La Rivista

La Rivista · Settembre 2023 90 resteranno a guardare. Dal lato produttori di vino, la voglia di scoprire questa nuova faccia della produzione non manca. Lo si è visto quest’anno a ProWein. La Fiera tedesca ha ospitato per la prima volta un padiglione dedicato ai vini dealcolati e a basso tenore alcolico denominato “world of zero” e ha sondato i pareri sulle intenzioni future di oltre 2.500 tra produttori, commercianti e distributori di quasi 50 Paesi. Il responso non lascia dubbi: quasi metà dei produttori e dei commercianti di vino intende adattare il proprio portafoglio vini ai trend del mercato e c’è un 27% che sta già investendo su no e low alcol. Bianchi e spumanti i più dealcolati Un altro sondaggio, sempre della fiera di Düsseldorf, che ha interessato i rivenditori di vino di 16 mercati, ha disegnato la mappa delle piazze più interessate al trend: Regno Unito in testa (53%), seguito Olanda (43%), Finlandia (36%), Germania (34%) e Norvegia (33%). Sulla scelta del Regno Unito come mercato chiave influisce anche un motivo strettamente economico: il sistema fiscale britannico applica tariffe molto basse o addirittura nessuna tariffa sui prodotti a bassa gradazione alcolica. E questa potrebbe essere un ulteriore punto di forza per questo tipo di prodotto. Guardando alle tipologie di vino, sono i bianchi (73%) e gli spumanti (58%) a guidare la categoria no-low alcol, davanti ai rosati (37%) e, infine, ai vini rossi (27%). In questa scelta, c’è anche una ragione tecnica: dealcolare i bianchi è più semplice rispetto ai rossi, per i quali l’industria deve lavorare soprattutto sull’eccesso di tannini. L’Europa dà il via libera, l’Italia no A introdurre per la prima volta la possibilità di produrre vini senza alcol in Europa è stata la Pac 20232027, approvata ad ottobre del 2021, trovando un compromesso: via libera alla dealcolizzazione totale dei vini da tavola (titolo alcolometrico inferiore a 0.5%); parziale dealcolizzazione per Dop e Igp (titolo alcolometrico superiore a 0.5%). Per farlo si pratica la sottrazione dell’alcol mediante tecnologie che spaziano dall’evaporazione al ricorso a sistemi a membrana. Fino a quel momento si era fatto riferimento alle singole legislazioni nazionali. Così se per Spagna e Germania era già una pratica utilizzata da tempo, per l’Italia era off limits, dal momento che, secondo la nostra legislazione, per essere chiamato vino, un prodotto deve presentare una gradazione di circa 8 gradi (ogni denominazione, poi, fa riferimento al disciplinare specifico). La nuova Pac ha, quindi, aperto la strada. Ma non basta. In Italia, nonostante l’ok dell’Europa, c’è ancora un ostacolo insormontabile alla pratica: il Testo Unico del Vino, che prevede multe salate per chi detiene in cantina vino con titolo alcolometrico minore di 8 gradi. Si dovrebbe, quindi, intervenire in ambito legislativo, ma non è così scontato, considerato che il ministro delle Politiche Agricole Francesco Lollobrigida ha più volte preso posizione contro i vini senza alcol: “Non devono essere chiamati vino”, ha ribadito anche in una recente intervista al settimanale Tre Bicchieri. Sovrapproduzione e giacenze Eppure, in questo momento potrebbe rappresentare una soluzione al problema sovrapproduzione e giacenze in cantina, come ricordano alcuni esponenti politici, tra interrogazioni parlamentari già depositate e altre in arrivo. Una è del Movimento 5 Stelle, con primo firmatario Alessandro Caramielo che denuncia come ci sia una situazione di stallo, mentre «le associazioni, i produttori e le imprese chiedono di intervenire sul Testo Unico del Vino», soprattutto alla luce «dell’attuale fotografia della produzione vitivinicola nazionale che presenta un Paese in cui le giacenze di

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