Ottobre-Dicembre 2024 n. 04 - Anno 115 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2024 Intrappolati nella sindrome italiana Pag 89-96 Il Mondo in Camera
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Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch La Rivista Editoriale pubblico e dell’astensionismo elettorale), un’analisi più approfondita, volta a collocare gli eventi congiunturali nell’alveo dei processi lunghi di trasformazione della società italiana, sempre secondo il Rapporto, ci consegna una immagine più aderente alla reale situazione sociale del Paese. La sindrome italiana è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati: non registriamo picchi nei cicli positivi, non sprofondiamo nelle fasi critiche e recessive. Nel medio periodo, i principali indicatori economici, ovvero il Pil, i consumi delle famiglie, gli investimenti, le esportazioni, l’occupazione, tendono a ruotare intorno a una linea di galleggiamento – senza grandi scosse, né in alto, né in basso – all’interno di un campo di oscillazione molto ampio, perimetrato dai valori massimi e minimi toccati dai Paesi europei. Ci flettiamo come legni storti e ci rialziamo dopo ogni inciampo, senza ammutinamenti. Anche nella dialettica sociale, infatti, la sequela di disincanto, risentimento, frustrazione, senso di impotenza, sete di giustizia, brama di riscatto, smania di vendetta ai danni di un presunto colpevole, così caratteristica dei nostri tempi, non è sfociata in violente esplosioni di rabbia. Ma il lento andare nel tempo dell’economia ha sancito definitivamente che la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata. All’erosione dei percorsi di ascesa economica e sociale del ceto medio si sta accompagnando la messa in discussione dei grandi valori unificanti del passato modello di sviluppo (il valore irrinunciabile della democrazia e della partecipazione, il conveniente europeismo, il convinto atlantismo). Se non si può più salire socialmente grazie alle capacità personali, all’impegno, al merito, allo studio e al lavoro, vivendo dentro una società proiettata verso la crescita, allora, in una società che invece galleggia, il desiderio di riconoscimento può – e deve – essere appagato spostando la partita in un altro campo da gioco: quello della rivalità delle identità. Si ingaggia una competizione a oltranza per accrescere il valore sociale delle identità individuali etnico-culturali, religiose, di genere o relative all’orientamento sessuale. Nel nuovo contesto, le questioni identitarie tendono a sostituire le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica. La contesa può dispiegarsi sul piano formale, nella ricerca della codificazione di un preciso status giuridico, altre volte si svolge su un piano squisitamente simbolico, dentro una sempre più aspra dialettica sociale delle differenze, che implica l’adozione della logica “amico-nemico” Mentre il dibattito politico si arrovella sui criteri normativi da adottare per regolare l’acquisizione della cittadinanza italiana, in una parte della popolazione ha messo radici la convinzione che esista una identità distintiva: secondo il 37,6% degli italiani (e il dato sale al 53,5% tra le persone in possesso di un basso titolo di studio) l’“italiano vero” discende da un ceppo morfologicamente definito, fonte originaria della identità nazionale. Addirittura, il 13,7% (il 17,4% tra le persone meno scolarizzate) pensa che per essere italiani occorra poter esibire determinati tratti somatici. La mancanza di conoscenze di base rende i cittadini più disorientati e vulnerabili. Mentre si discute di egemonia culturale, per molti italiani si pone invece il problema di una cittadinanza culturale ancora di là da venire (del resto, per il 5,8% il «culturista» è una «persona di cultura»). Che lascia prevedere una condizione di ignoranza diffusa anche nel prossimo futuro, quando spetterà alle attuali giovani generazioni occupare posizioni di responsabilità. Nel limbo dell’ignoranza, e il Rapporto ce ne dà conto, possono attecchire stereotipi e pregiudizi. Senza contare che l’ignoranza è una minaccia anche per la democrazia, se per i cittadini diventa difficile decodificare le proposte politiche, riconoscendo quelle fondate su presupposti falsi o con fini manipolatori. *58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2024 Lo si legge nel rapporto*. Che, come ogni anno, si rivela uno scrigno di dati su cui fondano (affondano?) ragionamenti che (pia aspirazione?) sarebbe utile non ignorare. Tutto quello che conta davvero sembra accadere (in taluni casi verrebbe da dire: per fortuna!) al di fuori dell’Italia: la guerra senza fine improvvisamente combattuta alle porte dell’Europa o il cruento conflitto scoppiato in Medio Oriente, i vincoli imposti da Bruxelles alle finanze pubbliche, le decisioni della Bce sui tassi di sconto o la strisciante crisi politica che ghermisce l’Unione europea. In prospettiva, per la metà, o giù (su?) di lì, degli italiani il futuro sarà condizionato dal cambiamento climatico, dai ricorrenti eventi atmosferici catastrofici, dalla piega che prenderà la guerra in Medio Oriente, dal rischio di crisi economiche e finanziarie globali e dalle conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina. Per un terzo, o su (giù?) di lì, dalle migrazioni internazionali, dalla guerra commerciale e dalle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, dagli stravolgimenti prodotti dalle innovazioni tecnologiche. Risvegliati dall’illusione che il destino dell’Occidente fosse di farsi mondo, viviamo in un mondo agitato da forti tensioni, in cui nessuno è contento di come il mondo è. Un mondo risentito e minaccioso, in cui le insoddisfazioni dei leader e dei popoli si stratificano e si rinfocolano, introducendoci in un’era dello scontento globale. Il destino dell’Italia è iscritto nel solco del cambiamento d’epoca che investe le società europee e occidentali, ma con sue proprie specificità. E se a prima vista il 2024 potrebbe essere ricordato come l’anno dei record per l’Italia (il record degli occupati e del turismo estero, ma anche della denatalità, del debito
