delle capacità umane durature, come il pensiero divergente, l'agilità emotiva e la resilienza, potrebbero finire per ostacolare l'innovazione e lasciare i dipendenti mal equipaggiati per guidare i team, adattarsi alle opportunità di mercato e sfruttare appieno il potenziale della tecnologia". 3. Sviluppare un’intelligenza emotiva elevata nei leader. È più difficile praticare l'intelligenza emotiva in tempi di cambiamento e sconvolgimento, ma è anche quando è più importante: i team devono sentirsi ascoltati, apprezzati e sostenuti per poter affrontare le preoccupazioni e le incertezze sul futuro che le nuove tecnologiche portano sempre con sé. Mentre l'IA rimodella i settori e i flussi di lavoro, non si tratta solo di competenza tecnica, ma anche di comprendere e gestire le emozioni umane, creare fiducia e promuovere la collaborazione. In conclusione, si può affermare che le rivoluzioni tecnologiche si susseguono ma l’uomo rimane sempre al centro, fiducia e collaborazione sono i temi che, se efficacemente affrontati, fanno realmente la differenza. Questa consapevolezza è il miglior antidoto contro catastrofismo e aspettative miracolistiche che sempre accompagnano l’innovazione. Con questo articolo mi congedo da La Rivista con cui ho iniziato a collaborare nel 2013, è stato un percorso piacevole che mi ha insegnato molte cose. Vorrei ringraziare gli amici della Camera di Commercio per lo spazio e la fiducia accordatami e i miei 25 lettori (citazione manzoniana, autoironica naturalmente) che qualche volta mi hanno anche scritto onorandomi con i loro commenti. Grazie a tutti, davvero. perversi.enrico@espiu.com La Rivista Cultura d’impresa Caro Enrico, credo che siamo noi che dobbiamo ringraziare te. E non certo per formale cortesia: quella dovuta, quanto meno per buona educazione, che talvolta (spesso?) traspare nelle frettolose e scontate parole di commiato. Neppur lo facciamo per il tuo impegno - che sempre c’è stato, per giunta del tutto volontario - va da sé indubbiamente apprezzato. E non potrebbe essere altrimenti. Il ringraziamento sincero te lo dobbiamo soprattutto perché con i tuoi contributi – lungo questi 11 anni (mamma mia come passa il tempo) – ci hai aperto nuove finestre di conoscenza, fornendoci, di volta in volta, le chiavi per approfondire concetti di cui, permettimi l’espressione non proprio elegantissima, si tende spesso a riempirsi la bocca e non sempre il cervello. Personalmente ti sono grato anche perché hai costretto chi come me resterà convinto che l’abusato ricorso all’anglofilia linguistica sia spesso nulla più che un modo per esibire presunta modernità ed efficienza, a fare pace con il fatto che effettivamente - in determinati contesti, e la cultura d’impresa, di cui ti occupi, è uno di quelli - non esista (?) in italiano un termine che da solo sia in grado di rendere appieno il significato della parola coaching e del concetto complesso che esprime. Giangi Grazie Coach Enrico Perversi La Rivista · Ottobre-Dicembre 2024 27
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