La Rivista

Suoni strani per bocche straniere Qualche tempo fa, ascoltando un programma radiofonico di Rai Radio2 che parlava di vini, sono rimasto perplesso quando uno dei moderatori ha citato il nome di un produttore vitivinicolo dell’Alto Adige/Südtirol. La stranezza derivava dalla pronuncia non corretta *brünner di un cognome tedesco che finiva in -brunner (forse Feldbrunner, ma non ricordo). La Rivista La Lingua batte dove... Per la verità il termine Brünner, applicato a un cognome, potrebbe essere anche stato corretto a livello teorico, visto che è una derivazione (non molto attestata) del nome di luogo Brünn che corrisponde al ceco Brno. A queste condizioni gli avi di un ipotetico Herr Brünner dovrebbero essere stati originari di quella città della Repubblica Ceca, un tempo mistilingue. Ci sarebbe anche il termine Brünne “corazza”, ma è difficile trovare un nesso con Brünner (cfr. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache. Bearbeitet von Elmar Seebold, 23. erweiterte Auflage, Berlin, de Gruyter Verlag, 1995, pag. 139). Nel caso di Brunner, invece, la situazione è molto diversa. Esso deriva da Brunnen “sorgente, fonte”, spesso presente in nomi di luogo come Tiefenbrunnen, Lautenbrunnen o Feldbrunnen. Gli avi di quelle famiglie sono da ricercarsi proprio in posti come quelli. Ecco, qui l’uso di /ü/ grammaticalmente non è previsto nemmeno per creare una forma plurale (cfr. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache. Bearbeitet von Elmar Seebold, 23. erweiterte Auflage, Berlin, de Gruyter Verlag, 1995, pag. 139-140). Stereotipi con un fondo di verità Questo episodio mi ha fatto venire in mente uno stereotipo ricorrente sugli italiani che imparano il tedesco: la nostra sostanziale incapacità di comprendere quando si devono pronunciare le parole con /ä/, /ö/ e /ü/ e l’attitudine a inserire a caso questi suoni. La presa in giro è garantita, esattamente come avviene per i turisti di lingua tedesca che in Italia si ostinano a mangiare una *bruscetta, un *celato alla *straziatella e *pistaccio in bermuda, calzini e sandali. Stereotipi, luoghi comuni, pregiudizi che però hanno un pizzico di verità. Personalmente ancora oggi, nonostante tutti gli anni passati a contatto con la lingua e cultura tedesca, mi trovo in difficoltà di fronte a certe parole come schwül “caldo umido”, di origine settentrionale, e schwul “omosessuale”. Il secondo termine, attestato a partire dagli inizi del XX secolo, deriva dal primo aggettivo e all’inizio si riferisce in modo sarcastico a un “uomo caldo-umido”. La differenza tra i due termini la fa appunto l’inserimento arbitrario di /ü/ (cfr. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache. Bearbeitet von Elmar Seebold, 23. erweiterte Auflage, Berlin, de Gruyter Verlag, 1995, pag. 752, Pfeifer, Etymologisches Wörterbuch des Deutschen, München, 1993, pag. 1266). Problematico per me rimane anche percepire la differenza nella pronuncia tra schützen “proteggere”, Schutz “protezione” (cfr. anche inglese to shut “chiudere”) e Schütze “tiratore” (cfr. inglese to shoot “tirare, sparare”). Dal punto di vista etimologico il secondo termine è una derivazione nominale con /u/ del corrispettivo verbo, mentre il terzo termine non c’entra nulla con gli altri due (cfr. Kluge, Etymologisches Wörterbuch der deutschen Sprache. Bearbeitet von Elmar Seebold, 23. erweiterte Auflage, Berlin, de Gruyter Verlag, 1995, pag. 746, Pfeifer, Etymologisches Wörterbuch des Deutschen, München, 1993, pag. 1252). Ecco, questi sono solo due tra i tanti esempi che potrei citare per mettere in evidenza le difficoltà che si possodi Raffaele De Rosa La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 50

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