La Rivista

profitti non dureranno per sempre: l’economia sta rallentando e vi sarà bisogno che le banche sostengano con gli investimenti le imprese, l’attività produttiva e la domanda. Come le banche possono dunque aiutare le imprese a crescere di dimensione? Certamente dando assistenza finanziaria che favorisca una diversificazione delle fonti di finanziamento, offrendo servizi, consulenza e trasferendo conoscenze non solo finanziarie. Ma le banche non possono interferire in tutte le fasi della vita di un’azienda. Le imprese italiane sono piccole, per motivi che non hanno a che fare col credito. In alcuni casi vi è una carenza di capitale umano; non è spesso facile per il manager di una piccola impresa diventare manager di una grande azienda e quindi magari trovano ottimale conservare dimensioni ridotte. Vi può poi essere una riluttanza ad aprirsi a soci esterni. Quando un’azienda cresce dimensionalmente, deve attrarre capitali dall’esterno; può rappresentare una riluttanza anche culturale da parte del capitalismo familiare italiano ad aprirsi all’esterno. Oppure, vi può essere anche qualche motivo deteriore; più si cresce e più si è soggetti a visibilità, a norme amministrative che possono essere costose, vi può essere in alcuni la tentazione di non rispettare tutte le regole e si preferisce lo “status quo”. Quindi, le banche possono aiutare le imprese a crescere, ma vi sono altri fattori che vanno al di là del loro impegno. Un mercato europeo ancora frammentato Anna Calvi ha posto infine la questione del mercato dei capitali, posto che le piazze europee sono assai frammentate nel confronto internazionale e del mondo anglosassone. Quali dunque i cambiamenti necessari per attrarre maggiori risorse e quale ruolo può svolgere il mercato dei capitali per facilitare la crescita e accelerare la produttività delle imprese? Il mercato dei capitali unico: sicuramente è un obiettivo essenziale dell’Unione europea. Nell’Unione monetaria vi sarebbe la condivisione del rischio nel bilancio pubblico globale e questo ovviamente non ce l’abbiamo. Il secondo modo in cui si condividono i rischi tra le varie regioni dell’Unione monetaria è il mercato dei capitali. Io, italiano, compro titoli di una società localizzata in Germania e quei titoli seguiranno le sorti dell’economia tedesca così diversifico i miei rischi. Noi non abbiamo nessuno di questi due canali e sarebbe certo importante avere un mercato dei capitali unico per favorire la condivisione dei rischi. Perché dunque non si sviluppa? Io credo che il motivo principale sia il fatto che manca un titolo pubblico europeo privo di rischio. Se considerate la storia dei mercati finanziari più importanti del mondo, tutti sono nati intorno a queste precise indicazioni. Prendiamo il caso degli Stati Uniti; la costruzione del sistema ferroviario dopo la guerra civile è sorta emettendo titoli pubblici. Tale emissione ha comportato l’esigenza di una serie di altri servizi finanziari, di custodia, di gestione. Sono attività che sono sorte nel tempo attorno al nucleo principale. E questo è vero anche per il Regno Unito e altri principali mercati. Gran parte delle attività finanziarie si sono sviluppate partendo da un titolo privo di rischio per promuovere la diversificazione di portafoglio oppure la definizione dei prezzi dei prodotti derivati. Tutto parte da una base sicura che è il titolo privo di rischio. Non abbiamo questo, non abbiamo ad oggi innovato la Governance europea per arrivare a una emissione di titoli comuni privi di rischio e sarà dunque difficile avere il mercato unico dei capitali europeo. La Rivista Italiche Molte le domande puntuali che i giovani che hanno affollato il meeting hanno rivolto a Panetta. La Rivista · Settembre 2024 9

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