La Rivista

La Rivista L’Italia a tavola Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia LA SARDEGNA La Sardegna ha una storia complessa, divisa in vari periodi e contraddistinta da caratteri originali. La preistoria è caratterizzata dal Prenuragico, periodo cronologico piuttosto ampio suddiviso a sua volta in ulteriori quattro fasi, e dal Nuragico, denominazione che deriva dal monumento maggiormente rappresentativo di questa civiltà. La fase storica inizia dal IX secolo avanti Cristo, quando la Sardegna venne interessata dalla colonizzazione fenicia, per poi passare sotto il controllo dei Punici. di Rocco Lettieri Una localizzazione storica ci porta tra il 1714 e il 1718 quando l'isola passò per un breve periodo sotto il controllo austriaco. Poi definitivamente sotto quello dei Savoia sancito dal trattato di Londra del 2 agosto 1718. La Sardegna mantenne comunque le istituzioni esistenti fino al 1847 quando, con la cosiddetta “fusione perfetta” si concretizzò l’unione politica e amministrativa con gli stati di terraferma. Quella che noi chiamiamo ''civiltà nuragica'' risulta fortemente condizionata dalle elaborazioni architettoniche che tale civiltà è stata capace di produrre: i templi a pozzo, le tombe dei giganti, i templi a ''megaron'' e, soprattutto, appunto i nuraghi. Questi monumenti sono infatti così numerosi ed architettonicamente presenti nel paesaggio sardo da aver convinto gli studiosi dell'opportunità di usarne il nome per definire l'intera civiltà che li produsse. Le tradizioni popolari, nelle loro multiformi manifestazioni, sono ancora oggi profondamente radicate nella cultura sarda. L'artigianato sardo ha caratteristiche che lo rendono unico e inimitabile, grazie ai particolari motivi decorativi, quasi un alfabeto che è all'origine di un linguaggio simbolico. Le sue origini non sono legate solamente alle esigenze della vita quotidiana, ma anche ad un aspetto sacrale. Tessuti, abiti, intagli, intrecci, ceramiche, erano manufatti destinati, soprattutto al mercato interno. Gastronomia di terra più che di mare Ma ora noi entriamo in un settore quale la gastronomia della Sardegna che ha senza dubbio una sua peculiarità derivante dallo stretto legame con l’economia agricola e pastorale che ha caratterizzato e condizionato ogni aspetto di vita sociale e di sviluppo. Nonostante sia un’isola, la Sardegna basa la sua gastronomia più sulle tradizioni pastorizie, diffuse in tutta la regione, che su quelle marinare. L’imponente allevamento (soprattutto di ovini) e la rilevante produzione di ortaggi e di grano duro fanno sì che paste e minestre, agnello, capretto, suino, vegetali caratterizzino la cucina sarda più di quanto non facciano i pur interessanti piatti di pesce. Non è facile orientarsi nel panorama dei piatti tradizionali sardi anche per il fatto che lo stesso piatto viene indicato con nomi diversi a seconda delle zone. Per esempio, i ravioli imbottiti di pecorino fresco, si chiamano nelle varie località angiulottus, culurjones, culingiones, così come i tipici gnocchetti di semola, chiamati genericamente malloreddus, vengono anche denominati macarrones a bocciu o “maccheroni di busa”, in italiano. I piatti di pasta sono i più importanti della cucina sarda, ma non mancano interessanti minestre come il pane frattau, una ricca zuppa preparata con il sottilissimo pane carasau detto anche “carta da musica”. Tra le pietanze, il primo posto spetta ai piatti di carne. Capretti, agnelli e maialini (i cosiddetti “purcetti”) vengono tradizionalmente cotti interi allo spiedo, su fuoco di legna aromatica; in alternativa, secondo una tecnica antica, vengono cotti dentro una buca scavaLa Rivista · Giugno - Settembre 2025 84

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