La Rivista

e appena raccolti i bottoni fiorali il ramo continua regolarmente e con costanza la propria crescita emettendo di nuovi. All’atto di ogni raccolta vengono così a trovarsi sulla pianta bottoni fiorali di diverse dimensioni. La raccolta, secondo la zona, dura anche fino alla metà di settembre. A causa della scalarità della produzione, i contadini ritornano sulle stesse piante ogni 8-10 giorni, secondo l’andamento climatico, e manualmente provvedono a raccogliere i capperi presenti sulle piante, con un lavoro faticosissimo sia per la posizione china sia per il caldo torrido dell’estate. Dell’utilizzo gastronomico dei capperi si ha notizia sin dall’antichità e alcuni autori ne magnificano addirittura innumerevoli benefici per l’organismo. Nel 1593 Domenico Romoli detto il Panunto nel suo famoso trattato culinario “La Singolare Dottrina” afferma che “… quei che mangeranno non hauran dolore di milza, né di fegato… son contrari alla melanconia, proucan l’orina…”. Ora, se possono risultare opinabili tutte le interpretazioni è certo però che i capperi risultano essere ingredienti essenziali e insostituibili per moltissime pietanze e sotto tutte le latitudini. I migliori del mondo Carla Volonté nel suo libro, Ricette Pratiche, afferma: “Ed anzi è proprio l’Italia che vanta i migliori capperi del mondo: sono quelli dell’isola di Pantelleria, dove oltre a crescere splendidi allo stato spontaneo, i capperi vengono coltivati su ampia scala”. A rendere i capperi di Pantelleria i migliori per qualità in assoluto hanno sicuramente contribuito vari fattori. Fra i più evidenti, da un lato, vi è stata la selezione genetica, anche se praticata in maniera empirica, portata avanti dai contadini a partire dalla seconda metà del 1800 e che ha ottenuto la varietà attuale: Capparis Spinosa, varietà Inermis, cultivar Nocellara. Dall’altro, hanno avuto un ruolo decisivo, come per l’uva Zibibbo, non riproducibile in nessun altro luogo con le stesse caratteristiche organolettiche, le particolari condizioni climatiche dell’isola: caldo, temperato dall’umidità dell’acqua del mare, dal vento e dai boschi di pini e lecci di cui sono ricoperte le montagne. Ma anche dalle caratteristiche mineralogiche del terreno che il geologo Rittman definisce “eccezionali per la loro composizione chimica”. Tutti questi elementi fanno sì che i capperi di Pantelleria acquisiscano caratteristiche qualitative, di aroma e di sapore, superiori e uniche, riconosciute da tutti. Di generazione in generazione A Pantelleria la coltivazione del cappero, oltre ad avere una tradizione colturale ultrasecolare è particolarmente importante: ogni contadino sceglie sempre accuratamente le piantine da mettere a dimora e individua i terreni più vocati. In questo modo si è appurato, con una esperienza maturata di generazione in generazione, che i terreni più adatti sono quelli terrazzati ed esposti al sole. E, infatti, in tutta l’isola, ma soprattutto nella parte meridionale, si può osservare l’immenso patrimonio costituito, attraverso un immane, titanico lavoro, della costruzione nel corso di più secoli del sistema dei terrazzamenti, fatti con muri a secco e che caratterizzano in modo inconfondibile l’ambiente pantesco. Una volta impostata la coltivazione, i capperi ricevono le stesse cure riservate alla vite. Il terreno viene lavorato e concimato in inverno e i capperi vengono potati. Le piante raggiungono la piena produzione dopo circa tre anni dall’impianto. La produzione di ogni anno ha inizio alla fine di maggio e va avanti anche fino a metà I terreni più adatti sono quelli terrazzati ed esposti al sole La Rivista · Giugno 2024 75

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