che questo nuovo protezionismo targato Trump non vada troppo in là, che le cose quindi non vadano troppo male, che il rallentamento economico già esistente non si trasformi in una recessione internazionale. Ed è anche auspicabile che siano gli Stati Uniti stessi a rendersi conto del loro grande errore, a un certo stadio della vicenda. Anche l’esperienza di tempi passati dovrebbe servire. Negli anni Trenta gli USA introdussero lo Smoot-Hawley Tariff Act, aumentando parecchio i loro dazi, con l’obiettivo di proteggere le imprese statunitensi dalla concorrenza estera. Gli altri Paesi risposero con controdazi e il risultato fu che tra il 1929 e il 1934 i commerci internazionali scesero di oltre il 60%. Le cose iniziarono a migliorare solo quando si cominciò a smontare una parte del protezionismo. L’economia mondiale attuale è più articolata, dunque non è detto che il danno sia grande come quello degli anni Trenta. È oggettivo, comunque, che con i dazi anche oggi ci siano difficoltà in più. In attesa di tempi migliori, l’unica è non smettere di difendere l’apertura economica, anche facendo o rafforzando accordi di libero scambio con tutti i Paesi che ci stanno, contrastando la nuova onda di protezionismo. La povertà estrema, che riguarda la parte di popolazione mondiale con entrate quotidiane inferiori ai 2,15 dollari USA, secondo la Banca mondiale è scesa in modo molto marcato, dal circa 38% del 1990 al circa 9% del 2024 Nel 1930 il presidente americano Herbert Hoover (nella foto) firmò lo Smoot-Hawley Tariff Act, aumentando parecchio i dazi, con l’obiettivo di proteggere le imprese statunitensi dalla concorrenza estera. Gli altri Paesi risposero con controdazi e il risultato fu che tra il 1929 e il 1934 i commerci internazionali scesero di oltre il 60%. La Rivista · Giugno - Settembre 2025 11
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