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SOMMARIO 32 1 Editoriale 7 Italiche Incontro al futuro Confidando in un’accelerazione del Recovery Fund 11 Elvetiche Quando la Svizzera non si riconosce i meriti che ha sul piano economico 15 Europee Il Parlamento approva la nuova Commissione Ue 18 Novità in Gazzetta Ufficiale 22 Angolo Legale Dividendi svizzeri con credito d'imposta Novità giurisprudenziali favorevoli per i residenti italiani percettori di dividendi di fonte svizzera 25 Cultura d’Impresa Intelligenza artificiale contro Intelligenza emotiva? Servono entrambe!!! 28 Incontri 37 La qualità della vita nelle città italiane In Copertina La rivalità delle identità e la lotta per il riconoscimento implicano l’adozione della logica «amico-nemico» 56 L’italiano nel mondo del lavoro in Svizzera: il nuovo volume dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana 40 Il Rapporto Italiani nel Mondo 2024 L’Italia delle migrazioni plurime: il futuro è nella comunità e non nella frammentazione 44 Nasce in Italia una rete di musei per celebrare l’emigrazione e le sue radici 46 Elefante invisibile WOKE: chi è mai costui? 50 La Lingua batte dove… Suoni strani per bocche straniere 53 L’italiano in Svizzera? A livello grammaticale, persino meglio che nel Belpaese 57 Onorevole Parolaccia il saggio di Benedetta Cicognani spiega perché il turpiloquio ha conquistato il linguaggio politico 58 «Per scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio» Il venticinquesimo Giubileo universale ordinario della Chiesa cattolica ccis.ch/la-rivista 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2024 Intrappolati nella sindrome italiana La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 4
La pratica agricola della Vite ad Alberello Pantelleria esempio mondiale di sostenibilità dieci anni dopo il riconoscimento Unesco 80 Editore - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Art Director - Marco DE STEFANO Collaboratori C. BIANCHI PORRO, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, D. COSENTINO, L. D’ALESSANDRO, R. DE ROSA, N.FIGUNDIO, G.SORGE,M. FORMENTI, P. FUSO, T. GAUDIMONTE, T. GATANI, R. LETTIERI, F.MACRÌ, V. PANSA, E.PERVERSI, N.TANZI, L.TERLIZZI Redazione Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. +41(0)44 289 23 23 www.ccis.ch /la-rivista larivista@ccis.ch Pubblicità Marco DE STEFANO Dolderstrasse 62 - 8032 Zurigo Tel. 0041(0)44 2892319 E-mail: mdestefano@ccis.ch Abbonamento annuo Chf. 40.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 4 volte l’anno. Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 www.nastroenastro.it 63 Milano, Palazzo Reale, dal 15 febbraio al 29 giugno 2025 Retrospettiva Felice Casorati 66 Regine Heim a vent’anni dalla sua scomparsa. 68 Visioni del Tempo Il Battito del Tempo: Storia e Trasformazione delle Lancette dei Secondi 72 Tele-visioni L’offerta SSR per persone con disabilità 74 Note Italiane 76 «Franco è sempre con noi» Un'intervista ad Angelo Sotgiu dei Ricchi e Poveri 78 La dieta rivista Il tempo è prezioso. Anche quello dei famigerati “A te e famiglia” 84 Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia: la Basilicata 89 Il mondo in Camera • Grande successo a Zurigo per la rinnovata edizione di CCIS&Friends • A Lugano autorità, istituzioni e oltre 200 imprenditori al forum industriale italo svizzero della CCIS • Swiss Italian Startup Award 2024: 350 partecipanti per una prima edizione da record • Settimana della Cucina Italiana nel Mondo 2024: Basel Edition Mediterranean diet from tradition to innovation La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 5
Direzione Generale e Agenzia di Città Via Giacomo Luvini 2a, 6900 Lugano Sede Operativa e Succursale Via Maggio 1, 6900 Lugano Altre Succursali e Agenzie Chiasso, Manno, Locarno, Bellinzona, Biasca, St. Moritz, Celerina, Pontresina, Poschiavo, Castasegna, Coira, Berna, Basilea, Zurigo, Neuchâtel, Martigny, Verbier, Vevey, MC-Monaco Affrontare il futuro serenamente Avete capitale che desiderate versare in una volta sola? Il Piano di Accumulo in Fondi PLUS di BPS (SUISSE) vi permette di far fruttare risparmi, previdenza libera o riscatti di capitale previdenziale, lasciando ai nostri gestori il compito di investirli gradualmente nei mercati finanziari. Call Center 00800 800 767 76 contact@bps-suisse.ch www.bps-suisse.ch Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La vostra Banca, i vostri valori Inquadrate il codice QR per saperne di più. Piano di Accumulo in Fondi Plus
Quali le prospettive per l’Italia? Secondo Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS Wealth Management, la situazione della Penisola è oggi tranquilla e questa è forse una sorpresa cui non eravamo più abituati. Politicamente, inoltre, è stato forse il Paese più stabile tra i grandi negli ultimi due o tre anni. Incontro al futuro Confidando in un’accelerazione del Recovery Fund di Corrado Bianchi Porro va per innovazione e infrastruttura, questa prassi potrebbe dare un ottimo beneficio in termini di crescita e di riduzione del debito. Ed è, appunto, quanto è successo all’Italia. Ad oggi, il deficit italiano dovrebbe essere per la fine del 2024 al 3,8%, abbastanza vicino al target indicato dall’Unione Europea del 3% e l’obiettivo è di scendere sotto questa soglia entro il 2026, cosa che probabilmente potrebbe già accadere nel 2025, quindi c’è un margine di vantaggio. Bisogna poi aggiungere che la situazione italiana, da un punto di vista politico, è assai frammentata, ma molto più semplice rispetto a quella della Francia, dato che l’Italia ha tanti partiti, quasi tutti però con posizioni “moderate” sui temi economici, per cui alla fine una “quadra” o un accordo si è sempre trovato. Una situazione assai più polarizzata Invece, quanto si osserva in Francia è una situazione assai più polarizzata, pur con conduzione presidenzialista. Il primo partito è infatti di sinistra-sinistra, il secondo è di destra e in mezzo ci sono partiti molto più piccoli che rappresentano il centro, una situazione opposta rispetto all’Italia, per cui è molto più difficile Con il Covid (inizialmente la nazione, come si ricorderà, era stata la prima ad essere colpita in Europa dalla pandemia) si era registrato un rapido aumento dell’indebitamento. Ma successivamente la discesa è stata molto veloce, per cui il rapporto debito pubblico sul Prodotto Interno Lordo è sceso al livello del 2019 e questo, secondo Il CIO di UBS, è un elemento di studio promettente e interessante per tutta l’Europa. Questo significa che con un pacchetto come quello del Recovery Fund europeo (che per altro per due terzi è debito e quindi la parte dei contributi è piuttosto piccola), seguendo un coordinamento europeo, nel senso che si finanzia fissando esattamente dove spendere con impegno e vincoli produttivi, il debito scende. Invece, i governi nazionali spesso sono stati in ostaggio di problemi e crisi contingenti. In pratica: ci si allerta solo per portare sollievo a regioni colpite o per risolvere disastri che impegnano le risorse in una logica assai meno produttiva. Quindi, la verità è che forse (vale per l’Italia, ma anche per altri Paesi), con maggior potere e supervisione alla Commissione europea, seguendo i principi degli investimenti fatti in maniera produttiLa Rivista Italiche La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 7
