ni e opinioni su ciò che viene detto dall’interlocutore. È utile ricordare che conversare deriva dal latino conversari che significa “trovarsi insieme” ed esprime bene la conoscenza reciproca che può nascere da un dialogo di questo tipo. L’esercizio si è svolto in coppie, per pochi minuti una persona ha parlato e l’altra ha ascoltato fornendo poi un feedback che iniziava con la frase “quello che ti ho sentito dire è…”. Poi le persone si sono scambiate i ruoli. L’esercizio è stato ripetuto cambiando le coppie per favorire l’interrelazione con più colleghi. L’utilizzo della conversazione consapevole è molto utile in caso di conflitto e la discussione su questo punto ha generato due suggerimenti utili, il primo è che nel caso di una forte emozione è molto importante rilevarla e navigarla senza lasciare che guidi il dialogo, il secondo consiste nel chiedere all’interlocutore, dopo che ha finito di esporre il proprio punto di vista, di ripetergli quello che si è ascoltato per verificare la corretta comprensione. Con la stessa logica si è ripetuto l’esercizio focalizzando l’attenzione sull’ascolto empatico, il meccanismo a coppie è stato lo stesso ma il feed- back questa volta è stato avviato con la frase “quello che sento che provi è……”. Nell’ascolto empatico è indispensabile la consapevolezza, perché rende più percettivi e ricettivi, unita alla gentilezza che fa cogliere i sentimenti altrui. Difficile davvero farlo sotto stress o in situazioni altamente competitive. Anche in questo caso la discussione ha generato suggerimenti: essere curiosi, ascoltando una storia chiedersi sempre cosa sta provando chi racconta e poi praticare il più possibile, l’allenamento sviluppa la capacità. Ma come si può concretamente allenarsi a sviluppare l’ascolto empatico? Si può cominciare dall’ascolto attivo che consiste nel ripetere le parole ascoltate, cosa che fa percepire immediatamente all’interlocutore di avere la vostra piena attenzione. C’è un’avvertenza: può risultare sgradevole quindi è bene utilizzare formule del tipo “se ben capisco…”. Un secondo passo è quello di riformulare il contenuto, cioè trasporre il significato della conversazione in parole proprie. Si pensa a quanto ascoltato in termini logici, questo consente, tra le altre cose, di verificare anche il significato di alcuni termini che presentino elementi di ambiguità. Il terzo punto è riflettere un sentimento e quindi rimandare non solo il contenuto ma anche come si sente l’interlocutore. Anche in questo caso attenzione al significato delle parole, in molti casi quando si parla di emozioni il vocabolario è limitato a pochi termini che non esprimono, per esempio, l’intensità di quello che si prova. Preoccupazione, paura, terrore sono tre cose molto diverse ma per qualcuno possono essere parole intercambiabili. Lo step finale è la somma dei due precedenti, quindi consiste nel riformulare il contenuto e riflettere il sentimento. Genera fiducia ed un flusso di comunicazione profondo. Come di consueto alla fine ho chiesto ai partecipanti cosa si portassero a casa dalle 3 sessioni, ho trovato un giudizio unanime sull’efficacia degli esercizi pratici che, benché fatti tra colleghi e quindi in ambiente protetto, hanno evidenziato alcune criticità: l’atteggiamento difensivo adottato quando ci si sente giudicati, spesso sfocia addirittura in disagio limitando molto la comunicazione fino ad arrivare ad un vero e proprio blocco. Un altro apprendimento ha riguardato la difficoltà a percepire le emozioni proprie ed altrui, qualche partecipante ha parlato espressamente di suo analfabetismo emozionale. Più persone hanno citato l’ansia di rispondere, il desiderio di essere perfetti, la difficoltà di gestire il conflitto senza colpe, cioè quella modalità che consente di ottenere una soluzione che accontenta il più possibile tutte le parti senza sfociare in una contesa tra persone ma rimanga sul contenuto. La richiesta finale dei partecipanti è stata di dedicare altri incontri alle emozioni per conoscerle e farne un ulteriore strumento di crescita professionale e personale. perversi.enrico@espiu.com Il Learning Management System è un’applicazione software che aiuta a gestire, documentare, tracciare, generare report, automatizzare e offrire corsi di istruzione, programmi di formazione o di apprendimento e sviluppo La Rivista · Marzo 2024 25
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