La Rivista

frontiera, anche se parlano perfino lingue o dialetti simili? E come ci si deve porre di fronte ai connazionali, anche loro fieramente svizzeri, che si rifiutano di imparare le altre lingue nazionali? Chi si deve adeguare a usare la lingua dell’altro? Ma la vera domanda che mi sono posto alla fine del mio fine settimana sul Lago Maggiore, ritornando in treno a casa nel Cantone più settentrionale della Svizzera, è stata questa: come avrebbero reagito i patrioti ticinesi, di fronte a una situazione conviviale speciale che ho vissuto in un’osteria tipica della Valle Maggia, dopo una bella passeggiata tra le deliziose casette in pietra quasi tutte ristrutturate dai confederati di lingua tedesca? I gestori di quel locale parlavano senza problemi il dialetto svizzero tedesco, l’italiano e il dialetto ticinese a seconda dei commensali. A un certo punto qualcuno ha preso una chitarra e una fisarmonica e i clienti ticinesi hanno iniziato a cantare con grande allegria. Io li ascoltavo in silenzio. Bando ai luoghi comuni Il repertorio? Canzoni di Enzo Jannacci, di Adriano Celentano, dei Ricchi e Poveri, di Albano e Romina, di Cochi e Renato, di Lucio Battisti, di Lucio Dalla, di Vasco Rossi e altri ancora, tutti italiani. Nessuna canzone di cantanti o gruppi musicali elvetici come Mani Matter, Stephan Eicher, Stephanie Heinzmann, Gotthard, Gölä, Züri West, Bligg, Patent Ochnser, Stress o DJ Bobo. Ma il culmine è stato raggiunto quando hanno intonato con grande trasporto La Montanara, un canto veneto che ho imparato a memoria quando facevo le scuole elementari ai confini meridionali della provincia di Belluno, diventato nel frattempo l’inno della squadra di hockey dell’Ambri-Piotta. La ciliegina sulla torta di quella specie di festival canoro improvvisato, infine, è arrivata quando tutti si sono messi a cantare L’Italiano di Toto Cutugno. Una canzone probabilmente sovversiva per i patrioti ticinesi e sicuramente indigesta per me. Perché non sopporto questa canzone? Non ho mai portato l’autoradio nella mano destra, non ho mai avuto canarini alla finestra, non soffro di melanconie particolari verso il paesello, agli spaghetti preferisco le tagliatelle e in genere la pasta ripiena come i cappelletti o gli agnolotti, non so suonare la chitarra, non ho mai chiesto favori a Dio, non ho mai avuto una morosa chiamata Maria, anche se durante le vacanze adolescenziali al mare in Sicilia e Puglia ho conosciuto ragazze poco suore, non ho mai avuto una Seicento, non ho mai avuto un vestito gessato blu, ho sempre evitato le discussioni calcistiche, nel mio cassetto non ci sono bandiere e non ho mai usato una crema da barba alla menta. Insomma, non sono un “italiano vero” e ho sempre detestato i luoghi comuni contenuti in quella canzone. Però, nonostante questa mia avversione personale verso la canzone di Toto Cutugno, devo dire che ho sorriso per l’incongruenza di quelle parole, piene di retorica patriottica tricolore, cantate in una piccola valle fieramente svizzera. Per fortuna la convivialità aiuta ad abbattere le barriere e il canto fa dimenticare molte cose. Sarebbe bello che certi patrioti ticinesi prendessero finalmente atto che, volenti o nolenti, anche loro sono culturalmente “italiani”, nel bene (per esempio nella fruizione delle canzoni, dei libri, dei giornali, dei fumetti, dei film, degli spettacoli, dei programmi radiofonici e televisivi) e nel male (per esempio nella passionalità fanatica del tifo sportivo, nell’uso sguaiato di parolacce e bestemmie o nell’impiego disinvolto di raccomandazioni e favoritismi), e sarebbe auspicale che contribuissero anche loro a mantenere viva in modo positivo l’italofonia in Svizzera, invece di intasare la rete informatica con messaggi di odio verso gli “azzurri italioti”. In alternativa possono continuare a rappresentare una piccola minoranza linguistica lamentosa e rancorosa, con noiose tendenze verso il vittimismo, che scimmiotta i loro colleghi lombardo-veneti con le stesse discutibili argomentazioni. Personalmente credo che un Paese come la Svizzera, per la sua particolare scelta costituzionale multiculturale e plurilingue, meriti qualcosa di meglio. La Rivista La Lingua batte dove... Succede così che la Montanara diventi l’inno dei tifosi dell’Ambri Piotta La Rivista · Giugno - Settembre 2025 62

RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ1NjI=