seminato il panico con la loro “grande invasione” dell’Europa orientale tra il 1236 ed il 1242, e come se non bastassero le minacce esterne, c’era da affrontare e combattere il pericolo interno rappresentato da Federico II di Svevia (1194-1250), propugnatore dell’egemonia politica dell’Impero, come suprema autorità sciolta da ogni vincolo, contro il Papato, che, facendo appello alle teorie teocratiche, rivendicava, invece, la supremazia della Chiesa sui regni terreni. Per combattere il pericolo interno, la Chiesa operò su più fronti per isolare e sconfiggere Federico II ed i suoi eredi (Manfredi e Corradino di Svevia). Per affrontare le minacce esterne pensò di allearsi con il nemico più lontano contro quello più vicino, cioè con i mongoli contro i turchi in certo qual modo già contrapposti per la supremazia nel continente asiatico. Fu papa Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna (Manarola, 1195 circa – Napoli, 7 dicembre 1254), 180º papa della Chiesa cattolica, ad inviare prima il domenicano Ascelino di Lombardia o di Cremona e poi il francescano Giovanni di Pian di Carpine alla corte dei mongoli. Ascelino partì nel mese di marzo del 1245 da Lione, alla vigilia dell’inaugurazione del tredicesimo concilio ecumenico, che si sarebbe tenuto in quella città della Francia dal 28 giugno al 17 luglio dello stesso anno, per discutere e stabilire la posizione della Chiesa su come contrastare la corruzione della fede e dei costumi; come intraprendere la lotta per la liberazione della Terra Santa, dopo la caduta di Gerusalemme in mano turca, avvenuta l’anno prima (1244); come affrontare lo scisma delle chiese cristiane orientali; come suoi seguaci fondarono allora una nuova chiesa cristiana di rito siriaco orientale, che si diffuse nel Medio Oriente e in alcune regioni dell’Asia. Fino alla fine del XII secolo, in tutto il bacino del Mediterraneo, la convivenza tra cristiani e musulmani, anche se non sempre pacifica, era stata, tuttavia, caratterizzata dalla rispettiva tolleranza, soprattutto in nome dei rigogliosi scambi commerciali. Agli inizi del XIII secolo, quel confronto cambiò radicalmente: in Terra Santa non ci si dovette più confrontare con gli arabi, ma con gli oltranzisti turchi. I vari Pontefici si trovarono allora impegnati su tre fronti: oltre ai turchi c’erano, infatti, i mongoli o tartari, eredi di Gengis Khan, che avevano combattere la minaccia delle pretese di Federico II; come sfidare il pericolo mongolo-tartaro. Sentendosi minacciato dai turchi in Terra Santa e da Federico II di Svevia in casa, il Papa, aveva deciso di allacciare rapporti diplomatici con i mongoli, che ormai avevano lasciato il fronte europeo per espandersi in quello asiatico. I nemici lontani sembravano, infatti, sempre meno pericolosi di quelli vicini. Il tentativo di Ascelino di stabilire dei rapporti tra Chiesa e regni mongoli non fu del tutto inutile. I mongoli, infatti, pur non mostrandosi accondiscendenti all’invito del Papa di farsi cristiani, non chiusero del tutto la speranza a futuri contatti. Missionari ed esploratori Più fruttuosa di quella di Ascelino fu la missione del francescano Giovanni da Pian di Carpine (1182-1252), che, tra mille pericoli e privazioni, nell’agosto del 1246, raggiunse la corte del Gran Khan Güyük, nipote di Gengis Khan, a Karakorum, al quale consegnò una missiva del Pontefice e, ricevuta la risposta, il 13 novembre del 1246, intraprese il viaggio di ritorno. Karakorum o Caracorum è una catena montuosa, che segna, per circa 450 km, il confine tra il Kashmir indiano e pakistano e la Cina, spingendosi verso ovest fino all’odierno Afghanistan. Essa è divisa da quella dell’Himalaya dal corso del fiume Indo. È una zona molto montuosa e conta 4 delle 14 vette che superano gli ottomila metri di altezza. Per questo, la catena del Karakorum è considerata uno dei luoghi più impervi della Terra. L’esempio di Giovanni da Pian di Carpine, che ci lasciò una Historia Riproduzione immaginaria di Marco Polo in costume tartaro (XVIII secolo) La Rivista · Giugno 2024 45
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