trovare un’intesa per consolidare qualcosa di durevole. C’è dunque un aspetto anche politico che gioca a vantaggio dell’Italia. Se osserviamo quanto è successo nel decennio passato, vediamo la situazione di crisi della Germania, che di fatto ha promosso l’auto elettrica senza avere la tecnologia necessaria. Oggi è evidente a tutti che le auto elettriche europee sono più arretrate dal profilo tecnologico rispetto a una Tesla o alle auto cinesi. Costano di più e la funzionalità resta diversa. Se si desidera dunque un’auto elettrica è difficile acquistarne una europea che impiega più tempo per la ricarica, dura meno o costa di più. È realtà che incombe sulle nostre economie, compreso il connesso parco dell’indotto. Si tratta certo di crisi che a turno toccano un paese piuttosto che l’altro, con problemi di crescita, debito e deficit, ma c’è sempre qualcosa che non va, se mancano progetti di ampio respiro. La tecnologia ne è un esempio lampante. L’Italia investe assai poco e così non ci sono grandi ritorni. Eppure, sui vaccini e le cure per il Covid, pagate dal governo americano e là assemblate, in Europa si è festeggiato quando siamo riusciti a comperarli, sebbene costruiti – non dimentichiamolo – grazie alla tecnologia europea. Non è che non ci fossero le capacità: mancava solo il denaro sul tavolo e rischiare. Una visione romantica Stessa cosa per internet. Abbiamo ancora una visione molto romantica delle società nate nei garages senza soldi, ma a questo crediamo solo noi. Internet nasce coi fondi della difesa americana (tutti investimenti pubblici) che realizzano l’infrastruttura (1.300.000 km di cavi sottomarini che ogni 5 anni vanno registrati e regolati). Chi spende, poi avrà anche benefici. Se non si investe, è difficile tenere il passo. Nel piano proposto da Draghi, mobilitando il 6% del Pil si otterrebbe anche una riduzione del debito dei singoli Paesi. Il problema, insomma, non è il debito, ma la cessione di potere e una mentalità differente. Cessione di potere perché l’UE presta a buon prezzo, ma gli utilizzatori devono effettuare operazioni ad hoc, eliminando oneri improduttivi. Così è successo per Italia e Spagna e ha funzionato. Al di là delle critiche, si vede come funzioni togliere potere ai Governi locali che su alcune vicende restano in ostaggio. L’altro aspetto non secondario è la mentalità. Capire, cioè, che l’Europa è un’area economica e i nostri competitor sono la Cina o gli Stati Uniti; non l’Italia per la Germania e viceversa. La parte finanziaria è in fondo semplice. Per esempio, conclude Matteo Ramenghi, in Europa con il riscaldamento del clima, le pompe di calore, l’uso diffuso dell’intelligenza artificiale e i data center, andiamo incontro ad un enorme consumo di elettricità con una forte crescita della domanda. Ebbene, sul nucleare di nuova generazione costruito a livello modulare non c’è più bisogno di grossi impianti che si costruiscono in 10 anni. L’unica nazione, che ha investito massicciamente in Europa, è la Francia, che ha più di un’ottantina di centrali tra le oltre 100 attive nel vecchio continente e alcuni Paesi comperano elettricità da lei di notte che proviene da questa fonte. Ma oggi ci sono Paesi e settori che si costruiscono mini reattori per i loro centri di calcolo in modo sicuro e l’Italia, guarda caso, ha un indotto diffuso e specializzato di PMI attive sulle nuove tecnologie che si approntano in due anni. A parte che, non avendo imboccato la strada della vecchia tecnologia, sarebbe anche più facile tornare indietro e sfruttare le nuove opportunità. Aspettando Trump Non diversa l’analisi di Maria Paola Toschi, Global Strategist di J.P. Morgan AM. La priorità del nuovo presidente Donald Trump è il confronto che si prospetta a Washington con la Cina invocando problemi di sicurezza nazionale e ordini esecutivi e imponendo le tariffe per ovviare al deficit commerciale americano. Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS Wealth Management Italy La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 8
C’è comunque da considerare che l’import cinese negli Stati Uniti è già sceso molto rispetto al 2016. L’impatto ci sarà, ma potrebbe anche essere più limitato del previsto pur se tocca in specie il caso delle auto elettriche, dove quelle cinesi godono di un divario competitivo rispetto alle nostre. Interessante comunque è considerare il fatto che nel frattempo è pure salito l’import da altri Paesi quali Messico, Canada, Unione Europea. In effetti, il nuovo presidente si è dimostrato abbastanza aggressivo nei confronti di altre nazioni e ovviamente l’Europa potrebbe essere tra le aree a rischio, pur se non ci aspettiamo che alla fine venga imposta una tariffa globale così massiccia da mettere in difficoltà altre economie. Prospettive positive, ma non troppo Per quanto riguarda l’Italia, tutto sommato le prospettive per il nuovo anno sono positive. Pur nella sua complessità, dice Maria Paola Toschi, è in questo momento l’area politicamente più stabile tra i grandi Paesi europei. È evidente che gli altri grandi Paesi europei sono in difficoltà a livello politico sia in Germania che in Francia. Adesso per fortuna l’Europa ha trovato il suo indirizzo con l’approvazione del nuovo mandato a Ursula von der Leyen (pure questa scelta è stata un rischio, perché si è aperto un periodo di incertezza) e dunque l’Italia in questo panorama è in una situazione di relativa stabilità. Tra l’altro anche la legge di bilancio, che pure ha sollevato molte obiezioni interne, è stata approvata dall’Europa. Questo ha contribuito ad una visione più positiva da parte delle agenzie di rating (pure questo aiuta) e il nodo del debito che è sempre stato centrale per il governo di Roma, ora diventa un po’ più sfumato, dato che il tema dell’indebitamento è oggi un problema assai più globale. Detto questo, l’Italia resta uno dei Paesi con procedura di debito eccessivo e quindi dovrà tendere a rientrare e allinearsi alle nuove regole dell’Europa. Comunque, tutto sommato, al momento, si trova in una posizione relativamente favorevole. È ripartito il