La Rivista

La Rivista Elefante invisibile1 originale continuino comunque ad ardere per lungo tempo. Un esempio classico di spostamento è costituito dal caso illustrato nel primo paragrafo, laddove il genitore si è guardato bene dal reagire nei confronti della vera fonte della frustrazione (il capo), bensì ha sfogato la sua collera e aggressività su un soggetto meno temibile: i figli. Tale trasferimento può causare una reazione a catena. L’aggressività spostata può diventare un circolo vizioso. Si genera così un’enorme tensione psicologica che finirà per presentare il conto in un modo o nell’altro alla persona in questione. In effetti, tali impulsi inappropriati non scompaiono così facilmente come si pensa comunemente. Pertanto, la via di fuga dello spostamento può rivelarsi un boomerang per chi la pratica: individuo singolo o gregge di persone che sia. Un secondo meccanismo è la proiezione, attraverso la quale un individuo si libera di pensieri molesti o disagi – come colpe, rabbia, invidia – che gli sono propri e che non riesce ad accettare, proiettandoli sugli altri. I pensieri più comunemente proiettati su altri sono quelli che potrebbero causare sensi di colpa, come fantasie sessuali o pensieri aggressivi, che sono oggetto di biasimo e censura da parte della morale comune. Ad esempio, se Tizio prova odio o invidia per una persona, ma nel contempo non lo ammette con sé stesso in ossequio a principi etici, egli può “risolvere” il problema convincendosi che sia invece l’interlocutore a odiarlo e a provare una feroce invidia nei suoi confronti. Anzi, è persino probabile che, prima o poi, si consideri circondato da stuoli di odiatori e invidiosi. In tal modo, Tizio preserva un’immagine di sé positiva e salva il proprio ego. Spostamento e proiezione possono peraltro (con)fondersi. Ciò succede quando pensiamo che la persona contro la quale sfoghiamo abitualmente le nostre frustrazioni provi per noi gli stessi sentiment negativi che mostriamo nei suoi confronti. Come si manifesta sul piano socio-politico? A proposto di tale aspetto, durante la redazione di questo contributo mi sono imbattuta nel testo di una conferenza di Umberto Eco dal titolo Costruire il nemico (intervento tenuto il 15 maggio 2008 all’Università di Bologna), nel quale il grande semiologo e scrittore disquisisce sull’utilità socio-politica del nemico, permettendoci così di allargare la riflessione anche a proposito della designazione di capri espiatori. Eco sostiene, con la sua abituale sapienza ma anche ironia, arguzia e irriverenza che avere un nemico è importante, al punto che, se non c’è, bisogna costruirlo. Gli lascio perciò subito la parola citando un estratto del suo testo. “Anni fa a New York sono capitato con un taxista dal nome di difficile decifrazione, e mi ha chiarito che era pakistano. Mi ha chiesto da dove venivo. Gli ho detto dall’Italia ed è stato colpito che fossimo così pochi e che la nostra lingua non fosse l’inglese. Infine, mi ha chiesto quali sono i nostri nemici. Al mio ‘prego?’ ha chiarito pazientemente che voleva sapere con quali popoli fossimo da secoli in guerra per rivendicazioni territoriali, odi etnici, continue violazioni di confine e così via. Gli ho detto che non siamo in guerra con nessuno. In ambito psicologico meccanismi di difesa concorrono a promuovere con impressionante successo la diffusione dello stratagemma del capro espiatorio La Rivista · Dicembre 2023 51

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