Cittadinanza Italiana Approvata la legge che suscita le proteste degli italiani all’estero La Rivista Primo Piano Con queste parole, Giorgio Silli, Sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha introdotto la relazione di Governo, in apertura dell’Assemblea generale del Consiglio generale all’estero (CGIE), che si è svolta a Roma fra il 16 e il 20 giugno scorso. Il riferimento è alla legge che ha riformato la trasmissione della cittadinanza italiana jure sanguinis. Il Governo e – in fase di conversione del decreto legge – il Parlamento, ha continuato Silli, hanno quindi inteso intervenire per apportare dei correttivi alle conseguenze dell’assenza di limiti generazionali nella trasmissione della cittadinanza italiana. Il grande rischio era infatti lo svuotamento del concetto stesso di cittadinanza italiana, nella misura in cui i beneficiari della vecchia normativa erano potenzialmente più numerosi dei cittadini che vivono in Italia e potevano accedere al beneficio sulla base di antenati anche lontanissimi. Intervenire su questa materia, ha detto il Sottosegretario, era quindi necessario e il Governo lo ha fatto in modo da non togliere nulla a chi ha un effettivo legame con il nostro Paese o lo vuole ristabilire, con l’effetto di ridare dignità ed importanza alla cittadinanza, intesa come autentico e concreto insieme di diritti e doveri. Il testo definitivo della legge non sostituisce per i nati all’estero il principio jure sanguinis ma lo accompagna – con una variante rispetto al Decreto decisa dal Parlamento – con la necessità che almeno un genitore o un nonno abbia (o abbia avuto) solo la cittadinanza italiana. La trasmissione per nascita è garantita anche ai figli di un genitore o adottante cittadino che abbia risieduto nel nostro Paese per due anni prima della loro nascita o adozione. Sono stati presi accorgimenti anche per i nuovi nati in possesso di altra cittadinanza ma figli di genitori cittadini italiani per nascita, se questi ultimi rendono una dichiarazione di volontà entro un anno dalla loro nascita. Si è inoltre consentito che il cittadino italiano per nascita che viene a risiedere in Italia possa trasmettere, con una semplice manifestazione di volontà, la cittadinanza ai propri figli minori conviventi, a condizione che la residenza di questi ultimi in Italia duri per almeno due anni. Queste previsioni, ad avviso del Governo italiano, permetteranno, a chi lo vorrà, di mantenere costante l’effettività del legame con l’Italia che deve essere alla base del rapporto di cittadinanza. È stata così introdotta una fase di transizione in relazione alla questione degli appuntamenti e che tiene conto dei minori nati prima della entrata in vigore della legge. Inoltre, ha sottolineato Silli, su proposta del Presidente Tajani, sono stati riaperti i termini per il riacquisto della cittadinanza per chi l’aveva persa ai sensi della normativa vigente fino al 1992. Inoltre, sempre nelle intenzioni del Governo, la nuova legge incoraggia l’immigrazione di ritorno, offrendo la possibilità ai discendenti di italiani che provengono dai principali Paesi della nostra emigrazione, di chiedere un permesso di soggiorno per lavoro subordinato in Italia al di fuori delle quote e senza limiti di generazioni. E per i discendenti di cittadini italiani per nascita fino alla seconda generazione il percorso per la naturalizzazione sarà più rapido: saranno richiesti solo due anni di residenza in Italia. Per chi vuole venire a vivere e a la- “I tempi per una revisione della Legge n. 91/1992 erano ormai maturi, come reso evidente anche da numerose sentenze e decisioni delle nostre Corti”. La Rivista · Aprile - Giugno 2025 22
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