La Rivista

La Rivista L’Italia a tavola Lo stivale regionale dei Formaggi d’Italia LA CAMPANIA La nostra suddivisione dell’Italia ci ha portati ad avere una “visione” casearia che prosegue inquadrando il Sud di fine Tirreno con i territori di Campania, Basilicata, Calabria e, a seguire, le due isole maggiori, Sardegna e Sicilia, un’area Mediterranea, con interni di medie montagne che si riconoscono nelle aree temperate degli Appennini. di Rocco Lettieri Regioni dove non si possono trascurare le grandi invasioni di greci, arabi, spagnoli, turchi e altre popolazioni che hanno condizionato culturalmente e socialmente questa grande fetta dello stivale. Naturalmente il mare influisce notevolmente sulle temperature e sulla piovosità, che scarseggia generalmente, tranne in qualche zona interna. Le erbe scarseggiano e i territori sono più impervi rispetto a quelli del centro Italia. Continuano ad essere presenti le pecore, soprattutto nelle isole maggiori, ma l’allevamento bovino ha la sua importante rilevanza. Pasta filata Mentre al nord si lavora per i formaggi di grossa pezzatura, solitamente a pasta semigrassa, al sud impera la cultura della pasta filata, ovvero di quella tecnologia produttiva che, per le sue caratteristiche anche di freschezza, viene apprezzata maggiormente in un clima a volte torrido. Le paste filate e i Pecorini, formaggi tradizionali storici, sono fra i più antichi del territorio italiano. Culture ben diverse fra loro che hanno dato origine a formaggi che, pur essendo noti per un’origine accumunata dallo stesso latte, al consumatore regalano aromi ben diversi. Se nelle isole prevale la cultura casearia del latte ovino, in Campania, Basilicata e Calabria trionfa quella della pasta filata. La bufala è presente in Campania per il 60% del totale nazionale. In proposito circola una leggenda: pare che anticamente i casari del Meridione avessero imparato a fare i formaggi nella Pianura Padana. Tornati a casa, elaborarono le loro intuizioni e azzeccarono una produzione esclusiva. Col tempo, alcuni casari furono costretti a migrare nuovamente al nord, dove fecero conoscere le loro tradizionali lavorazioni a paste filate. Ecco perché oggi è una produzione che abbonda non solo in Meridione. Le montagne della Sila hanno visto l’origine dei Caciocavalli che, lasciati alcuni mesi nelle grotte, assumono aromi unici, anche intensi, nonché piccanti sensazioni. Infine, un pezzo pregiato che nobilita la memoria siciliana: la Vastedda del Belice, prodotto unico nel suo genere, una D.O.P. con latte di pecora, ma a pasta filata. Due storie in un unico formaggio. Anzi, in un capolavoro, di cui a suo tempo ne scriveremo. Un patrimonio enogastronomico unico per varietà e pregio Ma occupiamoci della Campania che ha sicuramente un patrimonio eno-gastronomico unico per varietà e pregio, giustamente riconosciuto fin dai tempi più antichi: Greci e Romani riconoscevano la superiorità dei vini e la purezza dell'olio di oliva provenienti dalla "Campania Felix". Gli affreschi di alcune ville patrizie delle città vesuviane di Pompei ed Ercolano, dissepolte dalla lava del vulcano, mostrano gli stessi frutti e gli stessi ortaggi che fino a pochi anni fa le massaie campane acquistavano al mercato ed utilizzavano in cucina, come elementi essenziali della ormai celebre "dieta mediterranea". Ma negli ultimi 30 anni nuovi stili alimentari e una distorta percezione "del bello e del buono" da parte della maggioranza dei consumatori, più attenti all'estetica di ciò che mangiavano che ai contenuti, hanno relegato in posizione sempre più marginale risorse ed abitudini alimentari di tradizione millenaria. La Rivista · Settembre 2024 84

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