La Rivista

stazione e approcci condivisi, che si ritengono tutte responsabili l’una nei confronti dell’altra. L’approccio comune deve includere modalità efficaci di: riunione e comunicazione che accrescano il morale e l‘allineamento, interrelazione con tutti i gruppi di stakeholder chiave, apprendimento e sviluppo continuo degli individui e del team” (Peter Hawkings). L’assunzione di questa definizione ha aperto nuovi ambiti di approfondimento e discussione con particolare riferimento al significato di “ritenersi reciprocamente responsabili” e sul come implementare nella pratica tutti gli elementi dell’approccio comune. Nelle sessioni dedicate a questa elaborazione è risultato chiaro che la creazione di un team è un processo con dei passaggi evolutivi che richiedono attenzione ed una crescita sia del leader che dei membri della squadra. Un processo in 4 fasi Anche in questo caso serviva un modello di interpretazione della realtà che permettesse di leggerla prima di tutto e poi di indirizzarla nella direzione desiderata. Abbiamo fatto riferimento ad un processo in 4 fasi denominato Forming-Storming-Norming-Performing. Nella prima il leader si deve far carico di creare un ambiente dove i partecipanti si sentano in grado di contribuire con idee e suggerimenti superando la preoccupazione rispetto al fatto di essere accettati. È necessario creare senso di appartenenza e sviluppare lealtà verso il gruppo, dove tutti si esprimono ancora in termini molto formali e cortesi. Nella seconda fase, come nell’adolescenza, si genera conflitto perché i membri cercano un insieme condiviso di obiettivi, valori e procedure operative. Il conflitto svolge un ruolo positivo ma va evitato che diventi interpersonale perché verrebbe bloccato lo sviluppo, il leader ha il compito di favorire una positiva risoluzione dei diversi punti di vista creando fiducia e coesione. Nella terza fase, quando il team è adulto, una visione comune permette di consolidare relazioni positive tra i membri, vengono avviati confronti e negoziazioni mature sui ruoli e procedure organizzative. Questo avviene grazie al fatto che ci si focalizza molto più sul compito che non su status e potere, il leader non è più direttivo e la struttura della comunicazione diventa più flessibile. Finalmente nella quarta fase la cooperazione è massima ed il team offre prestazioni di alto livello: il lavoro è ben fatto, le decisioni sono prese in modo informato e razionale, i conflitti sul compito sono incoraggiati ma non minano la coesione. La delega diventa quasi naturale a fronte della maturità dei membri e della chiarezza dei ruoli, vengono creati dei sottogruppi di lavoro che tuttavia sono altamente integrati tra loro. Questo modello ha permesso di capire esattamente a che punto fosse l’evoluzione della squadra, il conflitto è passato da essere considerato un elemento di disturbo a un motore di crescita e allineamento, e il mio cliente ha capito con chiarezza che i nuovi collaboratori che aveva selezionato dovessero essere accompagnati con maggior cura di quella che era stata destinata ai precedenti. Il modello di Leadership Situazionale L’inserimento di altre 2 persone ha anche stimolato una riflessione importante sul significato di “capo-coach” e sulla gestione delle persone in generale, è stato molto interessante il fatto che il mio cliente abbia sentito la necessità di ridefinire il processo di selezione dei collaboratori chiedendo il supporto di altri colleghi dell’azienda. È stato utile in quel momento discu- “Un team è un gruppo ristretto di persone con competenze e capacità complementari che operano per un fine comune, con obiettivi di prestazione e approcci condivisi, che si ritengono tutte responsabili l’una nei confronti dell’altra. La Rivista · Dicembre 2023 26

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