La Rivista

Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch La Rivista Editoriale I giovani sono pochi, esprimono un leggero peso demografico, quindi inesorabilmente contano poco. Un ciclo che non sarà più impossibile invertire, perché le madri dei futuri giovani dovrebbero metterli al mondo adesso, mentre le donne di età feconda sono oggi scese a 11,6 milioni e nel 2050 caleranno di altri 2 milioni. E nella siderale incomunicabilità generazionale va in scena quello che il Censis definisce una forma di “dissenso senza conflitto” dei giovani: non più cervelli, questa volta, ma “esuli” in fuga. Infatti, ai giovani che non nascono, si aggiungono quelli che vanno via. Il nostro Paese continua a essere un Paese di emigrazione (sono più di 5,9 milioni gli italiani attualmente residenti all’estero, pari al 10,1% dei residenti in Italia), più che di immigrazione (sono 5 milioni gli stranieri residenti nel nostro Paese, pari all’8,6% dei residenti totali). Negli ultimi dieci anni, gli italiani che si sono stabiliti all’estero sono aumentati del 36,7% (vale a dire quasi 1,6 milioni in più). Come detto, a caratterizzare i flussi centrifughi più recenti è l’aumento significativo della componente giovanile. Nell’ultimo anno gli espatriati sono stati 82.014, di cui il 44,0% tra 18 e 34 anni (36.125 giovani). Con i minori al seguito delle loro famiglie (13.447) si sfiorano le 50.000 unità: il 60,4% di tutti gli espatriati nell’ultimo anno. Anche il peso dei laureati sugli expat 2534enni è aumentato significativamente, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. Un drenaggio di competenze che non è inquadrabile nello scenario di per sé positivo e auspicabile della circolazione dei talenti, considerato che il saldo migratorio dei laureati appare costantemente negativo per il nostro Paese. In parallelo, e per certi versi in modo sorprendente, monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie. Come dimostrano le opinioni espresse dagli italiani in merito ad alcune questioni dirimenti - che invece faticano a trovare un riconoscimento ufficiale per via legislativa - sembra giunta a maturazione una nuova stagione di rivendicazioni di diritti civili. Il 74,0% si dice favorevole all’eutanasia, il 70,3% approva l’adozione di figli da parte dei single, il 65,6% si schiera a favore del matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, il 54,3% è d’accordo con l’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso. Infine, il 72,5% è favorevole all’introduzione dello ius soli, ovvero la concessione della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri regolarmente presenti, e il 76,8% è favorevole allo ius culturae, ovvero la cittadinanza per gli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese. Stando al Rapporto, gli italiani sembrano intrappolati in quello che viene definito il mercato dell’emotività: per l’80% il paese è in declino, per il 69% dalla globalizzazione si sono avuti più danni che benefici. Senza contare che ora, il 60% ha paura che scoppi una guerra mondiale e, secondo il 50%, non saremo in grado di difenderci militarmente. Preso atto della fine dell’espansione monetaria, sul fronte economico più che il record di occupati, viene rilevata la crescita in rallentamento. Ne deriva un ripiegamento nel tempo dei desideri minori: non più alla conquista dell’agiatezza, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. E il risparmio, ancora consistente, diventa esclusivamente un’ancora di difesa personale, sganciato come non mai dai progetti di sviluppo del Paese Scenari, come detto, ipotetici ma percepiti come futuribili, che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Un fenomeno, il sonnambulismo, che non è imputabile solo alle classi dirigenti ma è diffuso nella maggioranza silenziosa degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, rassegnati al loro destino, hanno paura di tutto: del clima impazzito, dei migranti, del terrorismo, del debito pubblico, della violenza, delle guerre. Quindi del futuro. Tutto è emergenza, anche perché la politica e i media ci proiettano in questa dimensione. E se tutto è emergenza, alla fine, nulla lo è veramente e tutto rimane fermo, immobile. Insomma, con buona pace di Tommasi di Lampedusa, oggi non è più necessario che tutti cambi, perché tutto rimanga (rassegnatamente?) com’è. Improvviso, in automatico rimbalzo, nella mente si affaccia, vagamente percepito come fastidioso, il titolo di un vecchio (1980) saggio di Alberto Arbasino: Un Paese senza. L’impatto è forte. Tale da determinarne l’istantanea cancellazione, perché l’idea che, neppure sottotraccia, suggerisce è quella di un Paese senza… futuro. Così ragionevolmente (?) non è. Ciò non toglie che la domanda si autogeneri spontanea: cosa ha indotto il Censis, autorevole istituto di ricerca socio-economica, che neppure troppo tempo fa individuava “minoranze vitali”, a titolare il suo 57° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, con un termine che porta con sé una connotazione negativa? Sonnambuli: una definizione che caratterizza persone, che, in preda a sonno profondo, mostrano una reattività limitata nei confronti dell'ambiente circostante. Un po’ come dire che sono inconsapevoli di ciò che fanno e di ciò che li circonda. La risposta ci viene anticipata nell’introduzione del Rapporto. Nonostante la ridondante narrazione (mai termine fu più colpevolmente abusato) domestica e, per sua natura facilmente addomesticabile, i cittadini hanno percezione di doversi confrontare con scenari futuri, per loro natura ipotetici, in cui si delineano presagi preoccupanti: non vedono, non costruiscono il futuro, sono ripiegati su sé stessi, e hanno paura. Il “gelo” (che, nella abusata narrazione, ha ormai sostituito “l’inverno”) demografico ci annuncia che nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Gli anziani, che rappresentano oggi il 24,1% della popolazione complessiva nel 2050, saranno 4,6 milioni in più, di cui 1,6 milioni over 85: raggiungendo quota 34,5% sul totale della popolazione. Sempre più senza figli e sempre più soli. La distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni che li hanno preceduti sembra abissale. Le previsioni per il futuro sono fortemente negative: nel 2050 i 18-34enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% della popolazione.

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