La Rivista Geopolitiche Piano Mattei: a che punto siamo nel 2025? di Felisa Ferroglio Nel 2024, l’Italia ha posto l’Africa al centro della propria agenda di politica estera con il lancio del Piano Mattei, annunciato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Vertice Italia-Africa di Roma. Ideato per promuovere lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro con e nei Paesi africani, l’iniziativa mira a ridefinire le relazioni euro-africane attorno al principio di partenariato paritario. Tuttavia, trasformare questa ambizione in pratica richiede più delle sole promesse e si fonda su diplomazia, responsabilità e trasparenza. Approccio coordinato su settori prioritari Un anno dopo, il Piano sembra acquisire slancio. Al Vertice sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite del luglio 2025, Meloni ha incontrato il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed per esaminare i progetti in corso nell’ambito del Piano. Nel frattempo, la portata dell’iniziativa si è ampliata rapidamente, includendo quattordici Paesi africani rispetto ai nove del lancio. Essa è ora integrata in quadri di sviluppo più ampi, come il Global Gateway dell’UE, e ha attirato il sostegno di importanti attori multilaterali, tra cui la Banca Mondiale. Questo processo di internazionalizzazione ed europeizzazione colloca il Piano Mattei in un contesto finanziariamente solido, rafforzando al contempo il potenziale ruolo dell’Italia come cerniera tra Europa e Africa. L’architettura dichiarata del Piano Mattei si concentra su alcuni settori prioritari e su un approccio coordinato e limitato nel tempo. Nella sua prima formulazione, il governo italiano ha raggruppato le attività in “pilastri” tematici — istruzione e formazione professionale, sanità, agricoltura, acqua ed energia — con infrastrutture e cooperazione digitale sempre più valorizzate come filoni complementari. È stato istituito un comitato di coordinamento governativo per gestire i progetti tra ministeri e con partner pubblici e privati; secondo i resoconti pubblici, questo comitato riferisce direttamente alla Presidenza del Consiglio e inizialmente è stato presieduto dall’ambasciatore Fabrizio Saggio. Il Piano è stato concepito come un programma quadriennale che unisce i progetti di cooperazione già gestiti da istituzioni e imprese italiane in un unico quadro strategico con un marchio riconoscibile. Il finanziamento e le partnership costituiscono una variabile chiave per l’impatto potenziale del Piano. Le autorità italiane hanno cercato di combinare fondi pubblici e privati, cofinanziamenti bilaterali e strumenti europei: Roma ha promosso attivamente il Piano Mattei come complementare al Global Gateway dell’UE e, nel 2025, ha raggiunto un accordo di cofinanziamento con la Banca Mondiale per sfruttare risorse agevolate e dell’IDA (International Development Association) per progetti in linea con gli obiettivi del Piano (accesso all’energia, creazione di posti di lavoro e resilienza climatica). Secondo i media, il governo ha indicato una cifra nell’ordine di diversi miliardi di euro legati a iniziative marchiate Mattei (con stime che parlano di circa 5,5 miliardi di euro in iniziative e impegni correlati), anche se gran parte di questo totale sembra comprendere investimenti già programmati, impegni privati e progetti in attesa già previsti piuttosto che un fondo centralizzato realmente nuovo. L’importanza (e i rischi) del coinvolgimento del settore privato Sul terreno, il portafoglio iniziale del Piano Mattei ha privilegiato progetti strategici per gli obiettivi italiani di sicurezza energetica e alimentare, oltre che politicamente visibili. Tra gli esempi citati dai media e nei briefing governativi vi sono investimenti nell’energia — sia nei combustibili fossili dove politicamente sostenibili, sia, sempre più, in energie rinnovabili e infrastrutture di rete —, partenariati nelle filiere agroalimentari con investimenti agro-industriali, centri di La Rivista · Giugno - Settembre 2025 15
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