultima tra le principali banche centrali a muoversi, in ordine di tempo, è stata poi l’americana Federal Reserve (Fed), che ha aperto la sua via al taglio dei tassi di riferimento sul dollaro in settembre. Controcorrente, ancora una volta, la Banca del Giappone (BoJ), che al contrario della Fed in settembre rimaneva con il tasso di riferimento ritoccato all’insù (ma occorre tener presente che i tassi nipponici nonostante i rialzi restano comunque bassi nel raffronto internazionale). Anche sul versante dei tassi di interesse, cioè del costo del denaro, la Svizzera rimane quindi ben posizionata, lontana da un Giappone ancora segnato dai molti anni di tassi negativi (sotto lo zero), e però al tempo stesso con un tasso guida inferiore a quelli delle maggiori aree economiche. Bisogna tener presente che tassi di interesse più bassi (se possibile senza tornare appunto ai tassi negativi, sperimentati anche in Svizzera) sono positivi perché favoriscono gli investimenti ed i consumi. Quando l’inflazione esce dagli argini è giusto e necessario alzare i tassi, quando l’inflazione rientra è opportuno ridurre i tassi, per aiutare la crescita economica. I livelli del franco Se da un lato la Banca nazionale svizzera può contare su un terreno elvetico storicamente ben arato in senso anti inflazione, dall’altro l’istituto centrale rossocrociato deve più di altri tener presente il livello della moneta. Il franco tende ad essere molto forte, sia perché riflette la solidità di fondo dell’economia svizzera e del sistema Paese, sia perché è richiesto da investitori elvetici ed esteri alla ricerca di approdi sicuri. Quando i tassi di interesse relativi ad una valuta vengono alzati, è più facile che questa valuta assuma maggior valore; viceversa, in genere accade quando i tassi vengono tagliati. L’obiettivo di sempre della BNS è avere un equilibrio che consenta da una parte di avere una moneta forte che aiuti contro l’inflazione e dall’altra di far sì che questa moneta non sia troppo forte, per poter evitare ostacoli eccessivi all’export. Se non ci saranno forti rimbalzi dell’inflazione, visti da molti come improbabili, la BNS potrà continuare nella riduzione del tasso guida e ciò contribuirà almeno a contenere la forza del franco, che in questa fase è ampia anche per via delle tensioni geopolitiche internazionali. La Rivista Elvetiche Con una crescita economica buona ma moderata, è inevitabile che la disoccupazione non sia più ai minimi, tuttavia, il quadro elvetico degli impieghi rimane apprezzabile La Rivista · Settembre 2024 13
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