Il lupo cattivo1 ha sempre ragione? di Vittoria Cesari Lusso Vecchie favole e nuove realtà Che il più forte riesca sempre a imporre la sua ragione è una credenza che ci viene da lontano e si materializza – ahinoi - in diversi ambiti dell’umana società. In effetti, essa trova conferme attraverso una miriade di avvenimenti che hanno segnato la nostra Grande Storia, tragicamente insanguinata da guerre, passate e presenti, spesso scatenate da despoti assetati di potere, e applauditi dall’immancabile seguito di fanatici proseliti. È tramandata da generazione in generazione sotto forma di impronte culturali strutturate nei secoli in profondi sedimenti di inconscio collettivo. È percepibile nelle dinamiche relazionali che viviamo al quotidiano in ambito sociale, lavorativo e anche familiare, ogniqualvolta una parte concentra su di sé il potere di imporre dispoticamente la propria volontà agli altri. È illustrata attraverso una immensità di testi scritti di vario tipo. Tra questi spicca una forma di antica e accattivante di letteratura filosofico-fiabesca con finalità pedagogiche, come ad esempio le vecchie favole a sfondo morale di autori greco-latini quali Esopo e Fedro, riprese secoli dopo, a metà del Seicento, dal francese Jean de la Fontaine. Da una di queste fiabe trae ispirazione questo mio contributo. Mi riferisco alla famosa storia “Il lupo e l’agnello”. Riporto qui di seguito la versione italiana che riprendo a grandi linee da un sito internet (www.letturegiovani. it). Un agnello si dissetava nelle trasparenti acque di un ruscello purissimo. Sopraggiunse un lupo solitario alla caccia di una preda. Era a digiuno da diversi giorni e la fame lo aveva attirato in quei luoghi. - Chi ti dà il permesso di intorpidire l’acqua che bevo? – disse questi furioso - Sire… - rispose l’agnello – io sto dissetandomi nella corrente sotto di lei, perciò non posso intorpidire la sua acqua! - La insozzi! insisté la bestia crudele. E poi so che l’anno scorso hai detto male di me. - Io? Ma se non ero ancora nato – rispose l’agnello. - Se non sei stato tu, è stato tuo fratello. - Non ho fratelli. - Allora qualcuno dei tuoi; perché voi, i vostri pastori e i vostri cani ce l’avete con me. Me l’hanno detto! Adesso devo vendicarmi. - Detto questo il lupo si avventò contro l’agnello. Lo prese per il collo e lo trascinò nel fitto della foresta, dove se lo sbranò. Niente male come illustrazione emblematica della spietata “legge del più forte”, vero? Una morale molto moderna della favola Qual è la morale della favola in questione? Gli innumerevoli commenti a questo proposito convergono su un’idea: il racconto vuole mettere in guardia contro i malvagi prepotenti che ricorrono ad ogni tipo di calunnie per sottomettere alla propria volontà e annientare altri esseri umani. Si tratta di storie a sfondo educativo-morale che di solito vengono proposte al mondo infantile. Il linguaggio metaforico che mette in scena degli animali si presta bene a catturare l’attenzione e stimolare la fantasia del giovane pubblico. Tuttavia, in tale favola c’è un aspetto peculiare sul quale è utile soffermarsi e riflettere senza limiti di età anagrafica: il lupo non si mangia subito la malcapitata creatura – come avviene ad esempio nella storia a tutti ben conosciuta di Cappuccetto Rosso (storia a lieto fine come sappiamo almeno * Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con la sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile ... La Rivista Elefante invisibile* La Rivista · Aprile - Giugno 2025 41
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