La Rivista

Pensate come aperture restano spesso chiuse Ecco, le finestre e le serrande chiuse fanno parte dei miei ricordi infantili meno piacevoli. Forse per questo motivo, oggi, osservo con un occhio speciale gli edifici di ogni genere che caratterizzano i centri abitati italiani di ogni dimensione. Dal punto di vista etimologico il termine “finestra” deriva dal latino fenestra e indica, secondo il vocabolario Treccani (facilmente consultabile in rete), un’apertura nei muri esterni di un edificio, destinata a dare luce e aria agli ambienti interni. Il termine latino, a sua volta, è collegabile con la radice indoeuropea *BHAN/*PHAN “splendere” (cfr. greco phainein che significa “illuminare” e i suoi derivati in latino/italiano come fanale o Epifania). Dal latino fenestra derivano anche francese fenêtre e tedesco Fenster (le popolazioni germaniche antiche hanno appreso l’arte della costruzione in muratura dai romani, da qui il gran numero di prestiti di origine latina in tedesco e inglese). Lo spagnolo ventana indica la funzione della finestra, che è quella di far passare il “vento” e quindi l’aria. Lo stesso vale anche per l’inglese window da anglosassone windouge, letteralmente “occhio per vento”. Il portoghese janela, invece, si riferisce a una porticina nel muro e deriva da latino janua, cioè “porta”. Il termine serranda, infine, è tecnicamente un gerundivo femminile, cioè un aggettivo verbale, di latino serrare e può essere tradotto letteralmente con “da chiudere” (come mutanda che significa “da cambiare”… ogni giorno!). Sui tipi di serranda non voglio dilungarmi qui, desidero solo segnalare che in italiano esistono anche altri termini, come per esempio tapparella, veneziana o persiana, usati quasi come sinonimi pur avendo forme e modalità di apertura/ chiusura un po’ diverse. Avete mai osservato con attenzione le facciate delle case in Italia? Quante finestre e serrande trovate aperte? Quante, invece, sono chiuse ermeticamente? L’esegesi dei panni stesi I motivi che stanno alla base di questo comportamento possono essere riassumibili sostanzialmente in questo modo: ci si barrica in casa per proteggersi dagli eventi atmosferici oppure per salvaguardare la propria sfera privata. Su questo ultimo punto avrei però una domanda: come posso interpretare i bellissimi panni stesi sui balconi italiani dai quali si possono dedurre tante interessanti informazioni sulle famiglie che abitano negli appartamenti? I panni stesi fanno parte del panorama urbano dei centri abitati della Penisola, dal Nord al Sud. Li ho visti esposti fuori un po’ in tutte le stagioni e, a mio avviso, portano allegria anche in zone non particolarmente attraenti. Purtroppo, però, stanno scomparendo gradualmente anche questi perché molti edifici di ogni epoca, forma e dimensione ormai sono disabitati da anni. Nelle zone montane ci sono interi villaggi completamente spopolati e anche le città presentano un panorama piuttosto desolato, con finestre dalle quali la sera non traspare nessuna luce e serrande sempre chiuse anche di giorno. La gente va via e tende a non ritornare più, nemmeno per le vacanze. Questo comportamento porta alla graduale disgregazione del sistema sociale di un luogo e al conseguente degrado delle strutture edilizie, visto che nessuno più si cura del decoro pubblico e privato del posto. Le applicazioni metereologiche dei telefonini siano diventate per molti una specie di rito propiziatorio per scongiurare o favorire eventi fuori dalla nostra portata La Rivista La Lingua batte dove... La Rivista · Settembre 2023 64

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