globale era di circa 5,3 miliardi nel 1990 e di circa 8,1 miliardi nel 2024. Il risultato è stato ottenuto in coincidenza con un marcato aumento della popolazione, quindi l’incremento del PIL pro capite va considerato come un progresso su tutta la linea. Se guardiamo alla Svizzera, ebbene ha tratto molti vantaggi dallo sviluppo del libero scambio, dagli anni Novanta ad oggi. L’economia elvetica è più aperta di molte altre ed ha quindi usufruito largamente dell’aumento degli scambi economici globali. Il Prodotto interno lordo svizzero, al di là delle oscillazioni nei singoli anni, ha avuto nell’insieme un buon passo. Questo ha permesso al PIL pro capite elvetico di essere a livelli elevati, anche in presenza dell’incremento della popolazione. Per la Banca mondiale in Svizzera il PIL nominale pro capite nel 1990 era pari a 39.574 dollari USA; nel 2024 era pari a 103.669 dollari, cifra che ha consentito alla Confederazione di rimanere nel gruppo di testa a livello mondiale. Occorre ricordare che nel 2024 gli USA erano a 85.809, la Germania a 55.800, la Francia a 46.150, l’Italia a 40.226. Distanze minori La crescita economica mondiale è stata di buon livello, al di là delle oscillazioni annue, nel complesso degli oltre tre decenni, e questo ha permesso gli incrementi del PIL pro capite. Le tensioni geopolitiche, i conflitti bellici, la pandemia, alcune misure protezionistiche esistenti già nel primo mandato di Trump, hanno certamente determinato alcuni rallentamenti della crescita nell’ultimo decennio. Tuttavia, diminuzioni marcate del PIL pro capite mondiale nei 35 anni considerati ci sono state solo tre volte: nel 2009, nel 2015, nel 2020. C’è un’altra obiezione spesso sollevata, quella sul fatto che la media nasconderebbe in realtà un forte incremento delle diseguaglianze, con un moltiplicarsi di vantaggi che toccherebbe in tutto o in gran parte la quota alta dei redditi. Anche su questo versante occorre chiarire. Guardando al mondo nel suo insieme, i Paesi emergenti hanno ridotto la distanza dai Paesi avanzati, si pensi a Cina, Brasile, India e a molti altri; da questo punto di vista, il mondo è oggi meno diseguale, non più diseguale. Guardando ai singoli Paesi, la situazione è mista, non tutta scura: alcuni hanno ridotto le diseguaglianze, altri no; il libero scambio di per sé facilita la diffusione del benessere, poi devono essere i vari Stati a fare le giuste scelte politiche ed economiche sul piano interno. Bisogna comunque anche aggiungere che la povertà estrema, che riguarda la parte di popolazione mondiale con entrate quotidiane inferiori ai 2,15 dollari USA, secondo la Banca mondiale è scesa in modo molto marcato, dal circa 38% del 1990 al circa 9% del 2024; questo vuol dire che dai circa 2 miliardi di persone del 1990 si è scesi ai circa 700 milioni del 2024. Occorre ancora migliorare, certo, ma è sbagliato negare i progressi registrati. Tornando alla Svizzera, il Paese, contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a pensare, è rimasto in un’area di diseguaglianze interne che non è tra le più alte a livello internazionale. Secondo l’indice Gini sulle diseguaglianze (1= diseguaglianza massima), fornito da Statista, nel 2024 gli Stati Uniti erano a 0,42, l’Italia a 0,36, la Svizzera a 0,33, la Germania e la Francia a 0,32. Considerando che nella classifica globale dell’indice Gini si va da massimi attorno a 0,60 a minimi attorno a 0,20, si può osservare come la ConfeNon sappiamo quanto a lungo resteranno i dazi americani e a che livelli. Sappiamo che si potrebbe andare avanti per almeno tre anni abbondanti, cioè per la residua durata del mandato del presidente Trump La Rivista · Giugno - Settembre 2025 9
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