risiko bancario, anche se l’ultima operazione annunciata ha sollevato critiche e si è aggrovigliata con l’aumento della partecipazione del Crédit Agricole. C’è infatti ancora in atto una tematica legata alla fase di concentrazione del settore bancario che tuttavia, dal punto di vista borsistico, aiuta le quotazioni. I problemi strutturali restano e ben li ha messi in risalto Mario Draghi nel suo rapporto sulla produttività. Uno dei problemi più gravosi, secondo Maria Paola Toschi, è la perdita di potere d’acquisto delle famiglie, più strutturale che ciclica, che ha indotto un forte esodo di professionisti all’estero. È un depauperamento dell’Italia che incide soprattutto nelle nuove leve e questo fatto, per un Paese che è la terza economia dell’Europa, rappresenta un handicap. Infine, c’è il tema del Recovery Fund che sta andando più lentamente del previsto; pure quest’anno ci si aspettava maggior accelerazione. Però rimane un traino che ha ancora potenziale da far valere, con capitali che dovranno essere spesi per investimenti, dato che per alcuni obiettivi la scadenza del 2026 sembra ormai una meta irraggiungibile. La Rivista Italiche Maria Paola Toschi – Global Market Specialist di J.P. Morgan Asset Management La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 9
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Gli elogi vengono soprattutto dall’estero, in patria sono molte le posizioni critiche. Eppure su crescita, inflazione, debito, i risultati sono buoni Quando la Svizzera non si riconosce i meriti che ha sul piano economico di Lino Terlizzi economica dell’1,3% per il 2025, dopo un 1,4% per il 2024. Sono percentuali tutt’altro che disprezzabili. Soprattutto considerando due elementi rilevanti. Il primo è appunto il non facile quadro geopolitico ed economico internazionale. Il secondo è il livello alto già da tempo raggiunto dalla Svizzera: trattandosi di un Paese già molto sviluppato, è chiaro che non si possono richiedere elevati tassi di crescita economica annua, che sono invece in genere una caratteristica dei Paesi emergenti o a sviluppo ancora contenuto, che partono da altri livelli e devono evidentemente guadagnare un maggior terreno. Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), la Svizzera tra il 2006 e il 2015 ha registrato una crescita media annua del 2%, contro l’1,5% dell’insieme delle economie avanzate. Negli otto anni successivi, sino al 2023 compreso, la Confederazione elvetica ha registrato in quattro anni risultati migliori della media delle economie avanzate. È difficile comprendere, dunque, come si possa valutare non positivamente la crescita economica elvetica, tenendo presente, come detto, anche i livelli alti già raggiunti, anche per quel che riguarda il Prodotto interno lordo (PIL) pro capite. Lo stesso FMI prevede che il PIL svizzero aumenti ancora dell’1,3% nel 2025, dopo aver ottenuto una percentuale identica nel 2024. Nessuno è profeta in patria, viene spesso detto, riferendosi soprattutto alle persone. Nel complesso il concetto è po’ esagerato. Però in qualche caso un fondo di verità c’è. Estendendo il campo ai Paesi, la Svizzera ricade in parte nella definizione. Una quota non piccola degli svizzeri riconosce infatti al proprio al Paese meno di quanto spesso venga riconosciuto, in termini di meriti, all’estero. Uno dei capitoli in cui ciò è più evidente è quello della crescita economica. Le valutazioni positive sulla Svizzera sono molte oltre frontiera, mentre in patria un numero non secondario di persone si lamenta per una presunta insufficienza elvetica. L’insistenza della stessa Segreteria di Stato dell’economia (SECO) su una crescita svizzera al di sotto della sua media può essere fuorviante, poiché è ovvio che in una fase di rallentamento economico internazionale non si possa essere ai livelli più brillanti. Andamento del PIL Il punto vero è che la Svizzera in questo contesto complicato esprime una tenuta chiaramente buona e ciò va valutato positivamente. Il rapporto del ramo Global Wealth Management (GWM) di UBS sulle prospettive per il 2025, pubblicato nel novembre scorso, assegna alla Svizzera una crescita La Rivista Elvetiche La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 11
Le previsioni dell’FMI e di UBS GWM trovano sostegni, peraltro, anche nei dati del terzo trimestre del 2024, pubblicati sempre in novembre dalla SECO. Tra luglio e settembre la crescita è stata dello 0,2% sul trimestre precedente e dell’1,3% rispetto ad un anno prima. Queste sono le cifre al netto degli eventi sportivi (la Svizzera è sede di organizzazioni internazionali dello sport, che hanno un rilevante indotto economico). Se si guarda alle cifre al lordo degli eventi sportivi, le cose vanno ancora meglio: crescita dello 0,4% sul trimestre precedente e del 2% rispetto ad un anno prima. Le lamentele sul fatto che la crescita nel terzo trimestre 2024 sia stata inferiore a quella del secondo trimestre hanno scarso fondamento. Anzitutto, ciò è vero su base trimestrale ma non su base annua. Poi, si potrebbe allora anche dire che i dati del terzo trimestre sono superiori a quelli del primo trimestre. Alla fine, quello che conta è la media di crescita per l’intero anno e questa, sulla base dei dati disponibili sino all’inizio di dicembre, come visto è sopra l’1% per il 2024. Si deve aggiungere che occorre analizzare con equilibrio anche i dati sull’andamento dei singoli settori. L’economia svizzera è molto diversificata, è fatta di industria, commerci, finanza. Può capitare che nei diversi trimestri ci sia un andamento positivo per alcuni settori e uno meno positivo o negativo per altri. Bisogna tenere sotto controllo le dinamiche dei differenti versanti, certo, ma per una valutazione dell’intera economia elvetica bisogna naturalmente tener conto anche e soprattutto del risultato complessivo, ponendo come termine di riferimento principale quello dell’andamento in almeno un anno intero. Adottando una lettura ragionevole di questo tipo, si può vedere come la resilienza economica della Svizzera, favorita dalla diversificazione, sia stata e sia notevole. Rincaro basso La Svizzera resta peraltro ben piazzata anche per quel che riguarda l’inflazione, che in campo elvetico rimane tra le più basse a livello internazionale. Il contenimento dei prezzi delle materie prime nel corso del 2023 e del 2024 ha contribuito al calo dell’inflazione nel mondo. Nonostante alcuni rimbalzi mensili, il trend nelle maggiori aree economiche sino a dicembre 2024 è stato di riduzione del