Vola l’export di gioielli Made in Italy verso la Svizzera. A confermarlo sono i dati che confermano, per il 2024, un + 37% su base generale e che vedono la Confederazione elvetica in vetta alla classifica dei mercati di riferimento (subito dopo la Turchia).
A favorire questa congiuntura positiva sono, senza dubbio, le incertezze dei mercati che trovano nell’oro, nonostante il prezzo ai massimi storici (2.400 dollari per oncia nell’aprile 2024 e una previsione per il 2025 di 2.498,72 dollari/oncia), il bene rifugio per eccellenza.
L’export del Made in Italy del lusso vede, infatti, il settore della gioielleria come locomotiva principale. Non rincuorano infatti i dati legati all’abbigliamento che tra gennaio e settembre 2024 hanno segnato un -0.4% rispetto al 2023, il tessile -9.6% e il settore della concia-pelletteria assestarsi a -8.7%.
L’export di gioielli Made in Italy è in forte e costante crescita (+44,5% in valore e +28,6% in quantità), e vede alcuni mercati particolarmente interessati al prodotto. Spicca su tutti la Turchia (con 3.589 milioni di euro di preziosi italiani importati): un fenomeno indotto dalle elevate tensioni inflattive che spingono la domanda di oro Russa e Cinese a riversarsi su questa Nazione. Al netto dei flussi verso la Turchia, le esportazioni sono rimaste stabili, in alcuni casi in leggero aumento, e vedono la Svizzera brillare in vetta alla classifica dei mercati di riferimento.
La Confederazione Elvetica, nel 2024, ha importato 864 milioni di euro di gioielli Made in Italy, seguita dagli Emirati Arabi Uniti (848 milioni), dagli USA (805 milioni) e dalla Francia (642 milioni).
L’export Made in Italy, secondo i dati Istat, nel 2023, ha toccato quota 626 miliardi di euro, registrando nel ’24 una leggerissima flessione (-0.97%) ma puntando, per il 2025, al tetto complessivo di 700 miliardi di euro ovvero +13% rispetto a quanto totalizzato fino a settembre 2024.
Il settore orafo italiano conferma, quindi, buoni risultati anche nel 2024, con il fatturato in crescita del 5,7%. Meno brillante, invece, la produzione industriale (-7,1%) sulla quale pesano anche le incertezze legate alle congiunture politico economiche internazionali.