(chi non continua a lavorare è di poco più grande: 63,9 anni). Il reddito da lavoro post-pensione è più basso della pensione per gli ex dipendenti. Mentre tra gli ex liberi professionisti il reddito da lavoro è molto più rilevante, anche superiore alla pensione (spesso contenuta per gli autonomi). I pensionati lavoratori risultano impiegati l’85-90% delle settimane dell’anno precedente: quindi lavorano quasi quanto prima. Pensionati expat Nel 2024 l’Inps conta 228.600 pensionati italiani residenti all’estero. Le donne rappresentavano nel 2003 il 60% della popolazione pensionata emigrata, mentre oggi sono gli uomini a costituire la maggioranza (il 61% nel 2023). Si tratta, scrive Inps di “una tendenza consolidata, sostenuta presumibilmente dalla ricerca di condizioni fiscali più vantaggiose, di un clima più favorevole e di una qualità della vita superiore”. I pensionati con redditi superiori a 5 mila euro al mese emigrano oltre sei volte più dei pensionati con redditi più bassi. Il fenomeno migratorio è quasi triplicato tra il 2010 e il 2023 – da 10 a 33 emigrati ogni 100 mila pensionati – coinvolgendo principalmente le grandi regioni del Nord e del Centro, nonché la Sicilia, mentre il Sud e le Isole mostrano una partecipazione più contenuta. Tra 2010 e 2024, i Paesi esteri più interessati dal fenomeno sono stati Spagna e Portogallo, seguiti da Svizzera, Francia e Germania. Le mete emergenti sono Albania e Tunisia. Lavoro Nel 2024 gli assicurati Inps – vale a dire tutti i lavoratori obbligati ai versamenti previdenziali – hanno superato i 27 milioni: 400 mila in più sul 2023 (+1,5%) e 1,5 milioni in più rispetto al 2019 (+5,9%). Il numero di settimane medie lavorate all’anno è rimasto però stabile: circa 43. La crescita è trainata dai lavoratori dipendenti privati, dai precari iscritti alla gestione separata, dagli under 34 e soprattutto dagli extracomunitari (+28,8% sul 2019). I giovani crescono di 600 mila unità tra 2019 e 2024, mentre gli extracomunitari di 665 mila nello stesso periodo. Salgono anche i contributi versati dai lavoratori: 263 miliardi (+5,9% sul 2023) di cui però 41 miliardi coperti dallo Stato per le agevolazioni (taglio del cuneo fiscale e decontribuzione Sud, su tutti). Retribuzioni Sui 20,8 milioni di lavoratori dipendenti, le retribuzioni più alte sono quelle dei 9,26 milioni che lavorano tutto l’anno a tempo pieno: 40 mila euro (+2,4% sul 2023 e +9,5% sul 2019). Questi lavoratori rappresentano il 45% dei dipendenti italiani. L’altro 55% è fatto di lavoratori precari. I meno protetti sono 3,65 milioni che lavorano solo per una frazione di anno e a tempo parziale (18%): la loro retribuzione media è di 9 mila euro. Poi ci sono 2,38 milioni di lavoratori impiegati tutto l’anno, ma a tempo parziale (11%): la loro retribuzione vale circa 18-19 mila euro, simile a quella dei 5,48 milioni di lavoratori (26%) impiegati per una parte dell’anno ma a tempo pieno. Inps poi guarda alla retribuzione netta anziché lorda, per misurare qual è stato l’impatto della decontribuzione voluta dal governo Meloni sui redditi medio-bassi. E scopre che il “reddito mediano” – pari a circa 2.300 euro lordi mensili – di un lavoratore stabile che lavora tutto l’anno a tempo pieno ha recuperato quasi tutta l’inflazione (17% dal 2019 al 2024). Tutti gli altri però hanno perso potere d’acquisto, nonostante il taglio del cuneo fiscale, dai due ai cinque punti. Nel 2024 l’Inps conta 228.600 pensionati italiani residenti all’estero La Rivista · Giugno - Settembre 2025 25
RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ1NjI=