rincaro. È vero che per il 2025 c’è l’incognita di rialzi dei prezzi legati ad un’eventuale ondata di dazi USA, con la nuova presidenza Trump. Si vedrà. Le banche centrali avevano alzato i tassi di interesse a partire dal 2022, per contrastare l’inflazione; nel 2024, di fronte ai successi ottenuti in termini di minor rincaro, hanno iniziato a tagliare i tassi. Ora siamo in una fase di passaggio, in cui molti istituti centrali devono decidere se e come proseguire. È interessante vedere le dinamiche dell’inflazione in alcune aree economiche principali in questi anni, guardando sino agli ultimi dati disponibili nel momento in cui scriviamo. Negli Stati Uniti il picco di inflazione è stato toccato nel giugno del 2022, con 9,1%; nel novembre 2024 la percentuale era 2,7%. Nell’Eurozona il picco è stato registrato nell’ottobre 2022, con 10,6%; nel novembre 2024 l’inflazione dell’area era al 2,3%. Nel Regno Unito il picco di rincaro si è verificato pure nell’ottobre 2022, con 11,1%; nell’ottobre 2024 la percentuale era 2,3%. In Giappone il picco è stato il 4,3% del gennaio 2023, mentre nell’ottobre 2024 la percentuale era 2,3%. Quanto alla Svizzera, l’inflazione elvetica ha toccato il picco con il 3,5% dell’agosto 2022, mentre nel novembre 2024 era allo 0,7%. A parte il Giappone, che ha dinamiche diverse in tema di inflazione e tassi, le maggiori banche centrali a fine 2024 erano dunque vicine all’obiettivo: per Stati Uniti, Eurozona e Regno Unito questo è il 2% di inflazione in media annua. Per la Banca nazionale svizzera vale invece la fascia 0%-2% in media annua e la Confederazione come si è visto era quindi ancor più vicina al suo obiettivo. Moneta Il sistema Paese Svizzera si è dimostrato ancora una volta particolarmente efficace nel contenimento dell’inflazione. Se da un lato è vero che la Svizzera ha prezzi alti in rapporto a quelli di molti altri Paesi – bisogna peraltro considerare anche i salari, a loro volta alti nel raffronto internazionale – è altrettanto vero però che l’aumento di questi prezzi, misurato appunto dal grado inflazione, è in genere decisamente più contenuto rispetto a quello di molte altre economie avanzate. Questo è un fatto La forza del franco contribuisce al contenimento dell’inflazione elvetica La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 12
pure da non sottovalutare, perché un’inflazione bassa è un fattore che dà maggiori certezze sul piano sia dei consumi sia degli investimenti e che quindi aiuta nel tempo la crescita economica. La forza del franco contribuisce al contenimento dell’inflazione elvetica. Questo è il vantaggio della moneta forte, che si contrappone allo svantaggio che pure questa ha. Se da una parte avere un super franco crea in effetti alcuni ostacoli in più alle esportazioni svizzere, che con questo effetto valutario sono di fatto più care (ecco lo svantaggio), dall’altra parte la forza moneta rende meno care le importazioni e dà un contributo di rilievo alla stabilità dei prezzi. La Banca nazionale svizzera tende a frenare il franco per evitare che l’export elvetico abbia troppi ostacoli, ciò si può comprendere, d’altro canto occorre considerare anche il vantaggio sull’import. Questione di equilibri. Conti pubblici La Svizzera è messa bene anche sul versante dei conti pubblici. Il suo indebitamento pubblico rimane tra i più bassi. Secondo le stime dell’ottobre scorso dell’FMI, l’Eurozona ha un rapporto debito pubblico/PIL dell’88% per il 2024, che potrebbe salire di poco, all’89%, nel 2029. Gli Stati Uniti sono messi ben peggio, rispettivamente al 121% ed al 131%. La Cina è al 90% per il 2024, ma era al 60% cinque anni prima e potrebbe essere al 111% nel 2029. Con il suo 62% per il 2024, che potrebbe diventare 57% nel 2029, la Germania contribuisce parecchio al contenimento del debito nell’Eurozona; ma anche l’Olanda è tra i Paesi dell’area che frenano l’indebitamento, con il 44% del 2024 che potrebbe salire, ma solo sino al 49%, nel 2029. Il contributo positivo viene anche, nell’Unione Europea, dalla Danimarca, con i suoi 28% nel 2024 e 27% nel 2029, e dalla Svezia, con i suoi 36% e 31% rispettivamente. Italia e Francia, tra gli altri, rimangono invece a livelli elevati di indebitamento pubblico. Tra i Paesi, prevalentemente del Nord Europa, che danno il loro contributo positivo fuori dall’UE c’è la Norvegia, che ha un 42% per il 2024 e un 40% previsto per il 2029. E all’esterno dell’Unione europea sul versante positivo c’è da molto tempo anche la Svizzera, che con le sue norme sul freno all’indebitamento pubblico sta riuscendo ancora una volta a contenere molto il debito. La Confederazione elvetica secondo l’FMI era al 39% nel 2019, al 31% nel 2024 e potrebbe essere al 27% nel 2029. Rigore Nel mondo ci sono molte posizioni critiche nei confronti del rigore nei conti pubblici. Molti affermano che i Paesi che lo praticano hanno una crescita economica inferiore rispetto a quelli che sono più flessibili sul bilancio. Se si adotta un’ottica di lungo periodo, non è così. Nel lungo termine, infatti, i Paesi rigorosi possono contare su una crescita economica più solida (magari con picchi non così alti ma al tempo stesso con cadute decisamente minori). È importante poter indirizzare risorse alla crescita economica e non al pagamento di ingenti interessi sul debito. La Svizzera è una delle maggiori dimostrazioni di questa realtà, con il suo basso indebitamento e la sua buona crescita economica media. Quanto alla Germania, altro Paese del rigore, le sue attuali difficoltà economiche vengono dopo molti anni di crescita solida, in cui pure c’era il freno al debito. Ne deriva dunque che le sue battute d’arresto non sono dovute principalmente a quest’ultimo, bensì soprattutto a fattori geopolitici esterni, in particolare alla forte riduzione delle relazioni con la Russia ed al contemporaneo ridimensionamento di quelle con la Cina. La Rivista Elvetiche L’indebitamento pubblico svizzero rimane tra i più bassi in assoluto La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 13
