Altri tempi Sono i tempi nuovi. Che differenza rispetto a quando il “lusso” della città era la sua produzione tessile: i tempi – dalla fine dell’Ottocento alla metà del secolo scorso – della “Como città della seta”, raccontata nel bellissimo museo che è “l’unica istituzione museale al mondo in grado di raccontarti l’intero processo di produzione, dal baco da seta ai filati colorati, dalla stampa a mano alle collezioni di moda”, come si legge nelle schede che introducono il Museo della seta di via Castelnuovo. La seta qui si produce fin dal Cinquecento, ma la rivoluzione industriale fece di Como il più grande centro di produzione e di esportazione dell’intera Europa. I più anziani in città ricordano ancora di quando, fino agli anni 50-60 del ‘900, i comaschi tenevano i gelsi in giardino e i bachi in soffitta, per poi vendere il loro prodotto alle decine di seterie sparse sul territorio. Oggi a tenere alto il vessillo della grande manifattura serica sono rimasti, malinconicamente, solo alcuni grandi marchi come Ratti e Mantero. Proprio alla tradizione tessile comasca si riallaccia una manifestazione come Miniartextil, che da oltre 30 anni porta in città il meglio della “fiber art” – opere d’arte realizzate con fibre tessili, tessuti o filati. Il Genius Loci Se la cultura a Como si esprime soprattutto in luoghi come lo splendido Teatro Sociale, teatro lirico con oltre due secoli di storia alle spalle e una stagione musicale e di prosa di ottimo livello, la città è disseminata di piccoli musei – il Museo archeologico Paolo Giovio, il museo storico Giuseppe Garibaldi – e di spazi espositivi di notevole pregio, primo fra tutti il magnifico Broletto, proprio di fianco al Duomo. Ma forse la raccolta artistica più importante è la Pinacoteca Civica, che ospita una collezione pregevole di testimonianze della cultura artistica della città dal medioevo al XX secolo, e le opere novecentesche dei pittori astrattisti del “Gruppo Como” e dell’architetto futurista Antonio Sant’ Elia. Proprio l’architettura offre, sul territorio comasco, l’espressione contemporanea culturalmente più elevata: il razionalismo di Giuseppe Terragni, autore di quella Casa del Fascio edificata negli anni ’30 e ammirata ancora oggi per la perfezione delle sue linee e per il rigore geometrico che rimanda a suggestioni e proporzioni classiche. Sorge a pochi passi dal Teatro Sociale e dalla Cattedrale, e ad unire i tre luoghi è una linea quasi retta che sembra tracciare simbolicamente un legame fra il passato e il presente della città. Un bastione storico e culturale a protezione dell’anima antica della città, il suo Genius Loci, che si appresta a resistere alla più subdola delle invasioni, quella del turismo di massa. O almeno ci prova. E se si parla di Genius Loci – per concludere in bellezza, nel vero senso della parola – non possiamo non includere nel nostro itinerario il più mirabile degli edifici comaschi: la chiesa di sant’Abbondio, protettore della città. Magnifica la perfezione delle sue forme romaniche, e magnifici gli affreschi trecenteschi nell’abside: un racconto per immagini serrato quanto poetico che penetra negli occhi e nel cuore di chi guarda almeno quanto la luce dei monti che si specchiano nel lago. Il lago dall’aeroclub (Foto: Monica Pini) La Rivista Il Belpaese La Rivista · Giugno 2024 35
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