La storia della Vite ad alberello franco di piede Siamo nel 2002 quando l’azienda Donnafugata da un vigneto di sette ettari ormai abbandonato da anni, sotto i rovi e le sterpaglie, con lo staff tecnico guidato dall’agronomo Salvatore Giuffrida, scoprì un vero e proprio tesoro: delle viti antiche, curvate dal vento, che sull’isola soffia incessante. Piante con ceppi molto grossi, corrosi nel centro per la presumibile vita centenaria. In seguito a questo ritrovamento Giacomo Rallo, patron di Donnafugata, decise di affidarsi a uno dei più importanti studiosi di viticoltura in Italia, il professor Mario Fregoni (ordinario di viticoltura all’università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza), per comprendere l’età e il valore scientifico di questo tesoro. In particolare, si scoprì che le piante di questo vigneto non erano innestate, ma auto radicate e a piede franco. Quindi non erano mai state attaccate dalla fillossera. Inoltre, sezionando alcuni ceppi, grazie a sofisticate tecniche di laboratorio, si è scoperto che queste viti avevano un’età sicuramente superiore agli 83 anni, quindi ora ben 105 anni. Il professor Fregoni aggiunse che vigneti così antichi sono difficilissimi da individuare in Italia, solo in Sardegna a Sant’Antioco o in Valle d’Aosta a Morgex sono sopravvissuti esemplari così vecchi. Infatti, la longevità delle piante è fortemente ridotta dall’innesto, che fa morire una vite normale prima dei 40 anni. Un altro vantaggio della vite franca di piede è che geneticamente presenta un apparato radicale identico alla parte aerea, godendo delle caratteristiche della Vitis vinifera (forte resistenza alla siccità, al calcare e alla salinità). Sono pochi i vigneti nel mondo che possono vantare una viticoltura basata parzialmente o totalmente su piante auto radicate. In suoli sabbiosi, infatti, la fillossera ha notevoli problemi nello svolgimento del suo ciclo biologico e quindi la sua virulenza risulta molto ridotta. La vite qui a Pantelleria è allevata ad alberello, una tradizionale forma di allevamento nota alla viticoltura mondiale, per essere bassa e poco espansa (almeno rispetto altre classiche forme di allevamento come la spalliera, la pergola etc). Quello di Pantelleria è certamente un alberello atipico rispetto ad altri contesti viticoli siciliani (Marsala, Alcamo, Gela e Pachino) e mondiali (Spagna, Francia, ecc), essendo contraddistinto, diversamente dai “cugini siciliani”, da un elevato numero di gemme a pianta, da una forte espansione orizzontale e da una densità di piantagione molto più bassa. Le piante risultano disposte a quadrato di 2 metri per un numero complessivo di 2500 piante per ettaro. Nella fattispecie l’alberello pantesco sembra essere stato plasmato dall’ambiente arido e ventoso: risulta, in sintesi, basso, strisciante e molto espanso orizzontalmente per recuperare parte delle gemme (quindi produzione) perse nella sua ricercata forma orizzontale. La pianta emerge sotto il livello del terreno all’interno di una conca, per poi dividersi (impalcarsi) in 6-8 branche quasi a livello del suolo distribuite a 360° attorno al ceppo. Su ogni branca si trovano 1 o più speroni con 1 o 2 gemme. Da 10 anni nel Registro Unesco dei Beni Immateriali dell’Umanità Dal 2014 la vite ad alberello è iscritta nel Registro Unesco dei Beni Immateriali dell’Umanità: a questo importante riconoscimento si è aggiunta l’istituzione del Parco Nazionale Isola di Pantelleria, oggi diretto da Sonia Anelli, che si occupa di tutelare la viticoltura eroica dell’isola. In condizioni estreme, coraggiose e temerarie, con assoluta scarsità di acqua e il vento che non soffia, ma sbuffa forte e potente da più direzioni. Una ricorrenza celebrata dal Parco Nazionale Isola di Pantelleria e dal Consorzio Vini di Pantelleria con incontri, eventi, visite alle aziende con degustazioni mirate per far conoscere l’ampia La vite a Pantelleria è allevata ad alberello, una tradizionale forma di allevamento nota alla viticoltura mondiale, per essere bassa e poco espansa La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 81
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