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Il Parlamento europeo ha dato il via libera, il 27 novembre scorso, alla nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen, consentendo così al nuovo esecutivo dell’Unione di assumere le sue funzioni dal 1° dicembre 2024. I voti a favore sono stati 370, il 54% di tutti i voti espressi e il 51% del totale degli eurodeputati (720); 282 sono stati i voti contrari e 36 gli astenuti. Il Parlamento approva la nuova Commissione Ue di Viviana Pansa Ribeira alla vice-presidenza della Commissione, perché membro del Partito di centrosinistra Psoe. Molte defezioni sono poi riconducibili alla scelta dell’italiano Raffaele Fitto, esponente del partito di destra e conservatore Fratelli d’Italia (membro del gruppo parlamentare europeo Ecr), come vice-presidente esecutivo. Questa nomina è stata infatti il motivo del no espresso dai socialisti belgi e francesi e da alcuni eurodeputati italiani, mentre 14 europarlamentari tedeschi di S&D hanno votato contro o si sono astenuti. Neppure i Verdi e il partito conservatore Ecr hanno sostenuto compattamente la nuova Commissione: i primi si sono divisi Si tratta di un consenso che è il più debole di sempre nella storia europea e che ha spaccato i tre gruppi politici che avevano sostenuto la Commissione Von der Leyen nella precedente legislatura: il Partito popolare europeo (Ppe), i Socialisti e democratici (S&D) e Renew Europe. Le tre formazioni centriste, infatti, hanno garantito questa volta insieme 308 voti, un numero molto lontano dalla soglia dei 360 voti a favore che si sarebbero potuti contare in caso di appoggio compatto. Il Partito popolare spagnolo, che fa parte del Ppe con 22 europarlamentari, si è opposto alla scelta di Teresa La Rivista Europee La nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 15
in 27 voti a favore, 19 contrari e 6 astenuti; i secondi in 39 voti contrari, 33 a favore e 4 astensioni. Il nuovo gruppo europeo dei Patrioti, il partito della sinistra e il partito di estrema destra Europa delle Nazioni sovrane (Esn) hanno votato invece per intero contro il nuovo esecutivo. Maggioranze a geometrie variabili La neo-eletta Commissione sa dunque di non avere a Strasburgo una maggioranza larga, né tantomeno stabile. Basti pensare alle posizioni di Verdi e Conservatori, che hanno appoggiato il nuovo esecutivo per ragioni diametralmente opposte: i Verdi perché temono lo spostamento a destra ravvisabile nella vicepresidenza di Fitto e nel sostegno proveniente dal gruppo Ecr; quest’ultimo favorevole solo perché convinto della possibilità di un ribaltamento delle misure del Green Deal avviate nella precedente legislatura. E se Carlo Fidanza, capo delegazione di Fdi, il gruppo politico più ampio presente in Ecr, ha dichiarato che il ruolo dei conservatori sarà proprio quello di spostare l’asse di questa legislatura europea verso destra, il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini ha precisato, in una conferenza stampa seguita al voto per la Commissione, che ogni futura votazione avrà “una maggioranza diversa, basata sui contenuti”, a conferma di quanto continuerà ad essere importante per Von der Leyen la capacità di giungere ad accordi e compromessi per superare le divisioni e guadagnare consenso. Non a caso, la Presidente Von der Leyen, nel presentare il programma e la nuova squadra di governo al Parlamento, in vista della votazione, ha sottolineato che “forgiare compromessi è il segno distintivo di una democrazia vivace” ed è rimasta su un piano di contenuti quantomeno generico. In apertura, ha richiamato l’impegno e i sacrifici della “lotta per la libertà e la democrazia” che “ci unisce come europei - il nostro passato e il nostro presente, le nostre nazioni e le nostre generazioni”, impegno che è “la ragion d'essere della nostra Unione e rimane una forza trainante più che mai oggi". Il libro bianco sul futuro della difesa europea Collegato a questo impegno è il sostegno all’Ucraina, che unisce i 27 Stati dell’Unione sin dall’inizio dell’aggressione russa, ma anche l’attenzione verso il conflitto in Medio Oriente, così come la consapevolezza che occorrono massicci investimenti per la sicurezza e la crescita dell’Ue. Proprio sul fronte della Difesa, Von der Leyen ha annunciato la presentazione nei primi 100 giorni di questo mandato di un libro bianco sul futuro della difesa europea, settore in cui promette di aumentare gli investimenti che oggi si attestano ad una media dell’1,9% del PIL. “La Russia spende fino al 9% del suo PIL per la difesa – ha ricordato la Presidente della Commissione, segnalando come l’Europa debba essere su questo fronte “tanto ambiziosa quanto gravi sono le minacce”. Ha inoltre sottolineato che “la nostra sicurezza dipende dalla nostra capacità di competere, innovare e produrre”, annunciando di voler avviare la “prima grande iniziativa” del suo esecutivo intorno ai 3 pilastri indicati nel rapporto sulla competitività europea da Mario Draghi. La “bussola della competitività”, che guiderà il lavoro di Bruxelles, sarà incentrata infatti su: strategie per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina; la predisposizione di un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività; l’aumento della sicurezza e la riduzione delle dipendenze da Paesi terzi. Il Green Deal e la crisi del settore auto Sul tema del Green Deal, il più contestato dai Conservatori, Von der Leyen ha ribadito la volontà di mantenere gli impegni presi, pur annunciando l’intenzione di “accompagnare meglio le persone e le imprese lungo il percorso”, dedicando particolare attenzione al futuro dell’industria automobilistica. A questo proposito, la Presidente ha detto di voler riunire “tutte le parti interessate attorno a un tavolo, per ascoltarci a vicenda e per progettare insieme delle soluzioni mentre questo settore attraversa una transizione profonda e dirompente”. “L'industria automobilistica è un orgoglio europeo. Milioni di posti di lavoro dipendono da essa e insieme dobbiamo assicurarci che il futuro dell’automobile continui a essere Carlo Fidanza, capo delegazione di Fdi al Parlamento europeo La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 16
