La Rivista

fine secolo venne mescolata, a scopo di miglioramento, con la Modicana, proveniente dalla Sicilia, per migliorarne l’attitudine al lavoro, e con la Bruna, proveniente dalla Svizzera, per rendere migliori carne e latte. Sono nate così la Sardo-Modicana e la Sardo-Bruna, le cui carni sono rinomate e presidio Slow Food. La capra tipica dell’Isola è la Sarda, mescolata da tempo con altre razze la cui più importante è la maltese. Le fasi della lavorazione Le fasi di lavorazione sono le classiche, comuni a tutti i formaggi; cagliata, rottura della cagliata, formatura negli stampi o filatura, pressatura per facilitare la perdita del siero, che garantisce una maggiore conservazione, salatura. Tradizionalmente si usava il caglio d’abomaso di capretto o agnello, al giorno d’oggi si utilizzano cagli chimici. La salatura più antica è quella a secco, che viene ancora oggi applicata al Pecorino Sardo DOP e al Pecorino Romano DOP di Sardegna. La salatura in salamoia pare essere di più facile gestione: il formaggio merca (latino melca) ad esempio permane in salamoia per tutto il tempo della stagionatura. Dopo la salatura il formaggio può essere affumicato con l’esposizione al fumo mediante combustione di legna. La stagionatura rappresenta il periodo più lungo del processo di caseificazione. Non sappiamo con precisione quali tipi di formaggio fossero prodotti ma possiamo immaginare si trattasse di stagionati, adatti ad essere conservati per lunghi periodi e a poter affrontare viaggi per mare, dalla Sardegna al continente. Sicuramente venivano prodotti anche formaggi caprini e ovini freschi, ma erano consumati in loco, così come la ricotta, che da sempre è stata considerata, a causa delle sue scarse qualità nutritive, un cibo da poveri. In Età moderna le tipologie di formaggio si moltiplicano. Andrea Manca dell’Arca dà informazioni sui formaggi della seconda metà del Settecento: la fabbricazione avveniva tra febbraio e giugno; oltre ai formaggi freschi senza sale e alla gioncate (ossia formaggi freschi racchiusi in canestri di giunco o felce) le tipologie erano: formaggi bianchi, rossi fini, affumicati, fresa, spiatadu e ricotta; erano pecorini puri mescolati con latte vaccino o caprino. Dopo aver posto per 7-8 giorni i formaggi in salamoia i cosiddetti bianchi si conservano in cantina o in un vaso ampio bagnati di salamoia, i rossi, ossia a pasta gialla vengono appesi sopra le canne al tetto delle cucine e affumicati quotidianamente con rami verdi di lentisco e successivamente conservati al fresco con grani di sale. Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento il pecorino sardo e il pecorino romano diventano quasi una monocoltura in Sardegna; i casari laziali introducono nuove tecniche di lavorazione, modernizzando i pastori, che diventano sempre più stanziali e specializzati, e si danno alla produzione industriale di questi due formaggi per ragioni di mercato. I Formaggi della Sardegna D.O.P. e P.A.T. Fiore sardo D.O.P. - L'origine è il latte di pecora, prevalentemente di razza sarda. Una delle particolarità è di essere realizzato dai pastori che in locali tipici usano ancora il fuoco a legna, il quale concede al formaggio una lieve affumicatura. La pasta presenta tutta la dolcezza del latte ovino. Pecorino Romano D.O.P. - a pasta grassa, dura, di media e lunga stagionatura. Prodotto dal nome caratteristico che però non identifica la capitale d'Italia ma la storia, in particolare quella dell'esercito dei Romani. È fatto con latte di pecora nelle regioni Lazio e Sardegna, nonché nella provincia di Grosseto, in Toscana. La Rivista L’Italia a tavola Pecorino sardo La Rivista · Giugno - Settembre 2025 86

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