La Rivista

campagna, che si ritrovò senza più edifici amministrativi, scuole, servizi. Gli jugoslavi dovettero costruire una città ex novo. E fecero sul serio: in quegli anni il presidente Tito si allontanava dall’URSS di Stalin tentando un moderato avvicinamento all’Occidente, e la “Nuova Gorizia”, si volle nuova nel vero senso della parola. Una vetrina del socialismo affacciata sull’Occidente. Un urbanista allievo di Le Corbusier, Edvard Ravnikar, venne chiamato a progettare una città ideale, di cui ancora oggi si percepisce la traccia addentrandosi fra i viali e le piazze di Nova Gorica. Fra Berlino e Chiasso Può venire in mente il muro di Berlino, pensando a quello (poco più che un reticolato, di fatto, ma non per questo meno “efficiente”) che per metà del secolo scorso ha separato Gorizia e Nova Gorica. Ma in realtà l’introduzione del lasciapassare per gli abitanti delle due città, già all’inizio degli anni Cinquanta, aveva creato una dinamica che farebbe quasi pensare a una Chiasso affacciata a Est. Con gli sloveni che arrivano a comprare caffè, riso e medicinali, e gli italiani in fila per benzina, carne e sigarette. Piazza della Transalpina, affacciata sulla stazione ferroviaria (oggi slovena) risalente ai primi del 900, è rimasta il luogo simbolo della vecchia divisione. Un tempo la facciata era dominata da una grande stella rossa, e dalla scritta “Noi costruiamo il socialismo”. La piazza era divisa in due dal “Muro di Gorizia”, di cui oggi è rimasto un minuscolo tratto commemorativo. A pochi passi, un mosaico di forma circolare segna il vecchio confine e riporta due date: 1947-2004 – l’anno della caduta del muro, l’anno dell’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea. Memorie di guerra Chissà se quando è nata l’idea di candidare una realtà transfrontaliera come Gorizia e Nova Gorica a capitale della cultura si percepiva già l’eco funesta dell’invasione dell’Ucraina. Di certo non si immaginava quanto gli equilibri (ma sarebbe meglio dire: gli squilibri) geopolitici internazionali si avviavano a mettere in discussione non solo il ripudio della guerra ma la stessa democrazia. Come che sia, questo progetto transfrontaliero assume oggi il valore di un baluardo di ragionevolezza, a difesa dei valori dello scambio e della convivenza pacifica che sono alla base dell’idea stessa di Europa. Soprattutto pensando alle memorie belliche che da queste parti assumono toni particolarmente cupi. Le centinaia di migliaia di vittime delle battaglie sull’Isonzo e sul Carso nella Prima guerra mondiale, il tragico capitolo delle foibe nel secondo dopoguerra. Di qua e di là della frontiera, numerosissimi sono i percorsi, musei e memoriali legati a quel passato. Sulla salita che porta al Castello di Gorizia, che da otto secoli domina la città e i dintorni, il Museo della grande guerra – ospitato nei sotterranei di due edifici storici, le case Dornberg e Tasso – rievoca le vicende belliche, i campi di battaglia, la vita nelle trincee, e «la vita quotidiaLa locandina di un film sulla storia della città, prodotto in occasione della scelta di Gorizia e Nova Gorica come capitale europea della cultura Il castello di Gorizia risale, nel suo nucleo originario più volte di successivi rifacimenti, al 1200. Distrutto dai bombardamenti della prima guerra mondiale, è stato restaurato negli anni '30 del 900 ripristinando la struttura rinascimentale La Rivista · Gennaio -Marzo 2025 35

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