Genova, Napoli, Trieste e Gioia Tauro rimaneva la possibilità di intercettare i traffici risparmiandoli qualche giorno di viaggio. La ragione di questa scelta inedita e inquietante da parte dei vettori commerciali è la campagna di pirateria e bombardamento messa in atto dai ribelli Huthi contro le imbarcazioni che varcano Bab-el-Mandeb, idoneamente battezzata dai nativi arabi “La Porta del Lamento”, tra Yemen e Gibuti. Una forza armata strutturata Chiamarli ribelli è una questione più di forma che di sostanza; non dobbiamo, anzi non possiamo, immaginarceli come bande sparute di pastori armati di kalashnikov, le milizie Huthi sono una forza armata strutturata, ben equipaggiata, addestrata e motivata, consapevole di sé, del proprio ruolo e della propria missione. All’estero il movimento prende il nome del suo più carismatico leader, Hussein al-Huthi e della sua tribù, da cui trae il grosso dei suoi ranghi e che vanta antichi legami con le alte sfere iraniane; ma il nome che si sono dati questi guerriglieri è Ansar Allah, “I partigiani di Dio”, mentre il motto è ispirato direttamente agli slogan della Rivoluzione Islamica del ’79: "Dio è sommo, morte all'America, morte a Israele, maledizione sugli ebrei, vittoria per l'Islam". Il gruppo, nei suoi rami politico e militare, rappresenta, ed è composto dalla minoranza sciita zaidita residente nel Nord-Ovest del paese. Lo Yemen è, come il resto della Penisola Arabica, uno stato arabo a maggioranza sunnita con la particolarità che, nei secoli, è stato governato da un’élite guerriera sciita zaidita che solo nel secondo dopoguerra, con la decolonizzazione e la scissione NordSud ha perso il suo potere a favore della componente sunnita. Dopo una storia segnata dalla dittatura, nel Nord, e dall’isolamento, a Sud, lo Yemen si è riunificato nel 1990; da allora un susseguirsi di guerre civili e instabilità ha favorito nel 1994 la rinascita del movimento zaidita, che da allora ha tenuto testa alle forze governative guadagnando terreno e ricavandosi una roccaforte nelle montagne occidentali del paese dove resteranno in attesa, tra tregue e schermaglie fino al 2011, anno delle Primavere Arabe, quando comincia l’espansione vera e propria che li porta a conquistare la capitale stessa, San’a, nel gennaio 2015. Il rapido successo degli zaiditi spinge nello stesso anno i Sauditi, forti del sostegno degli altri stati arabi, ad attaccare il loro vicino meridionale, ma l’inesperta quanto brutale forza d’invasione saudita si arena nelle impervie montagne yemenite contro l’ispirata guerriglia degli Huthi. Nel 2019 i protettori delle città sante chiedono il cessate il fuoco e ancora oggi sono impegnati in trattative di pace. Nel corso di un conflitto di cui nella nostra parte di mondo abbiamo saputo poco e niente, gli zaiditi hanno trovato nell’Iran un patron generoso, disposto a fornire armi e denaro per insidiare gli odiati arabi sauditi e garantirsi una formidabile quinta colonna su uno degli stretti vitali del traffico mondiale. Il pretesto della solidarietà musulmana al popolo palestinese Ma perché questi partigiani di Dio, da oltre un decennio rimossi dalle cronache occidentali, hanno deciso proprio ora di sparare missili e droni sulle navi mercantili che passano davanti alle loro coste? Il motivo ufficiale, la bandiera sventolata dai guerriglieri Huthi, è quella della solidarietà musulmana nei confronti del popolo palestinese, oppresso e invaso da Israele; l’obiettivo diventa quindi attaccare i porti e le Le navi cargo ritornano a compiere in entrambi i sensi di marcia quella che i portoghesi chiamavano "Carreira da Índia", ovvero il periplo, vale a dire la circumnavigazione, dell’Africa La Rivista · Marzo 2024 19
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