Si tratta di un uso metaforico aggettivale di woke che in origine è la forma del passato remoto ( simple past) del verbo to wake (svegliare). Woke è colui /colei che da un lato «si sente consapevole dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque presunta manifestazione di discriminazione verso i meno protetti». Dall’altro, agisce come «Persona che esibendo il proprio sedicente orientamento progressista o anticonformista, assume un atteggiamento rigido e/o sprezzante verso chi non condivide le sue idee». Maledizione! - mi dico leggendo tale parte della definizione e soprattutto pensando ai conflitti in corso - ci risiamo con le guerre di religione!? In seguito, constatando in queste ultime settimane che esiste ormai una copiosa produzione scritta in materia, ho cominciato a documentarmi meglio (sottolineo cominciato1), e mi sono meglio resa conto come una sorta di filo rosso ideologico leghi oggi tra loro movimenti di rivolta nati per promuovere l’emancipazione di strati sociali ritenuti sfavoriti ma progressivamente degenerati in serbatoi di intolleranza, dogmatismo, fanatismo intriso in sostanza di vecchie e nuove ostilità nei confronti dei valori che fondano le democrazie occidentali, in particolare l’espressione forse più alta di tali valori: la libertà di parola dei cittadini, come recita ad esempio l’art. 21 della Costituzione italiana “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Ovviamente nella Costituzione non si parla ancora della valanga di minacce e insulti che quotidianamente circolano nei social, visto che dovevano ancora essere inventati. Siamo tutti consapevoli – credo – che il diritto ad esprimere liberamente le proprie idee viene violentemente calpestato quando del governo di un paese si appropriano figure di efferati dittatori. In tali situazioni, coloro che osano esprimere pubblicamene il loro dissenso pagano con la vita il loro coraggio, come è successo a una schiera di eroi ed eroine scomparsi in passato. E come continua a succedere nel presente in paesi a noi vicini: pensiamo soltanto alla morte per stenti in un carcere russo, nel febbraio 2024, dell’oppositore al regime putiniano Alexei Navalny. Wokismo e derive intolleranti È giusto riconoscere che nelle nostre democrazie occidentali la libertà di criticare il potere gode ancora di una relativa buona salute. Nelle democrazie includo anche Israele il cui governo è oggetto oggi di feroci critiche per la conduzione senza pietà degli interventi militari nella striscia di Gaza. Questo non cancella il fatto che per il popolo di Israele manifestare contro chi governa è possibile, mentre per i palestinesi dissidenti opporsi ad Hamas mi risulta che sia sempre stata un’impresa impossibile. Ciò premesso, mi sembra tuttavia che nelle nostre democrazie il wokismo rappresenti comunque un rischio di derive intolleranti. In fondo non è la prima volta nella storia che movimenti nati con il nobile fine di promuovere l’emancipazione di gruppi sfavoriti venga poi egemonizzato da frange radicali, più o meno rabbiose, ossessivamente in cerca di nemici da distruggere. Gli esempi sono molteplici, dai più moderati a frange più violente. La corrente del politicamente corretto, una corrente vecchia ormai di qualche decennio che ha fatto La cultura della cancellazione, che si traduce nel boicottaggio di personaggi, opere culturali, imprese in qualche modo legate storicamente allo sfruttamento di minoranze La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 47
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