La Rivista

europeo. Le aree di intervento individuate sono: l’innovazione, per mettersi al passo con Stati Uniti e Cina, in primo luogo nelle tecnologie avanzate; la decarbonizzazione, percorso legato al Green Deal e quanto mai necessario visti gli effetti del cambiamento climatico in corso; la sicurezza, intesa come difesa ma anche riduzione della dipendenza da Paesi terzi per le materie prime strategiche. Dieci sono i settori industriali strategici approfonditi: energia, materiali critici, digitalizzazione, tecnologia pulite, difesa, industrie energivore, automotive, spazio, farmaceutica e trasporti. Draghi individua anche alcuni ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di competitività sopracitati, che sono la difficoltà da parte degli Stati membri di mettere in campo azioni politiche congiunte per perseguire scopi comuni, lo spreco di risorse, che si disperdono in molteplici strumenti nazionali e comunitari, e l’assenza di coordinamento tra le politiche ambientali e industriali. “L’Europa – si legge nel Rapporto - sta entrando un periodo senza precedenti nella sua storia, in cui il rapido cambiamento tecnologico e le transizioni settoriali si combineranno con la diminuzione della popolazione in età lavorativa. In questo contesto, l’Europa dovrà garantire il miglior utilizzo delle competenze disponibili, mantenendo intatto il tessuto sociale. I cambiamenti tecnologici possono comportare notevoli disagi per i lavoratori di industrie precedentemente dominanti che non lo sono più, oltre ad aumentare le disuguaglianze”. Disuguaglianza sociale e rischi per la democrazia L’obiettivo è quindi quello di “avvicinarsi all’esempio statunitense in termini di crescita della produttività e dell’innovazione”, ma senza replicare gli effetti nefasti di una disuguaglianza sociale sempre più marcata, che rischia di avere conseguenze importanti sul piano della democrazia. Il Rapporto sottolinea infatti come “lo stato sociale europeo sarà fondamentale per fornire servizi pubblici solidi, protezione sociale, alloggi, trasporti e assistenza all’infanzia durante questa fase di transizione”, e garantire a tutti i lavoratori il diritto all’istruzione e alla riqualificazione, alla luce di un approccio fondamentalmente nuovo alle competenze. Nel suo intervento davanti alla Commissione, Draghi ha ribadito che se fallisce questa impresa, “non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, un leader delle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale”. Il costo stimato per raggiungere gli obiettivi identificati nel Rapporto è un investimento aggiuntivo annuo di 800 miliardi di euro, che corrisponde al 4,5% del Pil dell’Unione e che Draghi lega al completamento del mercato dei capitali e alla creazione di un debito comune. Molta parte dell’investimento, tuttavia, spetterà anche al settore privato. Nel suo intervento a Strasburgo, Draghi ha sottolineato come “siamo tutti in ansia per il futuro dell’Europa” e come non vi sia tempo da perdere perché l’Unione si trova già in una situazione di crisi. È quindi necessario abbandonare l’illusione che “solo procrastinare possa preservare il consenso” “Anzi – ricorda Draghi, - la procrastinazione non ha prodotto altro che una crescita più lenta, e di certo non ha generato più consenso”. A chi si oppone al debito comune, ha poi ricordato che ciò significa opporsi agli stessi obiettivi che l’Ue si è data, a “raggiungere traguardi su cui tutti ci siamo già detti d’accordo”. “Se non agiamo subito – ha concluso Draghi - saremo inesorabilmente un luogo meno prospero, meno equo e saremo meno liberi di scegliere il nostro destino”. La Rivista Europee A Mario Draghi è stato commissionato un rapporto per la nuova competitività europea La Rivista · Settembre 2024 17

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