La Rivista

figurini iniziano a scomparire dalle vetrine, sostituiti dagli abiti già confezionati. Se nelle forme degli abiti si legge l’influenza parigina – evidente nei figurini degli anni Cinquanta, caratterizzato uno stile ancora sensibile alle novità francesi che, con il New Look di Christian Dior nato nel 1947, continuano a rivoluzionare il panorama della moda – o della moda inglese, nella scelta delle stoffe è invece chiaro l’intento di Galtrucco di identificare nel tessuto, ricercato e di ottima fattura, il tratto distintivo della moda italiana. Enrica Morini - No. Anche se sono pochi i casi in cui questo tipo di disegni è stato conservato, non escludo che possano essercene altri. Il problema è che i negozi di tessuti sono stati rarissimamente oggetto di ricerche storiografiche. Anche per questo, le pubblicazioni, la mostra e il catalogo su Galtrucco sono da considerare una sorta di progetto pilota che potrà essere oggetto di approfondimenti, ma soprattutto (ci auguriamo) di dare l’avvio a un filone d’indagine che chiarisca la funzione fondamentale che la distribuzione ha avuto nel tempo nella storia della moda. È vero che Giorgio Armani si è servito proprio dei tessuti Galtrucco per le sue prime collezioni? Sarebbe ovvio giacché ha iniziato a Milano, la fonte dei materiali era lì. Enrica Morini - L’affermazione è azzardata e non provata: Giorgio Armani ha lavorato prima alla Rinascente, poi alla Hitman, dove certamente ha costruito rapporti con produttori tessili di varia specializzazione, sia per il maschile sia per il femminile. La collaborazione con Galtrucco sembra essere iniziata negli anni ’80. In mostra sono esposti diversi vestiti di noti stilisti come Krizia, Chloé e Armani. A proposito ci sono delle storie particolari da raccontare? Margherita Rosina - Sembrerà paradossale, ma abbiamo fatto meno fatica a reperire confronti puntuali tra tessuti e abiti nel periodo più lontano dalla fine del Novecento che non per gli anni più recenti. La storia della collaborazione con gli archivi Chloé di Parigi è un esempio. Un giorno ero negli archivi di Clerici Tessuto a Grandate e vedo appoggiata al bancone una tirella che riconosco immediatamente come una seta stampata usata da Chloè e creata dall’ufficio stile Galtrucco nel 1977. Chiedo notizie alla responsabile dell’archivio e mi dice che la stoffa è stata scelta dall’attuale direttrice creativa del brand, Chemena Kamali, per la collezione 2025 e che si apprestavano a produrla. A quel punto, grazie alla collaborazione di Clerici Tessuto, siamo state messe in contatto con l’Archivio storico di Chloé a Parigi; hanno voluto conoscere il progetto della mostra e hanno deciso di collaborare mettendoci a disposizione tutto il materiale presente nel loro archivio, dai capi originali, ai disegni, alle foto di sfilata, che abbiamo accostato alle tirelle di stoffa con i disegni corrispondenti agli abiti scelti: una vetrina della mostra era pronta! Il coup de théâtre finale, su un’idea di Enrica Morini, è stato farci stampare una metratura adeguata della stessa seta con disegno a festoni, che abbiamo drappeggiato “alla Galtrucco” sul fondo della vetrina, per richiamare il tipico modo di esporre le stoffe che caratterizzava le vetrine dei loro negozi, come si può vedere bene nelle foto dell’epoca. La mostra non è solo una dedica storica a Galtrucco, ma la si può vedere anche come un elogio alla moda italiana. Cosa ne pensate? Enrica Morini - Più che della moda italiana, direi del modo di vestire degli italiani. La locuzione moda italiana evoca immediatamente una storia di scelte politiche e propagandistiche che l’Italia ha compiuto in questo campo nel ventennio tra le due guerre mondiali. Tirella GP0059, organza di seta stampata 4 varianti colore, 1981 - Fondo Galtrucco (© Grandate (Como), Archivio Clerici Tessuto & C S.p.A. – Fotografia Studio Carlos&Dario Tettamanzi) La Rivista Incontri La Rivista · Gennaio -Marzo 2025 52

RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ1NjI=