La Rivista

ragazzo chiede al padre di salire in groppa dietro di lui. Appena voltato l’angolo, una donna che sta dando del foraggio a due cavalli grida “Guardate come si è ridotta l’umanità non c’è più neanche un briciolo di pietà per i nostri animali. Quel povero asino ha la schiena sfondata sotto il peso di quei due scansafatiche. Che vergogna!” Sentendo tali parole il contadino e suo figlio scendono dall’asino senza proferire parola e cominciano a camminare accanto all’animale. Dopo aver percorso pochi passi arrivano a un mercato di zucche e castagne. Uno dei venditori commenta ad alta voce a un suo collega “E io che pensavo di non essere troppo intelligente, ma tu guarda lì che stupidi: che senso ha avere un asino se poi non gli si fa fare il suo lavoro?”. Il contadino si ferma, e dopo aver dato una pacca amichevole all’asino dice al figlio “Tieni bene a mente d’ora in poi, qualsiasi cosa facciamo qualcuno ti critica. Forse è il momento di decidere da soli quale sia la cosa più giusta!”. All’epoca dei like,… Su cosa si basa il mio dubbio che la storiella non sia più adatta come fonte di messaggi educativi per i giorni nostri? Cito nell’ordine tre argomenti, iniziando dall’epidemia del bisogno imperante di like creato dai cosiddetti social. Si constata che una delle preoccupazioni più diffuse tra le folle odierne, prigioniere del compulsivo bisogno di affondare senza sosta lo sguardo nel proprio telefonino, sia la necessità del singolo individuo di vedere quanti like ha suscitato l’immagine o la frase che ha appena postato qualche minuto prima. Un bisogno spasmodico di consenso ormai dilagante. Ne hanno bisogno, ovviamente, i politici visto che devono cercare di piacere ai loro elettori (ed elettrici ovviamente…) per poter accedere alla stanza dei bottoni. Come catturare i loro voti? La via maestra è diventata quella dei megafoni social, che permettono oggi un rapporto diretto e quotidiano tra i leader massimi e le folle, nutrito attraverso raffiche di accattivanti messaggi-lampo quotidiani, facendo così praticamente evaporare il ruolo di figure e strutture intermedie. Ne hanno bisogno quegli eroi/eroine moderne chiamate influencer (il neologismo inserito nel vocabolario Treccani nel 2017 è già tutto un programma). Si tratta come è risaputo di personaggi non solo popolari nei social network, ma che trovano in molti casi grande risonanza anche attraverso i media più tradizionali. Essi sono ormai in grado di influire su comportamenti e scelte di un determinato pubblico, a condizione però… di continuare a raccogliere valanghe di like. Ne hanno bisogno ovviamente tutti coloro che offrono prestazioni artistiche e culturali, e persino coloro che hanno compiti prettamente educativi come maestri, insegnanti e docenti universitari. Un tempo spettava unicamente al corpo insegnante formulare giudizi sugli allievi, ora il diritto di attribuire voti (numerici o simbolici, come i like appunto) fa parte delle prerogative anche dei discenti. C’è però una differenza di fondo enorme ( elefante invisibile?): i docenti vengono formati (si spera) per pronunciarsi sulla base di criteri pedagogici concernenti la La preoccupazione per cosa dirà la gente era onnipresente nel microcosmo famigliare di molti di noi La Rivista · Giugno - Settembre 2025 53

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