La Rivista

progressione nell’apprendimento e le potenzialità evolutive degli allievi; i discenti invece si sentono spesso autorizzati a sparare critiche a raffica attraverso le categorie emotive primarie del mi piace/non mi piace, o, peggio ancora, a insultare e aggredire chi osa porre loro dei limiti o sanzionare la maleducazione. Ne hanno bisogno, infine, il signor Tizio e la signora Caia, per avere un’immagine positiva di sé stessi. Come si sente ripetere, per sviluppare un sano grado di autostima occorre attingere allo sguardo favorevole altrui. L’essere umano, lo sappiamo, è un essere sociale. L’immagine di sé trova origine dallo specchio metaforico rappresentato dalle figure che contano ai suoi occhi. Gli effetti di tale specchio possono essere schematicamente tre: alimentare la sorgente da cui sgorga una sana ed equilibrata percezione del proprio essere; generare un subdolo senso di vergogna (di cui parla anche la storiella), fonte di giudizi auto-svalorizzanti che persistono nel tempo persino in presenza di successi oggettivi; oppure, al contrario, produrre figure dal narcisismo dilagante. Molti specialisti hanno approfondito sul piano teorico e clinico i tre possibili sviluppi. … degli studi sul ruolo degli altri nella percezione di sé, … Per Wilfred Bion e Donald Winnicott, importanti clinici e studiosi dello sviluppo emotivo della primissima parte della vita appartenenti alla generazione post-freudiana, il viso della madre (o della figura che si prende cura del cucciolo umano) costituisce una prima forma di specchio attraverso il quale il lattante abbozza una proto-idea di sé e della relazione con gli altri. Fin da subito i piccoli esprimono emozioni attraverso modulazioni vocali, espressioni del viso e movimenti del corpo. Qui entra in gioco la capacità del caregiver di coglierle, di attribuire loro un senso e di sintonizzarsi con esse in modo rassicurante. Tutto ciò attraverso la musicalità della propria voce e le espressioni del volto. In quel volto il pargoletto vede sé stesso, e in base a ciò che scorge intuisce di essere fonte di gioia, oppure di indifferenza, di tristezza o addirittura di astio. Capta altresì se può contare sul sostegno di altri esseri umani e se l’ambiente che lo circonda è benevolo e accogliente, o invece ostile e pericoloso. Su tali proto-idee si innesteranno man mano gli sguardi dei vari componenti la famiglia, del personale dell’asilo nido e della scuola per l’infanzia. E poi quelli di maestri, insegnanti, amici e amiche, colleghe e colleghi, amanti e compagni e compagne di vita, membri dei gruppi di appartenenza. E oggi più che mai anche i social. Ecc. ecc. Tutti questi sguardi proiettati su di noi struttureranno la formazione della percezione di sé, poiché lo sguardo comunica stati emotivi, intenzioni e atteggiamenti sia positivi che negativi, di apprezzamento o di biasimo, plasmando continuamente e profondamente il sentimento di identità personale. Le eventuali etichette negative – in particolare se precoci e “incollate” in modo particolarmente resistente su superfici delicate - potranno generare convinzioni talmente interiorizzate da vanificare gli sforzi in età adulta tesi a sviluppare immagini di sé più equilibrate e mature. Un contadino in groppa ad un asino tirato da una corda dal proprio figlio fa il suo ingresso nella città (così inizia la favola di Esopo) La Rivista · Giugno - Settembre 2025 54

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