La Rivista

La Rivista L’Italia a tavola Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia L’UMBRIA (CUORE D’ITALIA) La zuppa senza formaggio è come una carrozza senza cavalli (proverbio umbro) di Rocco Lettieri L’ interesse dei numerosi lettori dello Stivale Regionale dei Formaggi mi obbliga ad inserire una nota esplicativa (vedi retino pag 8687) per raccontare come si suddividono e come si classificano i formaggi prodotti in Italia. In effetti abbiamo avuto momenti di vera confusione poiché nel dopoguerra l’anarchia regnava sovrana nel settore caseario. Le produzioni non seguivano alcuna specifica ufficiale. Formaggi prodotti con tecniche diverse venivano commercializzati con lo stesso nome o quasi. Fino al punto che il consumatore difficilmente riusciva a distinguere tra prodotto originale e prodotto copiato. Per fortuna una prima suddivisione si ebbe nel 1951 e a fare pulizia e ordine ci pensò la conferenza di Stresa, dove Francia, Belgio, Svizzera, Austria, Danimarca, Svezia, Olanda, Norvegia e naturalmente l’Italia. Tre giorni di summit che “partorirono” un primo grado di ordine nel settore, con una classificazione del formaggio che prevedeva due categorie: Categoria A: i formaggi “prodotti tradizionalmente, osservando usi locali, leali e costanti, in zone di produzione geograficamente delimitate, dalle quali traggono le loro caratteristiche”. Categoria B: i formaggi “prodotti osservando usi tradizionali, leali e costanti, che traggono la loro caratteristica dal metodo di produzione”. I primi vennero chiamati a Denominazione d’Origine, i secondi a Denominazione Tipica. Nel settore caseario italiano le prime Denominazioni di Origine Controllata (D.O.C.) furono assegnate nel 1955, in base a una legge elaborata l’anno precedente (n.125/54), prima ancora che una normativa analoga venisse studiata per i vini. Andò tutto bene, o quasi, fino al 1992, quando il tema del giorno divenne la globalizzazione. Che sconvolse tutto. Soprattutto i mercati e l’economia. Dando vita al fenomeno della contraffazione, constatabile da Occidente ad Oriente. La Comunità Europea fu praticamente costretta a correre ai ripari emanando provvedimenti (regolamenti) che tutelassero le produzioni agroalimentari, nel rispetto del consumatore, delle tradizioni locali e dello sviluppo del territorio d’origine. Così predispose un unico sistema di tutela dei prodotti tipici, sia all’interno dell’Unione stessa, sia in campo internazionale, che permettesse al consumatore di riconoscere in modo chiaro e semCaciotta fresca La Rivista · Marzo 2024 84

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