prodotto in Europa” – ha assicurato. E, a distanza di meno di una settimana da queste dichiarazioni, di fatto la crisi del settore cominciava ad assumere contorni drammatici con le dimissioni di Carlos Tavares dalla guida di Stellantis e i primi numeri dei licenziamenti annunciati per gli stabilimenti italiani – e nelle aziende dell’indotto collegate – a fronte del calo di vendite registrato da marzo ad oggi. Crisi che non ha risparmiato neppure la Germania, dove i lavoratori della Volkswagen si sono mobilitati a fronte di previsioni di licenziamenti e chiusure di stabilimenti che includerebbero anche alcuni di quelli presenti sul territorio nazionale – e sarebbe la prima volta nella storia della casa automobilistica tedesca. Promossi i conti pubblici italiani Nonostante il periodo non facile, Bruxelles ha promosso però a fine novembre i conti pubblici italiani, dopo aver esaminato le manovre economiche e i piani pluriennali di rientro degli Stati membri che devono ora rispettare le nuove regole del Patto di stabilità. La Commissione europea ha ritenuto credibile il piano italiano settennale per la riduzione del debito pubblico, che resta tra i più alti nella zona Euro. Secondo le nuove regole, l’Italia dovrà ridurre al di sotto del 3% il rapporto deficit/PIL già nel 2026 e poi sotto il 2% entro il 2031. Inoltre, da qui al 2031 la spesa pubblica non dovrà mai superare la soglia dell’1,5% annuo. A ciò si aggiungono le raccomandazioni sul mantenimento degli impegni assunti dal governo sulle riforme della giustizia, del fisco, della pubblica amministrazione e dell’istruzione. A fine novembre vi è stato anche il via libera alla sesta rata del PNRR, una tranche da 8,7 miliardi di euro che fanno salire a 122 miliardi la cifra incassata sino ad oggi sui 194 totali destinati al nostro paese da Bruxelles. Quelli spesi effettivamente sarebbero però solo 53 miliardi. Per il governo italiano è positiva anche la previsione di crescita per quest’anno – la stima è dell’1%, contro lo 0,7% stimato da Bruxelles – e il dato sull’occupazione – per l’Ufficio studi della Confederazione dell’Artigianato (CGIA) cresciuta del 3,6% negli ultimi due anni. Il tasso di crescita del Pil dovrebbe restare positivo anche secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE: stimato a +1% nel 2025 e +1,2% nel 2026; mentre per la zona Euro, il rapporto prevede un Pil in crescita dello 0,8% per l’anno in corso, dell’1,3% per il 2025 e dell’1,5% nel 2026. Il rischio di politiche protezionistiche Anche Francia e Grecia, che sono tra gli Stati Ue con il più alto debito pubblico, sono risultate “in linea” con le raccomandazioni della Commissione europea riguardo alla "spesa netta" nei piani di medio termine per l'aggiustamento dei loro bilanci. Condizioni non facili si registrano in Germania, il cui documento di bilancio è stato giudicato da Bruxelles non in linea con le raccomandazioni di spesa, così come quelli di Finlandia e Austria. Nel complesso, otto Paesi dell’Eurozona – Italia, Grecia, Cipro, Lettonia, Slovenia, Slovacchia, Croazia e Francia - sono stati considerati in linea con le raccomandazioni di bilancio specifiche. L'Italia e altri quattro Stati membri (Finlandia, Francia, Spagna e Romania) hanno inoltre chiesto e ottenuto un’estensione del periodo di aggiustamento di bilancio da quattro a sette anni per i loro piani a medio termine. Oltre alla Germania, rimandata insieme all’Irlanda, all’Estonia e alla Finlandia per la spesa pubblica, Lussemburgo, Malta e Portogallo sono stati richiamati invece per la mancata riduzione dei sussidi energetici. Bocciata la legge di bilancio presentata dall’Olanda. Nuove incertezze economiche sono legate ora anche al rischio di politiche protezionistiche che potrebbero essere adottate dagli Usa con la rielezione di Donald Trump alla presidenza, e che potrebbero danneggiare soprattutto i Paesi che hanno un surplus commerciale più elevato nei confronti degli Stati Uniti, come Germania e Italia. Senza dimenticare l’incertezza del quadro politico internazionale aggravatasi con la caduta, nelle scorse settimane, del regime di Bashar Al-Assad in Siria. Questo 2025 si apre dunque con una serie di incognite che appesantiscono il già non facile lavoro della nuova Commissione e dell’Ue nel suo complesso. La Rivista Europee il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 17
Novità in Gazzetta Ufficiale Sul fronte dell’innovazione, il Ministero per le Imprese e il Made in Italy, in attuazione del decreto 8 agosto 2024 adottato dal ministro Adolfo Urso di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, tramite decreto ha fissato i termini e le modalità di apertura per la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni relative alla misura Voucher 3I - Investire in Innovazione. Incentivi per le imprese, tutela dei marchi e della proprietà intellettuale, la ratifica del Tub e il nuovo Consiglio di amministrazione dell’Agenzia Ice. Mentre in Parlamento prosegue l’iter della Legge di bilancio, tanti sono i provvedimenti licenziati dal Governo. di Manuela Cipollone Si tratta dell’incentivo - previsto dalla Legge Made in Italy – nato per sostenere le startup innovative e le microimprese con la concessione di un voucher per l’acquisto di servizi professionali per la brevettazione delle invenzioni industriali. La misura ha una dotazione finanziaria di 9 milioni di euro per il biennio 2023-2024. Tramite il “Voucher 3I” – spiega il MIMIT - sarà possibile acquisire tre diversi servizi di consulenza forniti dai professionisti iscritti negli elenchi gestiti dal Consiglio Nazionale Forense e dall’Ordine dei consulenti in proprietà industriale: verifica della brevettabilità dell'invenzione e ricerche di anteriorità preventive; stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; deposito all'estero di una domanda che rivendica la priorità di una precedente domanda nazionale di brevetto. L’importo dell’agevolazione sarà concesso in regime “de minimis”, nelle misure di 1.000, 3.000 e 4.000 euro + IVA. Finanziamento agevolato per l’imprenditoria femminile 15 milioni di euro, invece, sono ancora a disposizione dell’imprenditoria femminile sotto forma di finanziamento agevolato e di contributo a fondo perduto. Si tratta delle risorse rimanenti destinate alla misura “Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero”, rifinanziata attraverso la Legge Made in Italy. Il provvedimento, a cui erano stati assegnati, nel 2021, 100 milioni di euro di risorse PNRR ha come obiettivo quello di rafforzare il sostegno alle iniziative di autoimprenditorialità promosse da donne e giovani e favoriLa Rivista Burocratiche Il Voucher 3I - Investire in Innovazione è un incentivo nato per sostenere le startup innovative e le microimprese per l’acquisto di servizi professionali per la brevettazione delle invenzioni industriali La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 18
