La Rivista

Amo la radio perché arriva dalla gente entra nelle case e ci parla direttamente se una radio è libera, ma libera veramente piace ancor di più perché libera la mente Esperimento televisivo Non ho mai guardato molta televisione. Ho sempre preferito di gran lunga la radio come mezzo ideale per tenermi compagnia e ascoltare le notizie. Una vecchia canzone di Eugenio Finardi, intitolata, appunto, La radio, descrive molto bene il mio rapporto con questo mezzo di comunicazione: Anche mio padre era un assiduo ascoltatore radiofonico. In particolare, quando viaggiava, amava sintonizzarsi sui canali della RAI che trasmettevano musica e informazione. Per esempio, quando si partiva per passare le vacanze estive nella sua città di origine in Puglia, aveva un rituale personale per concentrarsi alla guida: viaggiavamo di notte e per i primi 90 km, quelli che collegano la cittadina tra le montagne, dove sono nato e cresciuto, all’ingresso per l’autostrada, situato nel bel mezzo della pianura veneta, chiedeva a mia madre di trovare solo canali con radiogiornali o approfondimenti giornalistici. Diceva che voleva farsi un’opinione sulle cose del mondo. Io ero bambino e, ascoltando le voci pacate, a tratti monotone, di persone che parlavano di cose che non conoscevo, mi addormentavo regolarmente sul sedile posteriore della nostra vecchia Lancia Fulvia che mi sembrava enorme. Una volta imboccata l’autostrada ci si fermava al primo distributore per fare benzina e bere qualcosa. Qui mio padre chiedeva a mia madre, che faceva l’assistente alla guida, di sintonizzarsi su RAI Stereo Notte. Da quel momento rimanevo sveglio, ascoltando i moderatori parlare di musica rock, jazz, disco-music e cantautorato italiano. Ancora oggi, quando vedo il santuario di San Luca illuminato che si staglia alto sui colli di Bologna, lo collego con la canzone Futura di Lucio Dalla ascoltata in quei viaggi. All’altezza di Rimini c’era sempre qualche brano dei Bee Gees o dei Fleetwood Mac, mentre l’attraversamento delle Marche, dell’Abruzzo e del Molise poteva avere come colonna sonora i brani musicali di Dizzy Gillespie, Thelonious Monk, Gerry Mulligan e Chet Baker. Mio padre amava Benny Goodman e Glenn Miller. Di quest’ultimo conosceva a memoria Moonlight Serenade. L’arrivo al casello del suo paese in Puglia era caratterizzato da un lungo rettilineo autostradale che tagliava la campagna piena di ulivi secolari. Il sole, appena sorto, faceva brillare le piante fiorite di oleandro. Arrivati a questo punto spesso veniva trasmessa musica country americana. Take Me Home di John Denver era un classico. Oggi ci sono podcast Sono passati tantissimi anni da allora, nel frattempo ho creato una famiglia con cui ho viaggiato in lungo e largo per l’Italia, comportandomi tutto sommato come mio padre. Mia moglie e i miei figli, per fortuna, mi hanno sopportato silenziosamente mentre canticchiavo in macchina le vecchie canzoni della mia adolescenza o ridevo alle battute di alcuni popolari conduttori radiofonici italiani. Adesso le moderne tecnologie mi permettono di seguire senza problemi e in qualsiasi momento programmi radiofonici in lingua italiana di tutti i tipi, della RAI e della RSI. Posso sceglierli io seguendo liste raccolte tematicamente… cioè i podcast. Inoltre, sfrutto sempre la radio per perfezionare il mio tedesco (standard e dialetto) e mi diverto a sintonizzarmi con il mondo, stando comodamente a casa con le cuffiette in testa. Per me si tratta di un semplice gioco per sentire il suono di lingue esotiche, alcune volte ne capisco perfino le parole. Tutto questo è possibile perché, ascoltando quelle voci trasmesse nell’etere, mi devo di Raffaele De Rosa La Rivista La Lingua batte dove... " “ La Rivista · Settembre 2024 63

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