La Rivista

vedute parigine e londinesi deriva proprio da questo particolare e personale approccio”1. Innata genialità I risultati raggiunti da De Nittis si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con gli stimoli dell’arte dell’estremo Oriente, in particolare del Giappone, allora diventata di grande moda. “È certo che fin dal suo primo soggiorno nella città che meno di un anno dopo sarebbe diventata la sua, ebbe modo di toccare con mano l’arte orientale respirandone le suggestioni, cogliendone al volo il linguaggio e quegli stilemi su cui avrebbe meditato a lungo nell’ambito di una sperimentazione non banale, attenta agli aspetti tecnici oltre che tematici e compositivi (…) La sicurezza con cui De Nittis elaborò un repertorio tanto ricercato non può circoscriversi alle sue sole capacità di intuizione e “di mestiere”. Le potenzialità espressive dell’arte dell’estremo Oriente dovevano essere comprese attraverso un suo studio sistematico e profondo, derivante da un contatto diretto con gli oggetti, quindi con i materiali, le tecniche di lavorazione, i formati, e un esame dei repertori iconografici, delle modalità di impaginazione prospettica delle composizioni e di declinazione stilistica. La passione per il collezionismo d’arte giapponese deve dunque essere interpretata in questo senso, non solo come una moda di quegli anni”2. Biografia Giuseppe De Nittis, pittore di grande talento, affermatosi con successo nel milieu degli artisti alla moda, dalla natia Barletta giunge e diviene protagonista della modernità nelle capitali europee del suo tempo: Parigi e Londra. L’artista è soprannominato da alcuni “l’impressionista italiano” poiché gravitante intorno al gruppo degli Impressionisti, vicino soprattutto a Edgar Degas, Gustave Caillebotte ed Edouard Manet, fino alla sua scomparsa dalla scena artistica parigina a causa della morte prematura. Gli inizi Sappiamo poco dei primi anni di De Nittis (nato a Barletta nel 1846) segnati da una serie tragica di eventi: il suicidio del padre e la scomparsa, quando lui ha solo tre anni, della madre. Nel 1860, dopo la morte del nonno Vincenzo cui era stato affidato, si deve trasferire con i fratelli a Napoli, dove, dopo l’oppressione che ha caratterizzato gli ultimi anni del vecchio regime borbonico, si respira un’aria “nuova” data dagli eventi storici. Nel 1861, sostenuto dalla famiglia benestante che incoraggia il suo talento, si iscrive all’Istituto di Belle Arti, ma da cui, per colpa del suo carattere ribelle, viene ben presto espulso. Non rinuncia alla pittura ed entra a far parte del gruppo di giovani artisti che sperimentano fuori dagli schemi, vicini negli ideali ai Macchiaioli toscani, ma nello stesso tempo eredi dei grandi paesaggisti della gloriosa “Scuola di Posillipo”, che si sono riuniti nella cosiddetta “Scuola di Resina” o di “Portici”, e sperimentano la novità della pittura en plein air nei luoghi magici della natura mediterranea. In De Nittis rimarrà sempre vivo il ricordo di quei giorni felici e pieni di entusiasmo, rievocati con nostalgia nel suo Taccuino: “Ogni mattina, prima dell’alba uscivo di casa e correvo a cercare i miei compagni pittori, molto più grandi di me, Rossano e Marco de Gregorio. Partivamo tutti insieme […]. Che bei tempi! Con tanta libertà, tanta aria libera, tante corse senza fine! E il mare, il gran cielo e i vasti orizzonti! Lontano le isole di Ischia e di Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbia rosea che, a poco a poco, veniva dissolta dal sole. […] A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazDe Nittis, Il ritorno dalle corse La Rivista · Settembre 2024 59

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