La Rivista Il Belpaese paesaggi, figure umane – gli artisti non indulgono nella descrizione o nel racconto, ma attivano processi di stilizzazione, di deformazione o di riduzione che, talora, possono arrivare al completo dissolvimento del dato reale nel colore, nel ritmo lineare o nella semplificazione formale. Abbandonata la convinzione che il compito dell’arte sia quello di riprodurre oggettivamente la realtà, ricordiamo che già nella seconda metà dell’Ottocento si iniziano a sviluppare le linee di ricerca antinaturalistiche e antidescrittive6. Segno, gesto e spazio La sala centrale del primo piano è dedicata alle derivazioni del discorso astratto-concreto. L’astrazione non coinvolge più solo l’immagine pittorica che l’artista compone sul supporto, ma è il supporto stesso a diventare protagonista, un campo di azione, gestualità, uno spazio fatto di luce, materia e movimento (Lucio Fontana, Enrico Castellani e Pietro Dorazio). Con un “semplice” taglio Fontana (1899 - 1968) trasla così il significato metafisico della tela, che da una superficie pittorica diventa concetto tridimensionale e spunto di riflessione sullo spazio, sul tempo, e sul ruolo dell’artista in una società che sta scoprendo la terza dimensione e lo spazio lunare7 (allora si era ancora lontani da Marte, o dalle sonde spaziali verso altri pianeti/galassie). Ma come nascono i celebri “tagli” e i “buchi”? “Pensavo all’astronauta che arriva nel silenzio atroce dello spazio, davanti a queste superfici che da miliardi di anni sono lì, questo silenzio mortale, questa angoscia e allora lascia un segno vitale del suo arrivo, desiderio di far vivere questa materia inerte.”8 Il gesto del taglio per Lucio Fontana è come una meditazione. A differenza dei buchi, i primi a sfregiare le tele, che erano meccanici, ripetitivi, i tagli dovevano essere perfetti e imOpere di Carlo Nangeroni La Rivista · Giugno - Settembre 2025 50
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