La Rivista

La Rivista La Lingua batte dove... sembrano dei domatori circensi che aizzano le belve umane e poi cercano di placarle con frasi falsamente conciliatrici sulla buona educazione inesistente… e forse nemmeno desiderata. Ho trovato molto irritante anche il comportamento di diversi giornalisti sportivi che intervistavano gli atleti con domande banali. Per fortuna molte risposte degli olimpionici mi hanno confermato che mens sana in corpore sano non è solo un motto latino. Ma le cose peggiori sono arrivate dai telegiornali. Mi ha fatto riflettere in particolare l’uso continuo di parole come emergenza, scandalo, massacro, strage e invasione associate, in varia misura, a concetti come caldo, siccità, politica, guerra, omicidio, turisti e stranieri. Ho scoperto, così, che Caronte non è più solo un personaggio mitologico che traghetta le anime nell’Ade, ma rappresenta il caldo infernale che avviluppa l’Italia per interi mesi. Gli acquazzoni si sono trasformati in bombe d’acqua e le perturbazioni marine sono diventate medicane (fusione di mediterranean e hurricane) Gli effetti di tutto questo, a lungo termine, possono essere psicologicamente devastanti. «Mamma, guarda l’atleta italiana ha vinto!». «Sì, ma gli arbitri sono stati dei venduti!». «Mamma, hai visto, hanno trovato qualcuno di vivo…». «Sì, ma quelli laggiù non hanno voglia di fare la pace, si ammazzeranno tra di loro e ci faranno saltare in aria tutti quanti…». «Mamma, hai visto, hanno trovato un rimedio per quella malattia…». «Eh, sì… ma chissà che schifezze ci mettono dentro…». Di esempi del genere potrei farne a bizzeffe: a una mia osservazione positiva, mia madre rispondeva sempre con un ma negativo. Lei si è giustificata, dicendo che è diventata così durante la pandemia. «Ci hanno fatto diventare tutti egoisti. Ognuno ha iniziato a pensare a sé e non c’è più tempo per gli altri. E poi guarda quello che succede nel mondo, c’è poco da stare allegri con queste notizie». Fruizione passiva Che dire? Mia madre è nata nell’anno in cui l’Italia è entrata nella Seconda Guerra mondiale e quella tragedia l’ha solo sfiorata, senza lasciare particolari traumi psicologici (al contrario di mio padre). Da ragazza ha vissuto gli anni del cosiddetto “boom economico”, dove sembrava che tutto dovesse andare bene all’infinito. Si è sposata e con mio padre ha creato una famiglia solida in certi principi morali. Nel periodo della loro maturità, entrambi hanno potuto godere di un benessere che derivava dalle loro professioni socialmente riconosciute. Niente lasciava trasparire, nella vita di mia madre, questa deriva maturata negli ultimi anni anche a causa della tipologia dell’informazione che fruisce passivamente. Adesso è ritornata a casa e la sua situazione mi fa pena, ma il potere di schiacciare quel tasto rosso per spegnere il televisore ce l’ha solo lei. Io non posso fare più niente per modificare le sue abitudini malsane. Per consolarmi non mi resta che pensare, con nostalgia, ai giorni in cui la radio ci accompagnava nei nostri viaggi notturni attraverso l’Italia, verso il Sud… a testa in giù, come cantava tanti anni fa Pino Daniele. Tutti noi abbiamo fatto almeno una volta l’esperienza di andare a casa dei nostri nonni o genitori, trovandoli incollati davanti alla televisione accesa 65

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