La Rivista

ni, lo spagnolo o il portoghese e altre “antipatiche”, come per esempio l’arabo, il cinese o il francese. E poi ci sono lingue che vengono percepite come “disorientanti” (per esempio il giapponese o le lingue del sub-continente indiano), oppure “aggressive” (per esempio alcune lingue balcaniche o africane). Certi atteggiamenti, positivi o negativi, verso le lingue straniere sono riconducibili alla situazione endemica italiana, caratterizzata da una notevole varietà dialettale. Tutti noi, in qualche modo, siamo stati presi in giro almeno una volta per il nostro accento o per il nostro lessico quando parliamo l’italiano o il nostro dialetto in contesti diversi da quelli in cui viviamo normalmente. Questo può riguardare i ticinesi a Milano, i milanesi a Bergamo, i bergamaschi a Venezia, i veneziani a Bologna, i bolognesi a Firenze, e così via, sempre più giù. Fin quando si tratta di dileggi scherzosi, non c’è problema, ma alla lunga certe osservazioni possono essere veramente fastidiose. Ecco quindi che, ancora oggi, parlare con un accento calabrese, siciliano o campano può essere ancora problematico in certe zone d’Italia. Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia ha scritto apertamente dei pregi e dei difetti di alcuni dialetti italiani, gettando anche le basi per una discussione sulle lingue che si sviluppò nei secoli successivi, ma creando, più o meno volontariamente, anche discriminazioni tra varietà più o meno illustri. Le valutazioni di Dante, comunque, erano basate su criteri prevalentemente affettivi e non scientifici, nel senso moderno del termine. Demoni da tenere sotto controllo Il fattore lingua viene sfruttato periodicamente da certi partiti italiani per creare barriere e definire confini tra persone che invece, con un certo sforzo reciproco, potrebbero comunicare tra loro senza problemi. Come sarebbe bello, per esempio, se certi italiani la smettessero di dire “Qui siamo in Italia e si parla solo l’italiano!”, rifiutandosi di imparare il tedesco in Alto Adige/Sudtirolo, il patois/francese in Val d’Aosta oppuIn Svizzera lo studio di una seconda lingua nazionale, oltre a quella locale, è obbligatorio nelle scuole, ma non è quasi mai apprezzato dalla maggioranza della popolazione elvetica La Rivista La Lingua batte dove... La Rivista · Dicembre 2023 55

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