La Rivista

il ladino bellunese, il greco salentino, il palermitano, il genovese, ecc. Penso che sia un’iniziativa molto simpatica e sicuramente utile per far conoscere, in modo scherzoso, il plurilinguismo italiano, ancora vivo. Un giorno ha telefonato una signora della provincia di Bolzano che ha parlato in tedesco. Si trattava della traduzione di una notizia riguardante una ricerca fatta da un’università americana su certe abitudini alimentari. Alla fine della telefonata, uno dei moderatori ha commentato così le parole della signora sudtirolese/altoatesina: «Basta così, grazie, altrimenti a qualcuno viene voglia di metterci con le mani in alto e la faccia al muro», per sdrammatizzare ha fatto anche una risatina. La lingua che fa paura La battuta questa volta non mi ha fatto ridere e rivela in modo inequivocabile il legame esistente tra lingue e sentimenti. Nel caso del conduttore radiofonico, il tedesco richiama eventi tragici di un passato che viene rinfacciato, periodicamente e senza distinzioni, a tutte le persone che parlano la cosiddetta “lingua di Goethe”, comprese le sue varietà dialettali. Per un italiano di cultura media, con poche conoscenze delle lingue straniere, non c’è nessuna differenza tra Bolzano, Vienna, Zurigo, Monaco di Baviera, Berlino o Amburgo. Dove si parla tedesco ci sono semplicemente i crucchi, i mangia crauti, i mangia patate, quelli che camminano in estate con i calzini bianchi e i sandali, quelli che mangiano la pizza con l’ananas, i barbari… i nazisti. E il tedesco rimane una lingua che fa paura, non solo per la complessità della grammatica e della sintassi. Viene percepito come mucchio di consonanti e suoni gutturali urlati a squarciagola da gente in divisa grigia e occhi di ghiaccio: jawohl, nein, halt, Achtung, Feuer! Anche i miei nonni, che hanno vissuto veramente la Seconda Guerra mondiale, nutrivano una grande diffidenza verso le persone che parlano questa lingua. Ma ricordo sempre la reazione del nonno materno quando lo portai in Germania dopo aver attraversato, senza controlli, l’Austria e la Svizzera. Sentendo me parlare tranquillamente con i tedeschi, cambiò il suo atteggiamento nei loro confronti. Non li percepì più come una minaccia e, in qualche modo, si riconciliò anche con la sua storia. Pregi e dei difetti di alcuni dialetti Anche in Italia ho notato un atteggiamento contraddittorio nei confronti delle lingue straniere. Ci sono lingue “simpatiche” e comunemente accettate, come per esempio l’inglese, usato anche in modo creativo con neologismi sconosciuti agli anglofoUna scena del film Bon Schuur (Bonjour) Ticino di Peter Luisi La Rivista · Dicembre 2023 54

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