modello oggetto del progetto di valorizzazione deve essere già registrato in data antecedente la presentazione della domanda di partecipazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) o l’Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) o l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (OMPI). Le agevolazioni saranno concesse nella forma di contributo in conto capitale fino all’80% delle spese ammissibili, entro l’importo massimo di 60mila euro. La percentuale potrà raggiungere l’85% nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere. Il contributo dovrà essere usato per l’acquisto di servizi specialistici esterni: realizzazione di prototipi e stampi relativi al disegno/modello registrato; consulenza tecnica per la messa in produzione del disegno/ modello registrato e per certificazioni di prodotto o di sostenibilità ambientale; consulenza specializzata per business plan, piano marketing, analisi del mercato, progettazione layout grafici e testi per materiale di comunicazione offline e online, per la valutazione tecnico-economica del disegno o modello; e consulenza legale per la tutela da azioni di contraffazione o per accordi di licenza. Rimanendo in tema di tutela dei marchi, specificamente per quelli di particolare interesse e valenza nazionale, da dicembre e’ divenuta operativa la norma prevista nella Legge Made in Italy in base alla quale le imprese potranno inviare al MIMIT il proprio progetto di cessazione delle attività per il subentro nella titolarità del marchio da parte del Dicastero. L’obiettivo è di impedirne l’estinzione per “non disperdere il patrimonio re lo sviluppo di nuove imprese femminili in tutto il territorio nazionale. L’accesso a questi contributi è riservato alle micro e piccole imprese costituite da non più di 60 mesi e in cui la compagine societaria sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e quote di partecipazione, da donne di età compresa tra i 18 ed i 35 anni e da persone fisiche che intendono costituire una nuova impresa. Le iniziative ammesse – elenca il Mimit – devono riguardare: produzione di beni nei settori industria, artigianato e trasformazione dei prodotti agricoli; fornitura di servizi alle imprese e alle persone, compresi quelli afferenti all'innovazione sociale; commercio di beni e servizi; turismo, incluse le attività turistico-culturali finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, nonché le attività volte al miglioramento dei servizi per la ricettività e l'accoglienza. Le agevolazioni vengono erogate sotto forma di finanziamento agevolato, a tasso zero, della durata massima di dieci anni e di contributo a fondo perduto, per un importo complessivo non superiore al 90% della spesa ammissibile che è di 1.500.000 euro per le imprese costituite da non più di 36 mesi e 3.000.000 euro per le imprese costituite da più di 36 mesi e da non più di 60 mesi. Valorizzazione di disegni e modelli È aperto da novembre, invece, lo Sportello per chiedere gli incentivi previsti da Disegni+ 2024, la misura promossa dal MIMIT per sostenere la valorizzazione di disegni e modelli sul mercato. In questo caso le risorse a disposizione delle imprese ammontano a 10 milioni di euro. La misura è riservata alle piccole e medie imprese che hanno sede legale e operativa in Italia. Il disegno o Disegni+ 2024, la misura promossa dal Mimit per sostenere la valorizzazione di disegni e modelli sul mercato La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 19
rappresentato dai marchi del Made in Italy con almeno 50 anni di storia, che godono di una rilevante notorietà e sono utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati da un'impresa produttiva nazionale di eccellenza collegata al territorio nazionale”. Da questo mese di dicembre, dunque, le imprese che intendono terminare l’attività collegata ad un marchio di particolare interesse e valenza nazionale (non oggetto di cessione a titolo oneroso) potranno inviare, attraverso apposito format definito dal Ministero, il proprio progetto di cessazione alla Direzione Generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il made in Italy (DGIND) del MIMIT. Entro tre mesi dalla ricezione del Progetto, la Direzione Generale, nel caso manifesti l’interesse a subentrare nella titolarità, procederà all’avvio dei lavori per la predisposizione dell’atto di cessione gratuita del marchio da parte dell’impresa. L’impresa nazionale o estera che intende investire in Italia o trasferire in Italia attività produttive ubicate all’estero e interessata a utilizzare uno o più marchi di titolarità del MIMIT, potrà poi presentare apposita richiesta all’Unità di missione attrazione e sblocco degli investimenti (UMASI). Il contratto di licenza d’uso con il quale il MIMIT mette a disposizione il marchio si risolve qualora l’impresa licenziataria cessi l’attività o delocalizzi gli stabilimenti produttivi al di fuori del territorio nazionale. Il Trattato sulla Legge in materia di design (Design Law Treaty) Come supporto alla tutela del design a livello internazionale, invece, l’Italia ha adottato il Trattato sulla Legge in materia di design (Design Law Treaty) promosso dagli Stati membri dell'OMPI, l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI), l’agenzia delle Nazioni Unite al servizio degli innovatori e creatori. Come ricorda il Ministero per le Imprese e il Made in Italy, il Trattato è stato adottato dopo circa 20 anni di lavori sul piano multilaterale, durante la conferenza diplomatica ospitata il 22 novembre scorso a Riad, in Arabia Saudita. Il nuovo trattato, spiega il Mimit - che ha rappresentato l’Italia ai lavori - mira a semplificare e armonizzare le procedure di registrazione dei disegni industriali, offrendo maggiore certezza legale e facilitando l’accesso alla protezione del lavoro dei designer, soprattutto di quelli più piccoli e delle micro, piccole e medie imprese (PMI). Sarà più facile, più veloce e più conveniente per i designer di tutto il mondo proteggere i propri disegni e modelli sia a livello nazionale che all'estero. Nel 2023 l’Italia si è posizionata al 4° posto globale per il numero di domande di design depositate a livello internazionale presso la OMPI, come indicato nel World Intellectual Property Indicators 2024, pubblicato lo scorso 7 novembre a Ginevra. Il rapporto evidenzia una crescita complessiva annua del 2,8% delle domande di design industriale nel mondo, sottolineando l’importanza crescente di questo titolo di proprietà Industriale per le imprese di tutte le dimensioni. L’eccellenza italiana nel settore è stata riconosciuta di recente anche a livello europeo con il premio “Next generation Design” che è stato assegnato dall’agenzia europea EUIPO, nel quadro dei Design Europa Awards, A Chiara Mignani, giovane designer italiana, è stato assegnato il premio “Next generation Design” La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 20
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