La Rivista · Dicembre 2023 90 Mantovani, Lugana, S. Martino della Battaglia, Bardolino, Custoza, Valpolicella, Soave, Valdadige, Monti Lessini. Un territorio molto vasto ed eterogeneo, anche da un punto di vista politico, perché la denominazione interessa tre Comuni (Mantova, Brescia e Verona) e due regioni (Lombardia e Veneto). “Un piccolo Mediterraneo ai piedi delle Alpi”. Un’area vitivinicola che si estende per oltre 30.000 ettari intorno al Lago di Garda. Nata nel 1996, la denominazione ricomprende le altre Doc del territorio e abbraccia diverse tipologie alla cui base vi sono vitigni sia bianchi che rossi. Quando è stata istituita vi erano dieci denominazioni storiche e la Doc Garda, fra gli altri, ha il merito di aver dato dignità anche a varietà che prima non potevano fregiarsi della denominazione di origine come il Pinot nero, lo Chardonnay e il Pinot grigio. Garda Doc, insomma, ha codificato il legame di queste e molte altre varietà con il territorio gardesano. Una sorta di “denominazione di denominazioni”, che si sviluppa principalmente in provincia di Verona, dove sono coltivati oltre 27.000 ettari, per poi toccare le province di Mantova e Brescia e che ricomprende varietà autoctone come Garganega, Trebbiano di Soave, Corvina e Marzemino e, come visto, anche diverse varietà internazionali. I vini prodotti godono dell’influsso benefico del Lago di Garda, il più grande d’Italia, dell’affascinante luminosità generata dalla superfice dell’acqua, di un clima particolarmente mite e di secoli di storia e tradizione. Un sistema vincente e ricco di possibilità, che riesce a trasmettere l’unicità di produrre vino con vista lago. Dal 2016, inoltre, nel disciplinare è stata prevista la tipologia Spumante. Si è trattato di una scelta vincente, anche in termini di marketing, che ha portato a una crescita dell’attrattività dei prodotti. “Una tipologia che, sicuramente, ha dato uno slancio alla denominazione ma che rappresenta ancora una piccola percentuale rispetto al totale delle bottiglie prodotte, passate da 5 a 20 milioni nel giro di sette anni – racconta ancora Paolo Fiorini – Di grande importanza per noi sono sicuramente i vini mono varietali, ad esempio quelli prodotti con Chardonnay o Pinot grigio, che donano un respiro internazionale alla denominazione senza, però, farle perdere il carattere identitario che solo il territorio può conferire”. Presente a questo incontro Carlo Alberto Panont, enologo e consulente di lunga carriera, che ha scelto Zurigo per questa Masterclass di profilo tecnico, aperto ad operatori del settore, innanzitutto con i soci dell’Associazione Svizzera dei Sommelier con in testa il loro Presidente Aurélien Blanc ed Elio Frapolli, loro coordinatore per queste manifestazioni, presentando undici tra le qualificate etichette Garda DOC al fine di poter intercettare importatori, distributori e wine lovers della Svizzera. La Carta dei Suoli Alla degustazione ha fatto da preambolo una lunga dissertazione sulla viticoltura dei territori del Garda DOC che si estende principalmente su suoli di agglomerati “morenici” che sono in genere pietrosi, ricchi di scheletro, fortemente calcarei. Nella maggior parte dei casi sono moderatamente profondi e presentano una scarsa trattenuta dell’acqua a causa della tessitura grossolana e della debole strutturazione. Per illustrare al meglio queste tipologie di terreni è stato proiettato un filmato realizzato dall’Agency Kondoo di Gallarate (Varese), La Carta dei Suoli, un modo innovativo con cui il Consorzio ha scelto di divulgare la prima carta interregionale dei suoli della sua DOC che mappa la “pedodiversità” di questo vasto territorio vitivinicolo. La carta dei suoli
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