La Rivista

una tecnica produttiva nel quale possono variare la razza della pecora (sarda, massese, amiatina, sopravissana), il caglio (di vitello o di agnello), la rottura della cagliata, il tipo di salatura, la cottura o meno della pasta, i modi e i tempi di stagionatura. Ogni zona ha il suo cacio. Tralasciando i già citati, ricordiamo i meno conosciuti quali il Pecorino a latte crudo abbucciato, cacio antico citato già nell’XI secolo dai monaci camaldolesi, fatto nel Valdarno, Casentino e Valtiberina, poi il Pecorino a crosta fiorita o a buccia di rospo, prodotto nel comune di San Casciano Val di Pesa, il Fossa del Greppo, prodotto nella zona di Montepulciano, il Pecorino a latte crudo della Maremma, altro Presidio Slow Food, e quello delle cantine di Roccalbegna. Seguiti dalla dolce caciotta di pecora, prodotta in Maremma e gli aromatici pecorini affinati nelle foglie di noce, in erbe aromatiche e spezie. È comunque la provincia di Siena ad avere diversi formaggi ovini, non a caso la città del palio ha creato la sua fortuna sul controllo dei greggi e relativa riscossione delle tasse attraverso il Monte dei Paschi, la banca più antica del mondo. Da queste terre provengono anche il Grande Vecchio di Montefollonico, il Marzolino di Lucardo, cacio storico anticamente fatto dalle donne. Il progetto Precision Sheep Il pecorino toscano guarda al futuro con, progetto avviato due anni fa che coinvolge ricercatori, allevatori e imprenditori, focalizzato sull’agricoltura di precisione per migliorare la produzione agricola, l’alimentazione e l’allevamento delle pecore, la qualità del latte con ricadute sulla competitività dell’imprese. Al programma partecipano tra gli altri l’Università di Pisa e tre caseifici cooperativi, di Manciano, di Sorano e della Val d’Orcia, ai quali conferiscono il latte circa 500 allevatori. “Con Precision Sheep" sottolinea Andrea Righini, direttore del consorzio di tutela del pecorino toscano Dop, capofila del progetto: “… ci aspettiamo di aumentare la sensibilità verso l’agricoltura di precisione e un modo di fare impresa agricola cercando di migliorare tutti i parametri. Una sfida che ben si integra con un’idea di sostenibilità ambientale a 360 gradi”. I problemi di oggi Tante belle iniziative che si scontrano con un problema fiscale: la mancanza di certificazione che circola nel vuoto normativo, dove non c’è sicurezza sulla provenienza della materia prima e tutto è affidato all’onestà del produttore. Un altro problema è l’introduzione di razze di pecore che producono più latte e si nutrono di cereali, quindi possono vivere in stalla, sostituendo quelle autoctone come la massese, l’amiatina, la garfagnina bianca, che vanno portate al pascolo e producono fino a un terzo del latte rispetto alle pecore forestiere ma molto più ricco di gusto e micronutrienti. Far sopravvivere questi formaggi tipici fatti come una volta e con latte del territorio significa non solo tutelare antiche tradizioni casearie e cose buone dal gusto unico. Vuol dire salvaguardare i pascoli e il paesaggio, sostenere le comunità di pastori e casari che ci vivono e lavorano, creando beni da aree marginali destinate altrimenti all’abbandono e contemporaneamente presidiando il territorio. Un problema non da poco. Tre validi indirizzi per voi lettori: Il Fiorino - Roccalbegna (GR) – 0564 989059 – www.caseificioilfiorino.it Silvana Cugusi - Montepulciano (SI) – 0578 757558 – www.caseificiocugusi.it De Magi - Castiglion Fiorentino (AR) – 0575 659995 – www.demagi.it La Rivista L’Italia a tavola Pecorino ‘ubriaco’ La Rivista · Dicembre 2023 96

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