La Rivista

concentrare su quello che sento, senza l’aiuto di immagini. Si tratta di uno sforzo cognitivo diverso rispetto a quello richiesto dalla televisione. Credo che la canzone di Finardi si riferisca proprio a questo. La realtà di molte persone, invece, è orientata soprattutto verso la televisione. Addirittura, per molti anziani essa rappresenta l’unico modo per svagarsi e informarsi. Credo che tutti noi abbiamo fatto almeno una volta l’esperienza di andare a casa dei nostri nonni o genitori, trovandoli incollati davanti alla televisione accesa. Per quanto mi riguarda sono sempre state situazioni un po’ frustranti, perché mi trovavo intrappolato in un mutismo di fondo. La loro attenzione era rivolta sempre verso lo schermo e gli unici commenti riguardavano le cose trasmesse in quella scatola rettangolare. Un giorno ho detto loro che sono un uomo semplice che riesce a fare solo una cosa per volta: non sono in grado di parlare con qualcuno e guardare la televisione contemporaneamente. Per questo motivo, almeno a tavola, ho chiesto che spegnessero il televisore durante i giorni passati a casa loro. Dopo avermi guardato in modo strano, hanno accettato la mia proposta. Ai loro occhi, comunque, gli anni passati nella Svizzera tedesca mi hanno reso poco flessibile rispetto a certe abitudini italiane. E non è mai stato propriamente un complimento… Un altro mondo (modo?) è possibile? Quest’estate ho avuto come ospite mia madre. Lei vive da sola in una grande villa e i suoi contatti sociali sono molto limitati in una cittadina nella quale non si è mai veramente integrata. Ho cercato di renderle la permanenza la più varia possibile, facendole vedere che un altro mondo è possibile, ma anche a casa mia in Svizzera non è stato facile per lei modificare certe abitudini scandite dai suoi programmi preferiti: • collegamento mattutino con il televideo per le prime notizie; • colazione con caffè con biscottini; • programma sulla salute; • merenda con secondo caffè e altri biscottini; • programma di approfondimento dell’attualità; • rassegna di telegiornali sui canali nazionali; • pranzo con caffè e biscottini per dessert; • teleromanzo pomeridiano (italiano o spagnolo); • programma di approfondimento; • merenda pomeridiana solo con biscottini; • gioco televisivo con domande sul lessico italiano; • rassegna di telegiornali sui canali nazionali; • cena senza biscottini; • telefilm poliziesco americano o tedesco, naturalmente doppiato; • bicchiere d’acqua e buona notte. Quest’anno, comunque, c’erano le Olimpiadi e mia madre è diventata esperta di ginnastica, pallavolo, nuoto, tuffi, pallacanestro, atletica leggera, tennis, ciclismo e canottaggio. Tifava per i nostri, cioè per gli Azzurri, e non capiva come mai la televisione ticinese non trasmettesse le gare con protagonisti gli italiani. «Ma se parlano la nostra lingua, come fanno a tifare per uno che ha un cognome straniero?», mi ha chiesto un giorno, perplessa. «Per lo stesso motivo per cui tu tifi per Yannick Sinner o Paola Egonu. Sono italiani, anche se non si chiamano Rossi, Bianchi o Verdi», le ho risposto io con un sorriso. È rimasta in silenzio, ma non mi sembrava convinta della mia spiegazione. “Bucare” lo schermo stimolando l’emotività innalzando il tasso di conflittualità Durante le sue giornate televisive, la osservavo con una certa curiosità. Volevo capire i motivi che l’avevano trasformata da donna dotata di una certa cultura e amante della lettura, in un’anziana fondamentalmente depressa. E così mi sono messo un giorno intero a guardare la televisione con lei, come se facessi un esperimento sociologico. Sono sopravvissuto, ma la sensazione complessiva di quello che vedono e percepiscono ogni giorno milioni di pensionati in Italia è sconfortante. Dal punto di vista linguistico ho notato un continuo parlare sopra le righe da parte dei professionisti dell’informazione. Il loro tono della voce, infatti, passa in pochi istanti dall’allarmistico al trionfalistico, attraversando momenti di catastrofismo e aggressività espressi da un lessico ben studiato. L’obiettivo è chiaro: per essere interessanti e bucare lo schermo bisogna stimolare sempre l’emotività del pubblico, magari alzando l’asticella della conflittualità delle trasmissioni. Inoltre, proprio nelle trasmissioni di approfondimento, vengono toccati molti temi, ma non si approfondisce nulla. Tutto è superficiale e approssimativo. I giornalisti moderatori La Rivista · Settembre 2024 64

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