La Rivista

Lingue e sentimenti In Svizzera è uscito recentemente un film che prende in giro il plurilinguismo elvetico. La trama è questa: il governo decide, dopo una consultazione popolare, che il Paese deve diventare monolingue e impone come lingua unica il francese, scatenando così una serie di problemi tra i confederati di lingua tedesca che, fino a quel momento, si capivano perfettamente con i loro dialetti alemanni. Ma a essere particolarmente penalizzati sono i ticinesi che organizzano atti di sabotaggio in difesa dell’italiano. Obbligatorio ma quasi mai apprezzato Il film mette scherzosamente in evidenza le contraddizioni linguistiche esistenti in questo Paese, dove lo studio delle lingue nazionali è obbligatorio nelle scuole, ma non è quasi mai apprezzato dalla maggioranza della popolazione elvetica. Provate a chiedere a una persona che ha frequentato le scuole a Zurigo, San Gallo o Sciaffusa un’opinione sul francese e avrete un quadro abbastanza chiaro sugli intenti provocatori del film. Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato questo atteggiamento negativo verso le altre lingue nazionali elvetiche come un reale fallimento di un sistema formativo ritenuto, a torto o a ragione, come un modello di riferimento anche per altre nazioni. I motivi per cui le lingue vengono apprezzate oppure odiate dalle persone sono molteplici. Da un lato, ci sono ragioni, apparentemente oggettive, collegate con la facilità/ difficoltà di apprendere le strutture grammaticali o il lessico di una determinata lingua. Dall’altro, troviamo le esperienze soggettive delle persone. Qui sono fondamentali il ruolo dell’insegnante e il suo atteggiamento nei confronti della materia che dovrebbe/vorrebbe trasmettere. Spesso il problema non sono le lingue in sé, ma la credibilità e la preparazione generale dei docenti. Vittime inconsapevoli di pregiudizi Allargando il discorso al di fuori del mondo scolastico, comunque, troviamo che le lingue sono vittime inconsapevoli dei pregiudizi nei confronti dei loro parlanti. Proprio nella plurilingue Svizzera, per esempio, fino a qualche decennio fa la gente si lamentava quando sentiva parlare l’italiano (una lingua nazionale!) a Lucerna o Losanna. La nostra lingua era collegata con l’immigrazione straniera, quindi con la povertà e la delinquenza. La diffidenza verso l’italiano è stata sostituita, nel corso del tempo, da quella verso altre lingue come il serbo-croato o l’albanese. Ma questo atteggiamento di chiusura, basato su pregiudizi, si trova un po’ ovunque e può riguardare anche persone che si dichiarano apertamente tolleranti e progressiste. Da anni seguo una trasmissione radiofonica italiana di Rai Radio 2 condotta da due conduttori, ironici e intelligenti, che propongono giornalmente dei temi su cui gli ascoltatori possono intervenire, raccontando le proprie esperienze personali. Una volta alla settimana, in questa trasmissione c’è anche una rubrica nella quale è possibile ascoltare una notizia di cronaca di carattere leggero, presentata in italiano dai due conduttori, che viene tradotta sul momento dalle ascoltatrici/dagli ascoltatori nelle diverse varietà linguistiche del nostro Paese. E così, in pochi minuti, si può fare un rapido viaggio attraverso la Penisola e ascoltare il friulano carnico, il cosentino, il torinese, l’anconitano, di Raffaele De Rosa La Rivista La Lingua batte dove... La Rivista · Dicembre 2023 53

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